Lunedì, 20 Maggio 2024

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H2Oro

DOSSIER

silvia romano2

Nella galassia di persone, associazioni e movimenti che lottano per i beni comuni inevitabilmente e fortunatamente ci si imbatte nella compagnia teatrale “Itineraria” e nello spettacolo dal titolo “H2Oro”, che ha l’enorme pregio di aver contribuito alla sensibilizzazione sul tema dell’acqua. Intervistiamo l’autore e attore Fabrizio De Giovanni che da trent’anni porta avanti questa particolare forma di produzione teatrale.

Quali esigenze e sentimenti vi hanno spinto a realizzare uno spettacolo sull’acqua e come lo avete sviluppato?

«Abbiamo deciso di fare uno spettacolo sull’acqua perché in tutte le nostre precedenti produzioni questo tema emergeva regolarmente, in qualunque problematica affrontata ci scontravamo sempre con il fattore acqua e il tema dei beni comuni. Abbiamo cominciato proprio leggendo i testi di Riccardo Petrella, le denunce di padre Alex Zanotelli e di Vandana Shiva, per citarne solo alcuni, e ci siamo concentrati in particolar modo su due aspetti: la mercificazione dell’acqua, sviscerando il tema delle acque minerali, di questo bisogno indotto, cavalcato dal mercato e sostenuto attraverso pubblicità martellanti, e la privatizzazione degli acquedotti, che contrastava con il diritto umano di avere accesso a un’acqua buona, sana e giusta, per rubare lo slogan di Carlin Petrini di Slow Food. Era la prima volta che si affrontava il tema dell’acqua in uno spettacolo teatrale e qualcuno obiettava che non fosse il mezzo adatto, ma il pubblico ci ha dato ragione perché abbiamo fatto quattrocento repliche in giro per l’Italia. Lo spettacolo ha risposto a un’esigenza, quella di trattare il tema in modo nuovo, rivolgendosi anche ad un target diverso da quello dei soliti convegni».

Il gradimento del pubblico è stato notevole. Quali meccanismi si sono messi in moto?

DE GIOVANNI«Abbiamo capito da subito che era un tema di cui si sapeva molto poco, la gente si stupiva nello scoprire le speculazioni sull’acqua. Si parlava spesso di acqua, ma quasi esclusivamente dal punto di vista del risparmio idrico. Molte repliche le abbiamo fatte nelle scuole e i ragazzi volevano capire cosa ci fosse dietro il sistema, quale fosse il nemico da combattere. Quando si spiega loro che la pubblicità delle acque minerali crea un falso bisogno, dal momento che l’acqua del rubinetto è buona e sicura, il cambiamento nelle loro abitudini quotidiane avviene naturalmente. I nostri spettacoli puntano a essere comprensibili, sia per i ragazzi che per gli adulti: vogliamo fare in modo che ci sia una sensibilizzazione e un cambio di comportamenti. L’indignazione si genera solo dalla comprensione».

A parte il riconoscimento ricevuto dalla Presidenza della Repubblica ci sono state reazioni e interessamento da parte di politici o altre realtà?

«Ricordo che i primissimi anni fummo scritturati da una fondazione che stava organizzando in Emilia Romagna una serie di convegni e di iniziative che comprendevano il nostro spettacolo, sia nella versione per gli adulti che in quella per i ragazzi. I referenti della fondazione si dissero molto colpiti dal modo in cui trattavamo questo tema, ma di colpo annullarono tutto quando già avevamo organizzato il tour. In seguito è emerso che lo sponsor non avrebbe apprezzato che si parlasse del mercato delle acque minerali, della privatizzazione degli acquedotti, della mercificazione di questo bene. Non è stato l’unico episodio in cui abbiamo compreso che il nostro spettacolo dava fastidio, più volte siamo stati messi in difficoltà, ma siamo andati avanti con determinazione. La soddisfazione del pubblico ci dà l’entusiasmo per portare avanti un lavoro che è più duro di quel che sembra».

Quali sono oggi le preoccupazioni di chi, come voi, ha maturato una consapevolezza superiore alla media delle numerose problematiche che gravano su questo bene vitale universale?

«La più grande preoccupazione è quella scattata a dicembre scorso con la quotazione in Borsa dell’acqua. Il 2020 sarà ricordato principalmente per altro, ma questo avvenimento rimarrà nella Storia. Non si poteva neanche immaginare che si arrivasse a tanto. Alcuni hanno osservato che in fondo il servizio idrico è già stato privatizzato, che le multiutility sono società per azioni ecc., ma il grande cambiamento è che sia stata quotata l’acqua, in quanto tale. Le viene attribuito un “valore”che di fatto è solo la quantificazione del suo costo e che aumenterà mano a mano che l’acqua scarseggerà. Si tratta di una speculazione finanziaria, una scommessa che l’acqua diventerà sempre più rara e l’investitore ne ricaverà un vantaggio economico. Chi quotava in Borsa gli acquedotti gestiva l’acqua in concreto; nel nuovo scenario l’acqua è gestita da chi non ha interesse diretto, se non la mera speculazione. I promotori di questa finanziarizzazione dell’acqua la presentano come una forma di tutela per il piccolo agricoltore e il cittadino, che in questo modo, a loro dire, non patiranno oscillazioni di prezzo, ma la realtà è molto diversa. Faccio un piccolo esempio: è come se ci fossero in circolazione 100 polizze assicurative sulla sua automobile, una stipulata da lei e altre 99 da persone (magari i suoi vicini di casa) che hanno investito dei soldi sperando di guadagnare qualcosa da un suo incidente. Questa è la direzione verso la quale stiamo andando. Sappiamo bene che la finanza tenderà a modificare il prezzo di questo bene, non secondo le intenzioni di tutela dichiarate al piccolo agricoltore o al cittadino, e questo è gravissimo. Si sta mobilitando il mondo intero per opporsi a questa operazione infame, si stanno organizzando imponenti proteste per giungere ad una consultazione mondiale e se non si riuscirà a fermarla, dal 2021 il mondo non sarà più lo stesso. L’Agorà degli Abitanti della Terra, diretta da Riccardo Petrella, sta programmando una mobilitazione per dicembre 2021 per far in modo di fermare questa follia».

La pandemia e il prolungato confinamento hanno fermato la vostra attività teatrale. Come riuscite a trasmettere questi messaggi?

«Noi lavoratori dello spettacolo siamo fermi da 14 mesi, abbiamo ricevuto dei ristori che ci hanno permesso di sopravvivere, ma chi sceglie questo mestiere non lo fa per avere lo stipendio, vuole combattere delle battaglie, vuole contribuire a cambiare il mondo, perciò già durante il primo confinamento abbiamo deciso di continuare comunque la nostra esperienza. Per arrivare al pubblico abbiamo fondato “Radio Itineraria” (radioitineraria.it) e nelle trasmissioni affrontiamo le stesse tematiche dei nostri spettacoli, quindi continuiamo ad intervistare i nostri idoli: Petrella, Zanotelli e molti altri; parliamo di acqua, di finanza speculativa, di prevenzione, di droga, di gioco d’azzardo e non abbandoneremo il mezzo radiofonico neanche quando riprenderemo gli spettacoli in presenza perché è efficace nel raggiungere le persone e nel mantenere questo filo». ◘

 

di Romina Tarducci


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