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Delocalizzati

Lavoro. La Fisadorelli chiude l’azienda a Città di Castello e si trasferisce a Fossato di Vico.

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Delocalizzazione: spostamento di un bene da un posto (non solo fisico) a un altro. Una faccenda da maghi, illusionisti. Giochi di prestigio che a volte lasciano a bocca aperta e altre ti fanno crollare il mondo addosso. Sapevi che la monetina era in quel pugno, ma quando esso si apre non c’è più. Sapevi che il tuo lavoro era quello, ma ora non lo hai più. Sapevi di avere delle certezze, ma ora non le hai più. Tutto alla luce del sole, senza mistero né pudore. Si può tranquillamente prendere un’azienda, anche sana, spostare la produzione altrove e non dover rendere conto a nessuno. Tutto regolare. Fiat, Whirlpool, Telecom, Bialetti, Omsa, Rossignol, Benetton, Calzedonia, Stefanel, Geox, per citare solo alcuni dei casi eclatanti di delocalizzazione. Faccende che fino a ieri, per quanto vergognose, sembravano lontane e che ora invece ci piombano addosso come un macigno.

Sto parlando del caso Industriaumbra, azienda cartotecnica nata nell’ottobre 2020 dalla fusione di due società: Fisadorelli, (già F.I.S.A., fondata nel 1955 a Città di Castello da Mario Biagioni) e Brefiocart, azienda cartotecnica di Sigillo. Il comparto produttivo tifernate verrà spostato a Fossato di Vico, zona che dopo la profonda crisi della ditta Merloni è stata sottoposta dal Mes (Meccanismo europeo salva-Stati), dalla Regione Marche e dalla Regione Umbria al "programma per l’attuazione del Piano di sviluppo dell’area di crisi", impegnando risorse pubbliche pari a 81 milioni di euro, con l’intento di promuovere l’attrazione di nuovi investimenti, lo sviluppo, la riqualificazione e il reimpiego degli ex lavoratori Merloni. A tal fine sono stati messi a disposizione incentivi agli investimenti, all’occupazione e supporto finanziario da parte del sistema del credito. Insomma le aziende che decidessero di spostarsi nelle zone colpite dalla crisi Merloni entro marzo 2022 avranno un sacco di agevolazioni fiscali, incentivi, nonché la possibilità di acquisire grandi immobili industriali a prezzi assolutamente vantaggiosi. Ed è proprio quello che accadrà.

Da gennaio 2022 comincerà il trasferimento della produzione della Fisadorelli a Fossato di Vico e l’azienda resterà attiva a Città di Castello soltanto fino al completo trasferimento di tutte le attività lavorative.

DELOCALIZZATI mese novembre 2021 1Per Città di Castello il comparto tipografico e cartotecnico è sempre stato un punto di forza e di prestigio, tanto da farne uno dei poli produttivi più importanti d’Italia e questa delocalizzazione, oltre che per i dipendenti, sarebbe un duro colpo per il tessuto produttivo tifernate. Nessun licenziamento, almeno formale, per i circa quaranta dipendenti a cui è stato chiesto, beffardamente, di seguire l’azienda nella nuova sede. Questo significherebbe, oltre alle otto ore lavorative, farsi circa duecento chilometri al giorno per andare e tornare dal luogo di lavoro. Duecento chilometri al giorno significano mille a settimana, più di cinquantaduemila in un anno; cinquecentoventi ore l’anno passate in auto (sessantacinque giorni lavorativi in più), che al costo attuale della benzina si traduce, solo per andare e tornare, in circa novemila euro di spesa all’anno. Oltre questo e più di questo, l’erosione del tempo privato, quello da dedicare a se stessi, alla famiglia, agli amici e alle passioni: sarebbe una cosa drammatica. Una situazione del tutto insostenibile  per i dipendenti, un modo subdolo dell’azienda per invitarli a rinunciare al lavoro senza accollarsi l’onere dei licenziamenti. Industriaumbra è irremovibile, la politica non può nulla, la legge non può nulla, figuriamoci poi se vale la pena di citare il buon senso o addirittura l’affetto per quei dipendenti che fino a ieri, e in certi casi per generazioni, sono stati il motore e la vera ricchezza di questa azienda. L’unica alternativa per i dipendenti, allo stato attuale,  sembrerebbe la possibilità di accedere alla disoccupazione, nessun progetto di ricollocamento. Anche questo è vergognoso. Supporto, vicinanza, solidarietà, restano parole vuote di fronte a tale scempio. 

Incontro i lavoratori davanti all’azienda in via Cortonese dove hanno dato il via ad un presidio di protesta.  Alcuni di loro mi raccontano con orgoglio che i padri o addirittura  i nonni erano già dipendenti della Fisa, altri non riescono a nascondere la rabbia e la paura. 

DELOCALIZZATI mese novembre 2021 2Altri mi guardano con una sorta di rassegnazione per un mondo che ha imboccato la via del disumano, o meglio  del transumano, dove le persone contano sempre meno, dove gli operai sono ridotti a carne da macello, dove i diritti dei lavoratori non esistono quasi più, dove la politica fa da passacarte a un’economia sempre più scellerata. Enrico Bruschi, rappresentante sindacale dei dipendenti, insieme a Marco Petruzzi e Paolo Boncompagni mi spiegano alcuni punti della querelle sopra descritti. Poi incontro Matteo, Lorenzo, Andrea, Laura, Federica, Alice, Riccardo, Leonardo. Sono tanti, tutti, circa quaranta dipendenti si sono compattati e hanno incrociato le braccia. L’azienda ha proposto loro un incentivo sullo stipendio per farli tornare a lavorare fino a quando la produzione non sarà delocalizzata. Una briciola, spiccioli che non fanno altro che far aumentare l’indignazione. 

Quando decido di ripartire è l’una, ora di pranzo. I ragazzi per non abbandonare il presidio si sono organizzati e mi chiedono di restare a mangiare un panino con loro. Decido di scattare delle foto e alcuni mi chiedono se è possibile non  fotografare chi sta mangiando perché già qualcuno ha etichettato il presidio come luogo di “festini”. Che tristezza! Che cattiveria!

In un attimo, appena risalito in auto, mi viene da chiedermi se questi industriali, faccendieri, filibustieri, la notte riescano a dormire. Che stupido mi dico, certo che dormono! Per fare certe cose bisogna essere persone senza scrupoli, e chi non ha scrupoli dorme sempre come un sasso. Passare cinicamente sopra la vita di quaranta persone, calpestarle, impoverirle, solo per quattro miseri spiccioli è ormai diventata una cosa consueta per una economia che si mangia tutto e tutti. La politica non può più nulla, non ha le capacità, gli strumenti e la volontà di contrastare la perdita costante dei diritti dei lavoratori né la drammatica compressione degli stipendi. Ai “piani alti” i sindacati vanno a braccetto con Confindustria e non stanno dalla parte dei lavoratori ormai da diversi decenni. Importante sottolineare che l’arrivo di Draghi a capo del governo non dà certo rassicurazioni. Le sue politiche economiche sono da sempre scellerate e a favore degli imprenditori. Basti ricordare il suo ruolo nel fallimento della Grecia. Questo fa pensare, per caduta, che tutte le istituzioni politiche saranno influenzate da questa idea criminale di economia. Ora loro, i ragazzi di Industriaumbra, domani forse noi, dopodomani, tutti. ◘

di Andrea Cardellini


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