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L'italiano nell'epoca della globalizzazione

Il 20 aprile 2018 con Clau­dio Marazzini, Presidente dell’Accademia della Crusca, abbiamo conversato a Sanse­polcro sulla lingua italiana, sul suo presente e sul suo futuro. Recentemente Marazzini ha par­lato del destino dell’Italiano con Claudia Arletti, giornalista della “Repubblica”. L’intervista è stata pubblicata dal giornale romano con una Prefazione di Michele Serra (ELOGIO DELL’ITALIA­NO. AMIAMO E SALVIAMO LA NOSTRA LINGUA).

l italiano nell epoca della globalizzazione articolo altrapagina it 1Perché a più riprese, in questi anni – in varie sedi, oltre che in quelle istituzionali – si discute dell’Italiano, del suo destino nel mondo globalizzato in cui siamo obbligati a vivere? La lingua ita­liana rischia di non sopravvivere al secolo XXI? L’Accademia del­la Crusca, le Università, le Scuo­le, i mezzi di comunicazione di massa, i social devono essere militarizzati e avviati alla guerra contro le altre lingue per salva­re la lingua di Dante, Petrarca e Boccaccio? Michele Serra, con il suo inar­rivabile gusto del paradosso, paragona allo ius soli l’introdu­zione, nel parlato e nello scritto degli italiani, di parole di origine inglese come sport, fiction, coc­ktail, weekend e via citando. Esi­ste ed è gigantesco il problema delle aggressioni da parte delle lingue forti nei confronti di quel­le che si ritengono lingue di paesi meno solidi economicamente. E nessuno ha il potere di imporre delle regole di ricezione dei pre­stiti linguistici. A meno che non vogliamo tornare alle idiozie del tempo fascista (es.: cocktail so­stituito con arlecchino!).Che cosa è una lingua? È un oce­ano di parole, di segni, di usi, di tradizioni, di regole e di innova­zioni, di errori e di correzioni; un patrimonio che si trasforma nel corso del tempo, confrontan­dosi con le parlate (e le scritture) locali, con le lingue del mondo, dalle più studiate e parlate (in­glese, spagnolo eccetera) alle più usate nei social.

Si ritiene che siano circa seimila tra dialetti, parlate locali e lingue ricono­sciute dagli Stati. L’Italiano non è tra le prime venti conosciute, parlate e usate nella comunica­zione scritta (Internet compre­so). Nella ricca Babele del piane­ta sembra essere tra le lingue più studiate (dopo inglese, spagnolo, mandarino e francese).Nell’epoca della globalizzazione non solo la finanza, l’economia, il lavoro, l’impresa, la cultura, le condizioni e le abitudini so­ciali, i poteri politici risentono profondamente delle scelte di soggetti e istituzioni operanti a livello planetario. Anche le lin­gue sono variabili dipendenti e controllabili da centri di potere e organizzazioni internazionali. Le rivoluzioni (e le controrivo­luzioni) a cui stiamo assistendo (e di cui spesso siamo vittime) non coinvolgono solo l’essere economico, politico e sociale dei cittadini, bensì anche le parole e i modi di comunicare, le lingue degli umani. Come comportarsi da cittadini in questo scenario terremotato senza tregua da forze egemoni che orientano non solo la vita lavorativa e sociale di ogni es­sere umano, bensì anche i suoi mezzi di comunicazione, la sua lingua, la forma e la quali­tà dell’esprimersi?

l italiano nell epoca della globalizzazione articolo altrapagina it 2L’Accademia della Crusca, con le parole del suo Presidente, ha assunto un atteggiamento possibilista. Non intende difendere le regole ad ogni costo, sostiene l’idea che la lingua è come l’acqua di un fiume: cambia continuamente al cambiare del tempo e delle condizioni del terreno che attra­versa. Ogni lingua è soggetta a mutamenti di varia natura, per cui è inutile e controproducente arroccarsi nella difesa ad ogni costo. «Seguire il corso, non ar­roccarsi». Affidare alla storia i cambiamenti, come è successo per il caso “petaloso”. «Il desti­no di ogni parola è affidato alla repubblica dei parlanti», perché «non c’è niente di più democrati­co della lingua». Ma è veramente così?L’intervista a Marazzini tocca vari aspetti della questione lin­guistica all’alba del Terzo Mil­lennio. Innanzitutto il tema del linguaggio di genere (come il riferimento al pasticciato libret­to prodotto dal MIUR nel 2018: Studenti e studentesse. Guida per l’uso). Ed ha ragione Maraz­zini a dire che la lingua è lo spec­chio della società. Ma, si può e si deve discutere sulla punteg­giatura, sul ricorso alle lettere maiuscole, sull’uso dell’apostro­fo, sull’elisione e sul troncamen­to, sull’uso della punteggiatura, senza chiusure accademiche e senza soprassedere sulle sempli­ficazioni e sulle ottusità rigoriste ed astratte.La lingua non abita soltanto in famiglia e a scuola.

La radio, la TV, i luoghi di lavoro, i so­cial sono centri di elaborazione e di affermazione dell’Italiano, così come importante è il ruolo dell’Università e dei mezzi di co­municazione di massa. Ma, qua­le lingua si parla e si scrive in tali ambienti? Quali sono gli ap­porti che da questi vengono alla lingua italiana dei nostri giorni? Risulta limitato il contributo di radio e televisione; grande, inve­ce, è la vitalità linguistica della Rete che ha inventato l’e-taliano (Giuseppe Antonelli): non solo termini nuovi e rivoluzione les­sicale, non solo impressionante arricchimento della lingua della comunicazione quotidiana, ben­sì anche stravolgimento del pa­radigma storico della lingua ed esaltazione del paradigma mul­timediale.

Le ricerche e gli studi più accre­ditati ci dicono che la globaliz­zazione – sul terreno linguistico – è «pesante come una cappa di piombo”. E liberarsene non è assolutamente agevole, come attestano gli episodi legati al Po­litecnico di Milano (2012/2018 – tentativo di rendere obbliga­torio l’inglese nelle lauree magi­strali e nei dottorati) e al MIUR (2018 – diffusione di un sillabo di anglismi per promuovere lo spirito imprenditoriale nei gio­vani). L’Osservatorio – presso l’Accademia della Crusca – del gruppo Incipit, che ha il compito di monitorare neologismi e fore­stierismi, non è sufficiente. È ne­cessaria, e urgente, un battaglia – nella scuola, nell’università, nella comunicazione dei giorna­li e dei media, nella società, nelle sedi istituzionali – per la difesa dell’Italiano come lingua della cultura e della scienza nel Terzo Millennio.

Di Matteo Martelli


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