Mentre si avvicinano le elezioni regionali, nel Pd volano gli stracci. Il sindaco di Gualdo Tadino ha invocato un pellegrinaggio a Lourdes per sperare nel miracolo della risurrezione del Pd umbro. Ma, probabilmente, non basterebbero nemmeno pellegrinaggi multipli a Medjugorje, alla Madonna di Guadalupe e a Fatima. Sarebbe stato più utile il cammino sulla via di Francesco, che ha saputo rompere gli schemi del suo tempo, risollevare le sorti della Chiesa e costruire ponti di pace. Il Commissario Verini sarà capace di tale impresa? Saprà scalare le montagne, diventare umile pellegrino in una terra inospitale quale e diventato il Pd? Un partito in cui i contrasti, i veti incrociati, le accuse emerse stanno facendo terra bruciata di ogni speranza? Sara lui, ben inserito nella politica umbra in cui e nato nella Fgci, ha ricoperto cariche istituzionali prima di involarsi a Roma senza aver mai staccato la spina, a rifondare l’area politica della sinistra umbra? Un Commissario che fa parte del gioco potrà essere al di sopra dei giochi? Ma un altro al posto suo sarebbe riuscito nell’impresa? E questo, a nostro giudizio, l’enigma da sciogliere. I problemi del Pd sono molti e complessi, riguardano la sua classe dirigente, i nuovi contenuti, i metodi partecipativi, i nuovi organismi di rappresentanza e di elaborazione politica. Il Pd che sta crollando sotto il peso delle faide interne e arrivato a questo punto perchè non regge più il peso di un potere ipertrofico, invasivo fino all’accesso, che, proprio per questo, ha subito nel corso degli anni una emorragia continua e inarrestabile di elettori visibile a occhio nudo, eppure negata ciecamente come se il potere potesse sussistere senza consenso, invertendone il significato: il consenso si compra, non si conquista. E l’unico modo per comprare il consenso sono state per decenni le istituzioni.
Per questo le correnti non sono espressioni di pensiero o di anime diverse utili a una dialettica veramente democratica; ma, al contrario, esprimono appetiti e avidità particolari, riservate, di supporter e pertanto sono incapaci di tenere in piedi una dialettica performante. La sua e stata una vera e perdurante occupazione del potere, una ingessatura tra istituzioni e partito che separare comporta l’alto di rompere entrambi. Se si rimprovera a Renzi di non aver fatto l’analisi della sconfitta subita alle elezioni di marzo, come sara possibile rifondare il partito senza una radiografia computerizzata di quello che e accaduto in questa Regione, indicando cause e ragioni, ma anche nomi e cognomi di chi deve farsi da parte? Il Pd sarà capace di fare questo? E Verini riuscirà a essere radicale senza cadere nella demagogia? Con le ultime amministrative, dopo Perugia, Terni e Spoleto sono passate al Centro destra anche Foligno, Bastia Umbra, Orvieto, Marsciano e altri piccoli Comuni. Nonostante ciò c’è chi si ostina a dire (Bacchetta) che bisogna guardare al Centro sinistra che tiene, ai modelli di Citta di Castello e Gubbio, come se non ci si rendesse conto di cosa sia realmente avvenuto. I modelli che tengono sono quelli in cui “il partito” è riuscito a mantenere in piedi un voto di scambio accettabile per i clientes, ma non esprimono in alcun modo elementi di discontinuità dal passato. Di tutto questo sistema e dei volti che lo rappresentano, la gente non ne vuol più sapere. Sono impresentabili a prescindere, per il discredito complessivo accumulato in dieci anni di governo regionale: il Pd e il partito-fotocopia dello sbandamento del paese, e come esplicitava una copertina de L’Espresso di qualche settimana fa, e Game over, fuori gioco. Se alle prossime elezioni si presenterà col suo simbolo, rischia il “liberi tutti”, l’8 settembre della politica umbra, il “tutti a casa”. Ma ciò la dice lunga a quale punto si e arrivati. La vicenda della sanita dimostra in modo inoppugnabile che l’incontro tra le diverse culture di provenienza, popolare, comunista, socialista e libertaria, e stata una fake news di dimensioni colossali, e che l’unico collante tra le varie componenti e stato la gestione del potere. Di fronte a un flop di tali dimensioni tutto deve essere ripensato in una prospettiva allargata e nazionale. Invece ci si sta muovendo come se non si fosse capito che non si tratta di salvare il salvabile, ma di guardare fuori del recinto e stabilire nuove alleanze con un’area politica che pure c’è chiede di essere rappresentata. Verini ha invocato un partito aperto, ma dovrebbe dire anche a quali soggetti della società civile si rivolge non in modo generico, e con quale metodo intende incontrare e includere le parti sociali, su quali basi ricostituire un patto elettorale andato in frantumi. Questa e la montagna che il Pd ha davanti: ricostruire un progetto organico di sinistra dal basso e dall’alto. E un problema da risolvere velocemente, se non si vuole davvero consegnare la Regione a questa destra. Senza demonizzarla, ha affermato Bacchetta con un tipico tic della vecchia nomenclatura, che vuol tenere i piedi sempre in due staffe. Questo invece e il gioco da escludere: quello di chi dice ne destra ne sinistra e quello più sottile di chi ammicca all’una e all’altra. Le elezioni regionali hanno sempre una risonanza nazionale, ma, in questo caso, ancora di più, perchè si comincia con l’Umbria, si prosegue con la Calabria e poi con l’Emilia Romagna. Se il Pd perderà anche queste regioni allora dovrà gettare la spugna e il futuro della sinistra dovrà passare nelle mani delle nuove generazioni.