L'educazione come liberazione - Gianni Vacchelli

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Gianni Vacchelli. Scrittore e docente

63 1Gianni Vacchelli non ha dubbi: stiamo vivendo la fine di un’epoca contrassegnata da un capitalismo feroce, lochiama “capitalocene”, e dal declino della civiltà borghese caratterizzata dall’astrazione. È urgente passare dall’accumula- zione quantitativa a un principio nuovo dove l’arte, la bellezza, l’armonia possano trovare un’autentica trasformazione. Siamo entrati in una seconda età assiale, dove si sta realizzando una vera “eutopia”.
La catastrofe di cui abbiamo parlato è già avvenuta e ci imprigiona in un delirio di mercificazione e di spettacolarizzazione, che assomiglia ai gironi infernali danteschi. La “finanziocrazia”, la “tecnocrazia”, la “massmediocrazia”, la geopolitica, il potere militare, il potere del nichilismo sono i gironi del nostro inferno che spadroneggiano e impazzano nella nostra vita. Persino le nostre anime sono piombate in una depressione rassegnata e alienante e il sistema si è impadronito del- le parole stesse della vita. An- che la scuola è diventata sempre più la casa della quantità e della quantificazione. Fare scuola oggi vuol dire mostrare criticamente “l’orrore della situazione” e offrire varchi di immaginazione, di pensiero, di speranza.

Una colonizzazione dell’anima
Vacchelli insiste sulla colonizzazione dell’anima e del cuore, perché il capitale oggi ha nelle tecnologie digitali un potentissimo mezzo di irradiamento. Considerare le tecnologie netre e senza connessioni con chi detiene il potere è una cecità irresponsabile. Come ha spiegato Roberto Mancini, «viviamo in un periodo storico in cui un ristretto club di potenti persegue, con l’ingegnosità del cinismo, il progetto di sostituire la demo- crazia con il mercato e, nel contempo, di egemonizzare il mercato stesso sotto il potere delle oligarchie finanziarie. Ciò che si chiama “crisi” è in realtà l’effetto dell’attuazione di questo progetto del quale deve essere ormai riconosciuta la natura criminale». Questi segnali tragici ci spingo- no a una mutazione radicale, che offre anche una grande opportunità. Siamo in un gigantesco passaggio antropologico che richiede lucidità, coraggio e speranza. Serve una libera- zione dentro e fuori di noi che metta al centro la comunione con la natura, la solidarietà, la relazione. In fondo, un nuovo stile di vita che permetta di crescere in umanità. Il neoliberismo invece mira a economizzare tutta la realtà e a conquistare tutte le aree dell’u- mano che sfuggivano al suo controllo. Di qui l’interesse per la tecnologia, per il virtuale e, naturalmente, per l’istruzione e la formazione.
La “società della conoscenza” è stata inventata negli anni ’70 per individuare le maggiori aree di competitività che consentissero agli Usa di mantenere un ruolo guida nell’economia mondiale. L’obiettivo raggiunto in Europa è stato quello di abbandonare il modello sociale che costituiva il vantaggio competitivo dell’Europa nel campo della cultura, dei servizi, dell’ambiente, della sanità, dei sistemi produttivi, con il risultato che il sistema complessivo è crollato.
Secondo Gianni Vacchelli stiamo assistendo alla crisi mondiale dell’istruzione. Le nazioni sono sempre più attratte dall’i- dea del profitto; stanno accantonando, in maniera del tutto scriteriata, quei saperi che sono indispensabili per mantenere in vita la democrazia.

I giovani depredati del futuro
65 2L’attacco neoliberista è stato sferrato dagli Usa, con l’Europa che ne ha adottato la filosofia in modo superficiale e subordina- to. È una guerra senza quartiere contro i giovani e i piccoli, che vengono depredati del futuro, colonizzandone l’anima, l’immaginazione e la vita. È necessario però riscoprire la straordinaria forza del “no” che ha un carattere positivo, come risveglio di sé, come ascolto del profondo, come primo passo per costruire qualcosa di nuovo. L’appello per la scuola pubblica, circolato in rete dal dicembre del 2017 e di cui Vacchelli è stato uno degli estensori, ha reso possibile un “mosaico del risveglio e della liberazione”, che può unire le forze migliori della società civile
.L’ultima riforma della scuola mette in pericolo i fondamenti stessi della scuola pubblica, che va ripensata e riformata, ma non destrutturata. È una comunità educante che assume una funzione umana e critica e non può es- sere piegata ai modelli produttivi della società. La scuola è ancora un luogo di democrazia e di costruzione cosciente di una cittadinanza attiva. Le serve un’ottica più democratica, più pluralista e interculturale, perché possa di- fendersi dagli attacchi cui è sottoposta dal neoliberismo imperversante.

L’egemonia liberistica
Vacchelli propone una ripoliticizzazione della scuola pubblica legandola costitutivamente alla vita. Sono i problemi dell’oggi a  farci  sprofondare in quel circuito infernale da cui  non  riusciamo  a   uscire: il dramma dell’ecocidio, che vuol subordinare la natura all’accumulo capitalistico; l’egemonia liberistica; l’attacco del pensiero aziendalistico alla scuola pubblica; lo smantella- mento del Welfare e la xenofobia crescente; il divario tra ricchi e poveri e la mattanza delle vittime della storia; la guerra ai giovani e il diffondersi del- le guerre effettive; il problema tecnocratico  che   imperversa a tutti i livelli. Non si tratta tanto di un idealismo spiritualizzante e dualistico, ma riconoscere il “primato della vita amante”, cosmoteandrica, la passione per il bello.
La parola poetica e narrativa coltiva il simbolo e il mito, insieme all’immagine artistica e il gioco. Favorisce i tempi lunghi di riflessione e l’approccio sapienziale che permette la conoscenza di sé e l’esperienza interculturale.
Quello che conta davvero nella situazione attuale è la centralità della persona umana e delle sue relazioni, non delle competenze e della competizione. È urgente un risveglio critico di fronte alla pericolosità e iniquità di quello che sta accadendo, federandosi in piccoli gruppi di lavoro e cercando alleanze più vaste. Solo così possiamo favorire quella profonda trasformazione di cui tutti abbiamo bisogno. Ogni uomo è un artista perché capace, con il suo pensiero, di imprimere alla società un cambiamento in senso politico, etico e sociale.

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