La sconfitta
La nuova falsa normalità, per quanto prevedibile,è lo stesso deprimente nelle sue dimensioni e richiede un ripensa-mento profondo. La depressione arriva da lontano, da quando si avvertiva, fin dall’inizio della campagna elettorale, la rassegnazione della sinistra alla vittoria della destra. La mancanza di voglia di vincere ha una sola spiegazione: i cambiamenti che avrebbero creato per la sinistra una chance di continuare a governare l’Umbria, nessuno e nessuna li volevano. Certamente non la nomenclatura che in modo imperterrito ha continuato i suoi giochi per candidature e poltrone (con qualche successo), ma anche il sottobosco e i cespugli sulla sinistra del PD. Il prezzo di rompere i vecchi schemi era troppo alto. Dover mettere in discussione l’operato degli ultimi anni e decenni, mettere in questione la propria identità politica da profiteur o rompicoglioni, uscire dal guscio autoreferenziale che per tanti ha offerto una seconda casa di famiglia? Non era un’opzione.
Era andato bene l’appoggio del PD a un candidato civico. Andava bene Andrea Fora. Andava bene Vincenzo Bianconi. Non era tanto impor- tante la persona, fin quando era chiaro che non faceva parte della nomenclatura. Era andata bene la coalizione con il M5S, anche se sarebbe stato necessario più entusiasmo da entrambe le parti per questa unione delle forze “per forza”. Andava molto bene che le liste civiche si fossero riunite in un’unica formazione. Non andava per niente bene che “Verdi Europa” si siano presentati con una propria lista. Il partito verde, non morto, dovrebbe avere il coraggio di seguire il consiglio che Alexander Langer dava 30 anni fa, nel 1989, al PCI: «Solve et coagula”, sciogliere e coagulare, per non continuare un percorso indegno con meno del 2-3%, mentre nelle elezioni nazionali del 20 ottobre i verdi svizzeri hanno ottenuto il 20%. Le cose però sono andate come sono andate e la sinistra avrebbe potuto fare salti mortali per prendere qualche punto percentuale in più, ma in nessun modo abbastanza per vincere. Il malgoverno è durato troppo a lungo. A questo punto si ripone la domanda: la sconfitta netta della sinistra in queste elezioni regionali aprirà gli spazi che non si sono aperti dopo il crollo del governo Marini? Non si sono aperti, malgrado la buona volontà del commissario e tanti altri per ragioni che richiedono un’analisi approfondita. L’ultima cosa che serve sono le polemiche.
Se ci dovesse essere in futuro una sinistra umbra, dovrà rinascere, articolarsi, ragionare nella sfera pubblica in decisa e chiara discon tinuità con il PD umbro della Lorenzetti, di Bocci, della Marini, di Guasticchi e anche se dispiacedi Verini, Leonelli e altri di buona volontà. Per vincere le elezioni comunali di Città di Castello tra un anno e mezzo, per far rinascere una sinistra credibile in Umbria i lavori devono partire adesso. Che cosa bis gna fare? A livello generale è semplice, sia per quanto riguarda la forma che il contenuto. Poi c’è la lunga valle della concretezza.
La forma. Manca in Umbria una sfera pubblica egualitaria, fonte di un potere comunicati- vo che si traduce in volontà legislativa, incide sul sistema valoriale e si contrappone ai sistemi di dominio a-politico degli interessi economici. Il discorso pubblico in senso ampio mass media, riviste, social media, convegni, dibattiti pubblici con eccezioni trascurabili (l’altrapagina, Micropolis) - negli ultimi decenni è dovuto a una razionalità strumentale e strategica volta quasi esclusivamente a favore di interessi economici dell’industrialismo 2.0 (inclusa l’agricoltura industriale) e di interessi clientelari per costruire o mantenere il proprio potere pubblico.
La situazione peggiorerà con la destra al governo in Umbria. Ma questo non dovrebbe destare nessuna speranza che la ulteriore decomposizione della vita democratica in Umbria induca i cittadini e le cittadine ad aprire gli occhi e ripensare il loro voto. No, così non sarà!
La vittoria schiacciante della destra invece potrebbe e dovrebbe aprire gli spazi a sinistra per una ricostruzione del potere comunicativo della sfera pubblica, spingere a un’analisi profonda della sconfitta, per poi aprire gli spazi per un processo deliberativo su una visione del futuro della Regione Umbria, una narrativa potente come leitmotiv delle prossime elezioni comunali ed eventualmente delle prossime elezioni regionali. Ci vuole una visione di un futuro desiderabile per i giovani, per la gente che si sente precaria, per coloro che se la cavano, ma soffrono di un clima politico soffocante, per tutti e tutte salvo i pochi che si arricchiscono a costo del bene comune.
I contenuti. Umbria capace di futuro è uscito due decenni fa e l’argomento per chi scrive è sempre lo stesso: un futuro amico della Regione passa per la conversione ecologica. Tradurre questo concetto astratto e per niente sexy in una narrativa eccitante, richiede un lavoro puntuale e impegnativo di esperti di economia (industria, artigianato, commercio, turismo, altri servizi), di sociale (lavoro, giovani, inuguaglianza, coesione, migrazione), di ambiente (aria, acqua, biodiversità, paesaggio, rifiuti), l’infrastruttura, la mobilità (i Piani Urbani di Mobilità Sostenibile PUMS che non hanno la minima ricaduta sulla realtà, il trasporto pubblico che fa piangere), l’agricoltura, l’innovazione (economica circolare, il digitale, start- up e hub, resilienza).
Il progetto. Il 27 ottobre si è anche votato nella Turingia in Germania. Uno dei Länder piccoli, come l’Umbria, con poco più di 2 milioni di abitanti. I socialdemocratici sono rimasti all’otto per cento. È andata molto meglio per il PD dell’Umbria e la prospettiva quindi dovrebbe essere di consolidare e possibilmente allargare il consenso. Però per vincere i prossimi appuntamenti elettorali e governare le città umbre e la Regione ci vogliono altre forze politiche e altri programmi che dovranno raccogliere un quindici/venti percento del consenso. Il grande assente è il movimento politico dei fautori dell’ecologia sociale, dell’agricoltura biologica, del commercio equo-solidale, della parità di genere e diritto all’identità di genere, della lotta al caos climatico a livello locale, dell’economia verde e circolare, dei prodotti regionali a chilometro zero, della mobilità dolce e rafforzamento del trasporto pubblico locale e regionale, dell’in- tegrazione e valorizzazione della diversità di provenienza ed etnia. È Utopico che una su sei persone potrebbero votare a favore di una narrativa che in modo coerente disegni un futuro dell’Umbria ispirato da questi concetti e idee tradotti in proposte e azioni concrete?
Il soggetto. In questo momento non esiste. Un segnale promettente arriva dalla Lista Civica Verde di queste elezioni regionali. Diverse realtà del sottobosco si sono messe insieme. Potrebbe essere questo un punto di partenza con le elezioni locali a Città di Castello nel 2021 come laboratorio? Sono chiamate tutte le persone di buona volontà ecologica e civica a farsi un’idea di come impostare un laboratorio del futuro umbro permanente.
Qualche idea? L’appuntamento, nello spirito del bravo soldato Svejk, è a guerra finita “tra le sei e le sei e mezza”.