Cultura. Il Centro Provinciale Istruzione Adulti di Arezzo: intervista al DS Giovanni Ruggiero
Il Centro Provinciale Istruzione Adulti di Arezzo opera da alcuni anni in città e in provincia. Nello spirito del DPR 263/2012 il CPIA aretino è impegnato nella battaglia culturale contro l’analfabetismo di ritorno, opera al fine di elevare i livelli di conoscenza degli adulti, italiani e non italiani, è protagonista speciale nell’attività di integrazione degli stranieri a cominciare dall’insegnamento della lingua italiana. Si tratta di una scuola pubblica statale che svolge un’attività preziosa non solo sul terreno dell’istruzione e dell’educazione, bensì specificamente su quello della promozione umana e sociale.
Ci può illustrare le attività che promuovete nelle 7 sedi di Arezzo e provincia?
«I CPIA nascono nel 2014 sulla spinta e lo spirito delle indicazioni che tutti i Paesi dell’Unione avevano ricevuto da quella che il Consiglio d’Europa definì “Strategia di Lisbona 2000”, una strategia globale per la crescita e l’occupazione, che aveva come caposaldo il ruolo fondamentale dell’istruzione e della formazione per lo sviluppo economico europeo, anche di fronte a fenomeni migratori senza precedenti. All’interno di questo quadro, l’apprendimento permanente, l’innalzamento dei livelli di conoscenza, il contrasto agli ab- bandoni, l’accesso facilitato a nuove conoscenze e strumenti tecnologici, sono obiettivi chiave per raggiungere i traguardi europei. Qui si inserisce la nostra attività fatta di alfabetizzazione alla lingua italiana, ma anche di corsi di istruzione di primo livel- lo (ex terza media e biennio delle superiori), formazione professionale, corsi di lingua inglese, informatica, cucina, elettronica, test e corsi della Prefettura per il permesso di soggiorno, corsi di preparazione alla cittadinanza (livello B1), F.A.D.,attività laboratoriali a favore dei detenuti della casa circondariale di Arezzo (grazie alle quali 37 detenuti hanno ottenuto un attestato di frequenza). Tutte attività che, secondo fonti Invalsi, hanno permesso di conseguire ai nostri allievi attestazioni di competenze anche superiori ai riferimenti regionali».
Lavorare con giovani che hanno abbandonato gli studi, con adulti che desiderano riprenderli dopo averli abbandonati, sostenere i giovani provenienti da terre del sud del mondo richiede l’elaborazione di percorsi formativi originali e la scelta di metodologie di insegnamento innovative e coinvolgenti. Potrebbe proporci qualche esempio?
«Le particolarità e la varietà dell’utenza (classi multilivello, di età mista, di livello di scolarizzazione diverso, di vissuti differenti) costringono a strategie originali di insegnamento. Si ricorre soprattutto ad un approccio di tipo comunicativo, grazie al quale lo studente viene lasciato libero di esprimersi e di essere il protagonista della lezione. È l’aspetto di una didattica umanizzante con al centro il soggetto, l’individuo e le sue esperienze. Lo stesso orario scolastico è calato sulle singole esigenze personali o lavorative. Cooperative learning, peer education, problem solving sono metodologie abituali nell’intervento dei docenti in classe. Così come lo è il confronto costante tra le diverse culture. Infatti, il CPIA intraprende azioni di sensibilizzazione a culture diverse durante l’intero anno, svolgendo attività di gruppo che si rivelano utili ad un confronto tra mondi, modi di pensare, tradizioni differenti. Si cerca, cioè, di creare le condizioni di un ambiente di apprendimento sereno all’interno del quale tutti possano sentirsi alla pari. Così, accanto ai tanti allievi stranieri, tesi a migliorare attraverso l’istruzione la propria condizione sociale, siedono donne e uomini aretini intenti a seguire corsi di inglese o di informatica o di cucina, per socializzare o semplicemente per rimettersi in gioco. Si crea, anche senza volerlo, una comunanza di sensibilità, una umanità nuova, un ponte tra culture diverse, una finestra su mondi percepiti come diversi. Questo fa del CPIA la sua originalità».
Il CPIA della provincia di Arezzo è protagonista anche nel processo di integrazione europea, mediante tanti i progetti, non solo nel campo dell’innovazione digitale, bensì anche nell’apertura alla conoscenza delle lingue e nella pratica di interscambio culturale con scuole e docenti protagonisti in altri paesi dell’Unione. Ci può illustrare l’insieme di questi progetti?
«Essere europei significa anche condividere una idea di mondo, sentirsi di appartenere ad una stessa casa comune. Il Progetto Erasmus+ permette non solo ai giovani ma agli stessi docenti, chiamati a formare ed educare, di potersi confrontare all’interno di questa casa comune. Grazie a ciò il CPIA di Arezzo ha inviato propri docenti in formazione per realizzare Progetti educativi e scambi esperienziali in Germania, Irlanda, Creta, Spagna, Norvegia, e tanti altri scambi sono in programmazione».
Il vostro lavoro è indirizzato ad una utenza particolare. Può parlarci dei ragazzi e degli adulti che frequentano corsi promossi dal CPIA? Chi sono? Quanti sono? Voi, dirigente, docenti, personale amministrativo e ausiliario, cooperate per conseguire i risultati che avete previsto nel POF. Quali difficoltà dovete superare?
«Gli studenti nell’anno scolastico 2018-19 sono stati 1.238, nella quasi totalità stranieri. Il 65% ha frequentato la sede di Arezzo; i restanti i punti di erogazione di Bibbiena, Sansepolcro, Valdarno, Cortona. Nel complesso, sono presenti nella nostra scuo- la 66 diverse etnie, all’interno di una popolazione aretina formata per il 12,6% da stranieri. Molti di loro sono richiedenti asilo e rifugiati che vengono accolti da associazioni dedite a favorire l’inserimento degli stranieri nel territorio. Grazie a corsi di formazione e diverse collaborazioni, il CPIA diviene crocevia privilegiato di incontro e di opportunità per chi giunge per la prima volta in quest’area. Un dato particolarmente significativo è quello che riguarda le motivazioni che spingono gli studenti ad iscriversi ai corsi del nostro Istituto, in quanto la maggior parte dichiara di frequentare la scuola per potersi meglio integrare in Italia (il 60%) e per poter migliorare la propria cultura personale (il 37,5%). Tali motivazioni possono ritenersi prerequisiti di facilitazione al processo di integrazione reale e di inserimento nel mercato del lavoro. Il CPIA ha bisogno di un corpo docente e ATA motivato e fornito di specifiche competenze. Le insufficienti risorse umane, logistiche e finanziarie assegnate al Centro dimostrano la sottovalutazione del fenomeno migratorio da parte di chi dovrebbe sostenere la nostra azione, e determinano un’eccessiva richiesta di energie e disponibilità in chi opera all’interno della scuola».
Matteo Martelli