Monumenti storici. La Chiesa della Carità testimonia la presenza degli ordini religiosi cavallereschi a Città di Castello
Circa un decennio fa, in seguito alla trasformazione dell’area ex FAT del rione Mattonata e alla demolizione di alcuni edifici, si è tornati a parlare, anche se appena per un istante, della Chiesa della Carità. Per chiarire meglio ai lettori l’ubicazione della chiesa della Carità diremo che si trova nei pressi della chiesa di San Domenico esattamente tra la chiesa gotica e la nuova piazza che sorge davanti all’Hotel Le Mura.
La chiesa della Carità è un edificio poco noto ai tifernati, essendo sempre rimasto nascosto, anzi inglobato all’interno delle strutture adibite per molti anni all’attività manifatturiera della FAT. Ancor meno sono invece quelli che ne conoscono la storia; storia che per altro, in virtù degli affreschi ritrovati all’interno, ci porta a pensare, insieme ad altre rilevanze topografiche e architettoniche rilevate in città, a una forte presenza in loco, nel periodo medievale, di ordini religiosi cavallereschi. Le vicende architettoniche dell’edificio sono strettamente legate a quelle della chiesa di San Domenico e prima ancora a quella dei benedettini di San Pietro di Massa, titolari del complesso monastico che con la chiesa omonima sorgeva sulla stessa area. Non esistono però al momento pubblicazioni specifiche sulla Chiesa della Carità, anche se sembra che siano in corso alcuni studi tesi a definirne il vero valore storico e artistico. Le notizie riportate di seguito sono tratte da uno studio dell’ing. Giovanni Cangi dal titolo “Gli ordini religiosi Cavallereschi a Città di Castello” condotto nell’ambito del progetto didattico “Architettura e territorio” dell’Istituto “Franchetti- Salviani di Città di Castello, che si rifà in parte alle ricerche di Don Angelo Ascani, autore di una pubblicazione dedicata alla storia della chiesa di San Domenico a Città di Castello, edita nel 1963.
Quello dei Domenicani è l’ultimo degli ordini mendicanti che si insediarono in città dopo gli Agostiniani e i Francescani. In origine quella zona ove noi siamo abituati a vedere la chiesa di San Domenico era un’area extraurbana, dove isolata, sorgeva la chiesa di San Pietro con annesso monastero dipendente dalla potente abbazia benedettina della Massa Trabaria. Che la chiesa della Carità sia sorta in relazione e dipendenza a quella di San Pietro di Massa costruita dai benedettini è indubbio; ne risulta dunque che l’edifico è sicuramente precedente all’insediamento domenicano che secondo padre Fontana, storico dell’ordine domenicano, ebbe dimora stabile in città fin dal 1269. Tuttavia le vicende successive in cui si troverà coinvolta la chiesa suddetta resteranno legate alla presenza dei Domenicani, che lasceranno segni nell’architettura dell’edificio e in un ciclo di affreschi che andrà a ricoprire quelli ereditati dalla comunità preesistente.
È proprio sugli affreschi, più che sull’architettura dell’edificio, che si richiama l’attenzione, per rilevare testimonianze inequivocabili del passaggio in città di un Ordine Cavalleresco. Va premesso che in questa antica chiesa, sconsacrata e declassata a modesto laboratorio, si conosceva già l’esistenza, al suo interno, di uno stupendo cenacolo quattrocentesco. Un vero capolavoro che nel tempo ha subito un degrado fisiologico, accentuato dal distacco di porzioni di intonaco e dall’apertura di una porta al centro dell’affresco (una vera follia) che ne ha amplificato sicuramente il degrado, dovuto anche alla anomala destinazione d’uso assunta dall’edificio. Il restauro fortunatamente è stato eseguito sotto la sorveglianza ed il coordinamento scientifico della Direzione Regionale per i Beni Culturali. Grazie a questo intervento, si è potuta scoprire una stratificazione pittorica che copre un periodo di almeno tre secoli (dal duecento al cinquecento circa), oltre ad una serie di trasformazioni architettoniche databili tra la seconda metà del quattrocento e gli inizi del cinquecento. Appare per altro evidente che le modifiche architettoniche siano posteriori al cenacolo quattrocentesco e che invece l’altro affresco del duecento ritrovato sotto di esso potrebbe essere opera di un semplice decoratore, più che di un vero pittore, e non è paragonabile, né per qualità, né per contenuto, al bellissimo cenacolo che lo ricopre. Ma ciò che ci interessa realmente è che questo affresco duecentesco costituisce testimonianza della presenza inequivocabile di un Ordine cavalleresco in quella chiesa. Questo si può affermare con certezza, stante l’epoca della pittura e la presenza di elementi decorativi indubbiamente ispirati ad architetture mediorientali.
Ad una prima analisi il disegno sembra ricordare le mura di Gerusalemme, in realtà l’originale merlatura sommitale di elementi triangolari scalettati son caratteristici dell’edilizia monumentale antica dell’Asia minore. Un caso emblematico è costituito dal tempio di Bel(Zeus\ Giove) a Palmira, risalente al I sec. d.C., distrutto di recente dai miliziani dell’Isis. Va precisato che questi elementi sono espressione di un’arte preislamica che ha poco a che vedere con l’architettura crociata, ma che evidentemente i crociati hanno ripreso come segno identificativo di antiche costruzioni presenti nei territori che avevano conquistato. Tuttavia, ciò che dovrebbe togliere ogni dubbio sull’appartenenza della decorazione pittorica della chiesa della Carità ad un Ordine cavalleresco si rinviene nell’area monumentale di Petra, in Giordania, nel cuore di quel territorio che ha fatto da scenario alle crociate, dove esistono i castelli crociati di Wu’Ayra, al-Abis e Shobak, conquistati e distrutti dal Saldino. Al centro del sito archeologico si trovano tombe con fronti scolpiti direttamente nella roccia arricchiti con motivi ornamentali in bassorilievo identici a quelli rappresentati nella chiesa della Carità di Città di Castello. L’utilizzo di questi simboli sottolinea il legame con quella realtà culturale da parte dei committenti. Sembra pertanto acclarato che la costruzione della chiesa della Carità sia da ricondurre alle vicende delle crociate, tuttavia non si è in grado di stabilire con certezza quale Ordine cavalleresco possa essersi insediato in città nel XII secolo, se quello dei Templari o piuttosto degli Ospitalieri. La presenza in città dei benedettini, quello da cui ha avuto origine l’Ordine degli Ospitalieri, farebbe prevalere la seconda ipotesi. Inoltre va considerato che in prossimità del sito si trovano varie testimonianze che attestano la presenza dei Giovanniti, Ordine Cavalleresco Gerosolimitano, che proprio nel XII sec. fu posto sotto la propria tutela dal papa di origine tifernate Celestino II. Una chiesa insomma ricca di storia e mistero che varrebbe la pena di studiare in modo più approfondito, senza che tutta la vicenda, non si sa per quale motivo, cada nel dimenticatoio, portando con sé una parte importante della nostra identità e cultura.
Di Andrea Cardellini