CINEMA
Si è spento ultracentenario un grande attore americano. Parliamo di Kirk Douglas, fisico atletico e volto dallo sguardo sprezzante che gli hanno permesso di interpretare parti di individui forti, cinici, spesso anche spietati, cioè i veri uomini “duri”. Partiamo da Lo strano amore di Martha Ivers (1946) di L. Milestone dove è un nevrotico succube di una perfida Barbara Stanwyck. E di seguito altri titoli fra i più famosi. In Il grande campione (1949) di Mark Robson ambientato nel mondo della boxe interpreta un pugile egoista e privo di scrupoli che non esita a fini carrieristici ad abbandonare la propria famiglia. Andiamo avanti. In L’asso nella manica (1951) di Billy Wilder, un film che non concede niente al facile sentimentalismo, è un giornalista privo di scrupoli, insensibile, che prolunga la prigionia di un minatore rimasto intrappolato per il crollo di una miniera al fine di realizzare uno scoop utile per la carriera; in Pietà per i giusti (1951) di William Wyler è un ispettore rude in maniera esasperata fino a che trova un lato oscuro nella propria famiglia e per questo entra in crisi; in Il grande cielo (1952) di Howard Hawks, veste i panni di un cacciatore di pellicce che si scontra con un amico per l’amore di una bella indiana; in Il bruto e la bella (1952) di Vincente Minnelli è un produttore cinico e megalomane incapace di fermarsi di fronte a qualsiasi atto di compassione umana; in Ulisse (1954) di Mario Camerini (film che apre la via ai colossal) rievoca egregiamente l’eroe omerico che dopo aver affrontato battaglie, tempeste, il ciclope, le sirene e altri mille pericoli in terra e in mare, ritorna nella sua patria dove deve ancora combattere i proci; in L’uomo senza paura di King Vidor è un cow boy sradicato e senza punti di riferimento che “possiede solo la sua sella” ma che è dominato da un indomabile spirito di avventura; in Brama di vivere (1956) di Vincente Minnelli dà una prova molto convincente di un artista maledetto la cui concezione dell’arte sconfina con la follia; in Sfida all’O.K. Corrall (1957) di John Sturges sulla vicenda dei fratelli Earp è il medico Doc Holliday che affronta la feroce banda di Clanton; in Orizzonti di gloria (1957) di Stanley Kubrick (film eccelso dove una potente carica antimilitarista non impedisce momenti spettacolari di scontri armati) è l’avvocato umanitario posto alla difesa dei più deboli; in I vichinghi (1958) di Richard Fleischer, film sostenuto da una minuziosa documentazione storica, è il guerriero Einer dal volto sfigurato ma dotato di forza e coraggio; in Il giorno della vendetta (1959) di J. Sturges, western dotato di una qualche suspence con un finale che ricorda Mezzogiorno di fuoco, interpreta uno sceriffo che deve portare davanti al giudice l’uomo che gli ha assassinato la moglie; in Noi due sconosciuti (1960) di Richard Quine è un ricco borghese; in Spartacus (1960) di Stanley Kubrick, in cui le azioni spettacolari sono coadiuvate da esigenze etiche, interpreta il gladiatore trace Spartacus; in Solo sotto le stelle (1962) di David Miller, una sorta di canto funebre del genere western, è un cowboy simbolo della natura libera e selvaggia che non sa adattarsi ai tempi che cambiano (fuggirà nella parte finale a cavallo evitare la “civiltà” inseguito da macchine ed elicotteri); in Due settimane in un’altra città (1962) di Vincente Minnelli è un famoso attore sulla via del tramonto ossessionato dai ricordi di tempi migliori; in I cinque volti dell’assassino (1963) di J. Huston appare irriconoscibile grazie ad un travestimento magistrale; in Sette giorni a maggio (1964) di J. Frankenheimer, thriller politico con buona suspense, interpreta un colonnello che riesce a sventare un complotto a danno degli USA; in Prima vittoria (1965) di O. Preminger, vicenda con sullo sfondo l’attacco di Pearl Harbor nel dicembre 1941, è fra gli americani che rispondono all’attacco giapponese; in Gli eroi di Telemark (1965) di A. Mann fa parte di un commando USA durante il secondo conflitto mondiale che tenta di sabotare un importante impianto tedesco; in Parigi brucia? (1966) di R. Clement, rievocazione spettacolare degli ultimi giorni drammatici di guerra in cui la capitale francese viene liberata dall’oppressione dei tedeschi, è un eroico partigiano; in La via del west (1967) di A. V. MacLaglen è un senatore idealista che organizza con l’aiuto di un esploratore una carovana di pionieri per fondare una comunità alla Fourier; in Carovana di fuoco (1967) di Burt Kennedy è uno dei killer che architettano un piano per derubare un mandriano; in Uomini e cobra (1970) di J. L. Mankiewicz è un galeotto assassino che evade dal carcere e va a recuperare un bottino, ma avrà una brutta sorpresa. Ma fermiamoci qui ricordando che in qualità di regista ha diretto fra l’altro I giustizieri del west (1973) un western interessante e decoroso.
di Pietro Mencarelli