Giovedì, 25 Aprile 2024

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In memoria di un grande attore

CINEMA
douglasSi è spento ultracentenario un grande attore america­no. Parliamo di Kirk Dou­glas, fisico atletico e volto dallo sguardo sprezzante che gli hanno permesso di interpreta­re parti di individui forti, cinici, spes­so anche spietati, cioè i veri uomini “duri”. Partiamo da Lo strano amore di Mar­tha Ivers (1946) di L. Milestone dove è un nevrotico succube di una perfida Barbara Stanwyck. E di seguito altri titoli fra i più famosi. In Il grande campione (1949) di Mark Robson ambientato nel mondo della boxe in­terpreta un pugile egoista e privo di scrupoli che non esita a fini carrieri­stici ad abbandonare la propria fami­glia. Andiamo avanti. In L’asso nella manica (1951) di Billy Wilder, un film che non concede niente al facile sen­timentalismo, è un giornalista privo di scrupoli, insensibile, che prolunga la prigionia di un minatore rimasto intrappolato per il crollo di una mi­niera al fine di realizzare uno scoop utile per la carriera; in Pietà per i giusti (1951) di William Wyler è un ispettore rude in maniera esasperata fino a che trova un lato oscuro nella propria famiglia e per questo entra in crisi; in Il grande cielo (1952) di Howard Hawks, veste i panni di un cacciatore di pellicce che si scontra con un amico per l’amore di una bella indiana; in Il bruto e la bella (1952) di Vincente Minnelli è un produtto­re cinico e megalomane incapace di fermarsi di fronte a qualsiasi atto di compassione umana; in Ulisse (1954) di Mario Camerini (film che apre la via ai colossal) rievoca egregiamente l’eroe omerico che dopo aver affron­tato battaglie, tempeste, il ciclope, le sirene e altri mille pericoli in terra e in mare, ritorna nella sua patria dove deve ancora combattere i proci; in L’uomo senza paura di King Vidor è un cow boy sradicato e senza punti di riferimento che “possiede solo la sua sella” ma che è dominato da un indo­mabile spirito di avventura; in Brama di vivere (1956) di Vincente Minnelli dà una prova molto convincente di un artista maledetto la cui concezione dell’arte sconfina con la follia; in Sfida all’O.K. Corrall (1957) di John Stur­ges sulla vicenda dei fratelli Earp è il medico Doc Holliday che affronta la feroce banda di Clanton; in Orizzonti di gloria (1957) di Stanley Kubrick (film eccelso dove una potente carica antimilitarista non impedisce mo­menti spettacolari di scontri armati) è l’avvocato umanitario posto alla difesa dei più deboli; in I vichinghi (1958) di Richard Fleischer, film so­stenuto da una minuziosa documen­tazione storica, è il guerriero Einer dal volto sfigurato ma dotato di forza e coraggio; in Il giorno della vendetta (1959) di J. Sturges, western dotato di una qualche suspence con un finale che ricorda Mezzogiorno di fuoco, interpreta uno sceriffo che deve por­tare davanti al giudice l’uomo che gli ha assassinato la moglie; in Noi due sconosciuti (1960) di Richard Quine è un ricco borghe­se; in Spartacus (1960) di Stanley Kubrick, in cui le azioni spettaco­lari sono coadiu­vate da esigenze etiche, interpreta il gladiatore tra­ce Spartacus; in Solo sotto le stel­le (1962) di David Miller, una sorta di canto funebre del genere we­stern, è un cow­boy simbolo della natura libera e selvaggia che non sa adattarsi ai tempi che cambiano (fuggirà nella parte finale a cavallo evitare la “civiltà” inseguito da mac­chine ed elicotteri); in Due settimane in un’altra città (1962) di Vincente Minnelli è un famoso attore sulla via del tramonto ossessionato dai ricordi di tempi migliori; in I cinque volti dell’assassino (1963) di J. Huston ap­pare irriconoscibile grazie ad un tra­vestimento magistrale; in Sette giorni a maggio (1964) di J. Frankenheimer, thriller politico con buona suspense, interpreta un colonnello che riesce a sventare un complotto a danno degli USA; in Prima vittoria (1965) di O. Preminger, vicenda con sullo sfondo l’attacco di Pearl Harbor nel dicembre 1941, è fra gli americani che rispon­dono all’attacco giapponese; in Gli eroi di Telemark (1965) di A. Mann fa parte di un commando USA durante il secondo conflitto mondiale che ten­ta di sabotare un importante impian­to tedesco; in Parigi brucia? (1966) di R. Clement, rievocazione spettaco­lare degli ultimi giorni drammatici di guerra in cui la capitale francese vie­ne liberata dall’oppressione dei tede­schi, è un eroico partigiano; in La via del west (1967) di A. V. MacLaglen è un senatore idealista che organizza con l’aiuto di un esploratore una ca­rovana di pionieri per fondare una comunità alla Fourier; in Carovana di fuoco (1967) di Burt Kennedy è uno dei killer che architettano un piano per derubare un mandriano; in Uomini e cobra (1970) di J. L. Mankiewicz è un galeotto assassi­no che evade dal carcere e va a re­cuperare un bottino, ma avrà una brutta sorpresa. Ma fermiamoci qui ricordando che in qualità di regista ha diretto fra l’altro I giustizieri del west (1973) un western interessante e decoroso.  

di Pietro Mencarelli


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