Stranieri. Covid-19 e politiche immigratorie: conseguenze
Come è nata l’intolleranza palese nel nostro bel paese? Come è nata l’indifferenza verso chi è più debole? Com’è possibile che ci riscopriamo all’opposto del concetto di solidarietà? Perché odiamo l’immigrato senza conoscerlo?
Non siamo mai stati così noi italiani o forse tutto questo era dentro di noi sopito e l’evoluzione politica e normativa sull’argomento immigrazione ha solo risvegliato le nostre inclinazioni nascoste. Probabilmente è proprio così, perché ripercorrendo la storia politica del nostro paese vi troviamo leggi diverse tra loro ma tutte legate da un unico comune denominatore: l’Italia agli italiani!
Fino al 2011 la nostra politica migratoria si è basata sui decreti per regolare i flussi annuali e su periodiche “sanatorie”, ovvero sul riconoscimento di una presenza irregolare gestibile solo a posteriori.
Da allora, forse anche a seguito della crisi economica, la programmazione delle politiche migratorie è venuta meno. Sono iniziati così i nuovi arrivi, i cosiddetti “ingressi irregolari” che hanno visto negli sbarchi numeri complessivamente simili a quelli legali precedenti. Questo ha fatto sì che il migrante economico lasciasse il posto a quelli che oggi identifichiamo o “additiamo” (ignorandone il vero significato) come richiedenti asilo o “invasori” (come a dire di molti).
L’approvazione della legge 46/2017, c.d. Decreto Minniti, recante “Disposizioni urgenti per l’accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale, nonché per il contrasto dell’immigrazione illegale”, ha dato il primo giro di vite e questi nuovi cittadini, privandoli in sede di giudizio del cosiddetto “terzo grado”, cioè della possibilità in qualità di richiedenti asilo di rivolgersi alla Corte d’Appello quando la loro richiesta di asilo veniva respinta prima dalla Commissione territoriale e poi dal Giudice ordinario. Si è sviluppato così, sostenuto da una norma, il concetto di cittadini di serie A e cittadini di serie B.
Poi il 2018 e il tira e molla con un governo che ha fatto propria la bandiera della lotta all’invasione dell’immigrato, modificando i già precari equilibri con le Autorità di Pubblica Sicurezza con nuovi inasprimenti della norma.
Oggi assistiamo e viviamo la nostra impotenza di fronte a una legge (la Legge 1 dicembre 2018, n. 32 - c.d. Decreto Salvini) che ha apportato modifiche sul tema della sicurezza, stabilendo un nesso diretto tra sicurezza e immigrazione. Con molte e evidenti violazione dei diritti umani.
Prima vittima di questa legge è stata l’abrogazione della protezione umanitaria, un particolare tipo di protezione di durata biennale che consentiva all’immigrato di svolgere attività lavorativa e avere un permesso di soggiorno soggetto a conversione. Un permesso rilasciato dal Questore che dava una protezione a chi era ritenuto vulnerabile anche se non usufruiva di protezione internazionale. Il risultato della cancellazione della protezione umanitaria è stato quello di rendere molto più difficile se non impossibile ottenere un soggiorno legale e di conseguenza ha accresciuto notevolmente il numero degli irregolari nel nostro paese.
Poi la soppressione del diritto di iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo. Beneficio utile al rilascio del certificato di residenza e della carta d’identità, documenti necessari per l’accesso a servizi essenziali come l’inserimento dei figli negli asili, la presa in carico da parte degli assistenti sociali, l’iscrizione al servizio sanitario nazionale, la stipula di un contratto di locazione o aprire un conto corrente bancario, e quello che più conta di poter accedere alle politiche attive del lavoro, nonché allo stato di disoccupazione.
E ancora la sospensione del procedimento di esame della domanda di protezione internazionale nei casi in cui un richiedente sia sottoposto a procedimento penale, e l’impossibilità di rimpatriare i richiedenti non considerati meritevoli di protezione internazionale in aree differenti da quelle di provenienza non considerate pericolose, rendendoli nuovamente stranieri altrove.
Cosa dire invece della limitazione dell’accesso al sistema SPRAR/SIPROIMI a soli titolari di protezione internazionale, ai minori non accompagnati e ai casi speciali, escludendo di fatto i vecchi titolari di protezione umanitaria e i richiedenti asilo? Non ci vuole molto a capire che dopo la fuoriuscita dai CAS (la primissima accoglienza) si è venuto a creare un esercito di senza fissa dimora, un sommerso di cui non si vuole parlare nella civile Italia, perché non avremmo mai potuto permettere che bambini, anziani, donne, disabili fisici e psichici o semplicemente persone non potessero usufruire della tutela della nostra democrazia.
Infine lo stop all’ospitalità diffusa e il via libera alle grandi e promiscue strutture di accoglienza per migliorarne i controlli di sicurezza, per ghettizzare ed escludere invece di accogliere e conoscere.
Abbiamo assistito all’impossibilità di rinnovare un permesso di soggiorno perché non esistevano più i margini per farlo. Abbiamo negato la possibilità di regolarizzare posizioni di soggiorno dopo che per anni si è lavorato regolarmente anche se in attesa di un giudizio che ponesse una conclusione a una pratica di riconoscimento della protezione internazionale. Abbiamo incentivato, spesso imposto, l’apprendimento della lingua italiana (che oggi improvvisamente neghiamo), abbiamo parlato e sparlato di integrazione, ma poi non siamo riusciti a far evitare l’espulsione del lavoratore integrato e tuttavia irregolare. Abbiamo assistito impotenti all’aumento del fenomeno dell’illegalità, poiché è stata negata la legalità. Abbiamo favorito il nascere e il crescere di parole che inneggiavano al razzismo nei confronti di immigrati e operatori dell’immigrazione. Abbiamo lasciato vivere nell’ombra persone, donne sfruttate e minori senza la doverosa protezione. Li abbiamo visti davanti ai supermercati a chiedere l’elemosina e li abbiamo imputati di accattonaggio, ignorando il fenomeno della tratta dietro quell’attesa insistente davanti ai nostri negozi.
Abbiamo ignorato e lo stiamo facendo tuttora nel momento in cui stiamo affrontando una pandemia che ci costringe a stare a casa. Per la prima volta ognuno di noi vive le stesse paure e gli stessi disagi senza distinzioni “di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”, proprio come dice la nostra Costituzione.
Poche e semplici domande sorgono spontanee. Come possono fare la spesa gli stranieri irregolari che lavoravano in nero nel nostro bel paese e che oggi sono anche loro chiusi in casa, ma senza che nessuno sia a conoscenza della loro esistenza? Come si può accedere alle misure a sostegno del reddito adottate in questo periodo dal Governo per fronteggiare la crisi dovuta all’emergenza, se alcuni Comuni hanno escluso gli immigrati titolari di permesso di soggiorno (includendo soltanto i soggiornanti di lungo periodo) dall’aiuto sacrosanto a mangiare per vivere? Dove si trova oggi, a distanza di un mese e più, il ragazzo del “supermercato più vicino alla nostra residenza”? Che fine hanno fatto le “vittime” del Decreto Sicurezza ai tempi dell’emergenza che stiamo vivendo e in ottemperanza alle disposizioni governative in materia di contrasto alla diffusione del COVD-19? Sono chiusi in casa anche loro. Nascosti dai controlli più accurati che si fanno in questo periodo, in silenzio, cercando di sopravvivere Questa terribile crisi rende ancora più invisibili gli invisibili che eravamo abituati a non vedere.
Di Luisa Concetti