DOSSIER |
Ci voleva la pandemia del coronavirus per ricordarci che la società della crescita sta andando a sbattere contro i limiti del pianeta, che non ce la fa a produrre beni sempre più inutili, in maniera sempre più rapida , intossicati come siamo dall’ambiente in cui si vive.
Il sistema produttivo industriale e agricolo sta mettendo in crisi la biodiversità del pianeta, provoca l’esaurimento delle risorse, la crescita esponenziale di rifiuti. È sintomatico che in sette mesi abbiamo usato una quantità di prodotti naturali pari a quella che il pianeta rigenera in un anno.
Le cifre non perdonano: a causa dell’inquinamento atmosferico muoiono nel mondo 8 milioni di persone, nella sola Cina oltre un milione, 80 mila in Italia. La sola esposizione al “particolato” , dicono i medici, é di per se causa di mortalità,specialmente in chi è più fragile.
La guerra contro la natura è favorita dalla deforestazione e dai metodi di allevamento intensivo che permettono il contatto e la trasmissione di virus tra uomo, bestiame e fauna selvatica.
L’uso agricolo di antibiotici, pesticidi e fertilizzanti comporterà l’emergere e la diffusione di agenti infettivi. Non ci rimane altro che cambiare strada, modificare il modello economico basato sul profitto, favorire un vero equilibrio fra uomo e ambiente. Purtroppo le ricette neoliberiste hanno smantellato lo stato sociale, lasciandolo in mano ai privati e alle logiche del guadagno. Ci vorrebbe una “metanoia”, una grande svolta, altrimenti le nuove pandemie ci porteranno a un suicidio di massa e non siamo sicuri che tutto andrà bene.
di Achille Rossi