“Nessuno di noi poteva immaginare...” scrive quasi stupita Norma Rangeri su "il manifesto" di domenica 3 maggio 2020. Il gradimento del governo Conte è molto alto tra i cittadini. L’appello pubblicato dal quotidiano il primo maggio riflette “...sull’attacco mediatico, pressoché unanime, rivolto al modo in cui è stata affrontata la tragica emergenza sanitaria del Paese”. Si ricorda che molta della consapevolezza civica espressa in questa lunga quarantena prende atto delle difficoltà che abbiamo e stiamo affrontando. Esse dipendono dallo “stato di decadimento di gran parte del sistema sanitario… per una privatizzazione e regionalizzazione sconsiderata e scoordinata”. La Salute Pubblica chiede di essere potenziata sul territorio e non sacrificata sull’altare delle cliniche private. Lampante è altresì il rancoroso protagonismo di chi annaspa per porre le basi di un nuovo governo di “capaci”. È forte l’appetito sui “denari” da gestire in questi mesi. C’è un Matteo, ex Ministro degli Interni, che ad agosto scorso è inciampato sui “pieni poteri” che voleva per sé. Adesso, spiaggiato, è fuori dal governo. Si è sparato sui piedi e la pistola della propaganda è ancora fumante. Nei ritagli di tempo invoca la centralità di un Parlamento che per fortuna qui non ha mai smesso di lavorare. Lui lo occupa, con la sua Lega che lega sempre meno, appisolandocisi dentro. Solo di notte. Il giorno, dicono, si fa vedere di rado. C’è anche un Matteo sinistro, ex Presidente del Consiglio, che l’altro ieri, a colpi di mannaia, ha fatto a pezzi l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e che oggi si scaglia contro il reddito di cittadinanza. Machiavellico ispiratore di questo governo Conte-due, l’arguto Matteo pare sia cresciuto, lui se ne dimostra convinto, sullo stesso pianerottolo di Niccolò. Subito dopo la costituzione del governo si è infilato nella nomenclatura calcistica al grido di “Italia Viva”. Si è messo in proprio. Fuori dal Partito Democratico e dentro quel disegno che vorrebbe porre le basi, forse, di un altro governo. I famosi “capaci”, alias “rapaci”, che abbiamo così bene imparato a conoscere. Giornali nazionali e televisioni, concentrati come sono a fare il bello e cattivo tempo, ci rammentano distrattamente e da lontano l’articolo 21 della nostra Costituzione: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. La libertà di pensiero è un diritto di tutti. Certo, i vecchi testardi manuali del materialismo storico stanno a ricordarci che ancora oggi, al tempo di Internet, gli strumenti per esercitare questo diritto appartengono a pochi. Da noi si contano sulle dita di una mano i centri di potere che usano televisioni e giornali per impacchettare leccorniosi interessi privati. Parliamo di Cliniche, Case di Cura, Banche, Supermercati, riciclo dei rifiuti e molto, molto altro. Sopra i suoi giornali si affaccia il “cavaliere” del “Libero” pensiero col medagliere dorato in conflitto d’interesse. E mica ci siamo scordati il “mecenatismo” degli Agnelli, adesso diventati F.C.A., che da sovrani della “Stampa” comprano addirittura “la Repubblica” e ci guardano dal buco dei loro paradisi fiscali.
Da sempre la comunicazione e la gestione dell’informazione è arma strategica del capitale e della finanza. È qui, intorno ai cosiddetti “giornaloni”, che l’economia costruisce il proprio “ceto intellettuale” per gestire il potere. Informazione e controinformazione entrano prepotenti nello scontro politico per farci consapevoli dei conflitti e degli interessi in gioco. Ancora una volta si tratta di affermare stili di vita sostenibili e rispettosi dell’ambiente e della salute in questo sovraccarico e inquinato mondo in cui viviamo.
È l’informazione uno dei terreni per misurare, in questa crisi da coronavirus, quale scontro sociale si prepara qui da noi, in Europa e nel resto del pianeta. Come sempre occorre sapere da che parte si sta. Come sempre c’è da garantire la distribuzione della ricchezza prodotta dal lavoro di molti e concentrata nelle mani di pochi. “Il Governo Conte non è il migliore dei governi possibili , sempre che da qualche parte possa esistere un governo perfetto”, ci ricorda l’appello de “il manifesto”. A noi oggi, allo stato dell’arte, piace ribadire che stiamo con questo governo.
Di Giorgio Filippi