Martedì, 12 Novembre 2024

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Il grillo parlante

Cultura. La scomparsa di Giulietto Chiesa costruttore di cultura

cammino

Uno dei personaggi delle favole, da molti ritenuto pesante, petulante, a volte inopportuno e per certi versi fastidioso è il grillo parlante di Pinocchio. Collodi lo mise lì, accanto a quella testa di legno, per cercare di fargli vedere le insidie e i tranelli di un mondo che si accingeva a scoprire. Pinocchio finì per ucciderlo, lanciandogli un martello, ammutolendo quella voce di autenticità che poteva evitargli tanti problemi e, certamente, indicargli una via giusta da seguire. Del resto, quando qualcuno dice la verità, non tutti sono disposti ad accettarla.

Giulietto Chiesa è stato anche questo, un grillo parlante del giornalismo, colui che riusciva, attraverso le sue conoscenze, a permettere a quanti si mettevano in ascolto umile e curioso, di vedere, oltre le apparenze, ciò che veniva celato, più o meno, volontariamente.

Uomo di grande cultura, particolarmente complesso e ben strutturato, riusciva a essere voce pulita, chiara, diretta e, attraverso un’onestà intellettuale da tutti riconosciuta, permetteva di conoscere quanto c’era da sapere riguardo a una situazione geopolitica.

L’Associazione Cultura della Pace e il Comune di Sansepolcro gli hanno riconosciuto il Premio Nazionale “Cultura della Pace-Città di Sansepolcro” nel 2002, proprio per questa sua attività di giornalista libero, che lo portò a essere, autenticamente e da sempre, contrario alla guerra come modalità di risoluzione del conflitto. Dall’Afghanistan nel 1979 all’altro Afghanistan, quello del 2001. Ci scrisse un libro, “La guerra infinita”, che a rileggerlo, appare di una profezia e chiarezza impressionanti. La motivazione recitava: “capace di ricercare la verità, anche quella più scomoda o, per i più, non opportuna da raccontarsi”. Quell’edizione del premio fu dedicata al giornalismo, il Premio Nazionale ”Nonviolenza” fu riconosciuto a Don Achille Rossi, anche lui, come il suo amico Giulietto, dedito alla diffusione di una reale cultura della pace. Entrambi hanno contribuito a ricondurre questo ideale all’interno di un orizzonte culturale ben determinato, da contrapporre alla cultura di guerra e di morte sin troppo imperanti nella nostra società.

Giulietto Chiesa era libero da vincoli, eternamente non allineato, accusato di tutto e del suo contrario, di essere al soldo dell’Unione Sovietica, poi della CIA e infine di Putin, quel Putin che vedeva di buon occhio per la politica estera, di contrapposizione al peso della Nato, ma che finì per accusare per una politica interna debole e poco utile alla causa delle genti. Era il giornalista italiano più conosciuto in Russia, uomo che più che raccontare, voleva cambiare la realtà. Coerente fino all’ultimo, proprio perché dotato di invidiabile cultura, vide, prima di altri, il decadimento di quella che fu l’Unione Sovietica, tanto che si procurò l’esplicito invito ad andarsene, evitato e disinnescato da Enrico Berlinguer con il quale ebbe rapporto di grande stima, come successivamente ebbe con Gorbaciov. Fu lui, unico giornalista al mondo, a mettere in difficoltà Ghennadi Janaev, leader dei golpisti, che sosteneva l’allontanamento di Michail Gorbaciov per imprecisati motivi di salute. Nella tensione generale e nel caldo di quell’agosto, durante la conferenza stampa, Giulietto Chiesa prese la parola e in russo chiese, diretto: “E lei come si sente?”, procurando non poco nervosismo al golpista e aprendo gli occhi ai restanti: quella domanda aveva dato una chiave per capire quello che stava accadendo.

Oggi Giulietto Chiesa non c’è più, ci ha lasciato improvvisamente. È venuto a mancare uno dei nostri grilli parlanti: a noi l’onere di evitare di vivere le vicissitudini di Pinocchio, di vivere come teste di legno costruite da mani altrui. È morto subito dopo il 25 Aprile, dopo il ricordo della Liberazione. Già, dopo l’acquisizione della libertà, comincia il duro lavoro di dover scegliere cosa fare. Da soli, ma, grazie a Giulietto Chiesa, con un’aggiunta di conoscenza e consapevolezza.

di Leonardo Magnani, Associazione Cultura della Pace


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