Sanità. Come si è riusciti a istituire il punto nascita unico a Città di Castello: testimonianza di Mario Tosti ex Direttore Asl n. 1
Queste righe potrebbero essere attribuite a un ingenuo romantico, invece esprimono lo spirito che ha reso possibile la radicale e tempestiva ristrutturazione della sanità altotiberina, per autonoma iniziativa locale. Sono state scritte nel 1993, a Palazzo Facchinetti, come commissario straordinario alla ULSS1.
In questi tempi in cui il senso dello Stato è soffocato da egoismi, irresponsabilità, incapacità e demagogia, può essere utile riflettere in particolare sulle condizioni che hanno reso possibile
l’unificazione dei due punti nascita preesistenti nel comprensorio, che risultano uniche nel panorama del servizio sanitario.
Non nascondo di essere orgoglioso di averla promossa, sostenuta e difesa, forse temerariamente, contro attacchi sproporzionati. Ma non mi sfugge che sarebbe bastato un soffio per rompere un equilibrio improbabile, trasformando quella che oggi posso considerare la più gratificante esperienza professionale e sociale, in un fallimento che mi avrebbe marchiato come ambizioso spericolato.
LO SCENARIO
Il clima generale del Paese era anche allora tempestoso: l’esplosione della pentola della corruzione, il disastro di mani pulite, la liquefazione dei partiti, il crescente baratro del bilancio dello Stato. I politici erano stati costretti a cedere il passo a professori e tecnici.
La legge Di Lorenzo aveva riformato il Servizio Sanitario Nazionale, adeguandolo ai cambiamenti imposti dall’evoluzione della medicina e delle tecnologie, dall’aumento dei costi e della complessità organizzativa. Fondamentale era stata la separazione dei poteri, assegnando gli indirizzi ai politici e la gestione ai tecnici.
Per me si era presentata l’attesa occasione di mettere in atto esperienze appositamente maturate in decenni.
GLI OSTACOLI
La mia vicenda iniziò con la quarantena di un anno, a causa dell’ennesima spartizione degli incarichi in base all’appartenenza, nonostante fossi stato indicato da tutti i sindaci del comprensorio. Dopo un anno, la Regione mi nominò amministratore straordinario della ULSS1.
Era già evidente l’assoluta priorità di unificare a Città di Castello il punto nascita di Umbertide, inadeguato sotto il profilo qualitativo ed economico, per di più in una prospettiva di calo delle nascite. A Umbertide prospettai l’alternativa di medio periodo di un servizio riabilitazione; nell’immediato, predisposi la ristrutturazione delle sale operatorie, con l’obiettivo principale di rendere digeribile il progetto complessivo; ma, secondariamente, per la potenziale utilizzazione in caso di inagibilità di quelle del decrepito ospedale tifernate, dove era stato appena chiuso il reparto otorino.
Mi ritrovai tutti contro: gli umbertidesi si sentirono traditi da un concittadino venduto ai castellani.
Si raccolsero 13.000 firme tra 15.000 abitanti di Umbertide per dissuadermi; furono minacciate ritorsioni alla mia famiglia; a Città di Castello comparve una locandina che mi qualificava “incapace”; dalla USL si pilotò la sottrazione al Ministero della sanità degli allegati alla domanda di inserimento nell’Albo nazionale degli idonei al ruolo di direttori generali, determinando la mia temporanea esclusione.
I PUNTI DI FORZA
Oggi tutti gli altotiberini nascono a Città di Castello, in condizioni di incomparabile sicurezza e qualità; a Umbertide funziona un centro di riabilitazione al servizio della regione e non solo; nel frattempo, è stato possibile dirottare verso altri servizi i minori costi, stimabili in 1.700.000 E/anno, cioè 20.000.000 per i 25 anni passati. Nelle sale operatorie frattigiane continua tuttora a essere svolta un’attività complementare a quella tifernate.
La precondizione di fattibilità dell’operazione è stata la legge di riforma e la sua corretta applicazione, che stabilisce di scegliere i vertici in base al curriculum professionale e al provato impegno sociale: non dovrebbe essere difficile trovare le persone giuste, disponibili a perdere solo la poltrona in ufficio, in un Paese con tanti figli pronti a immolarsi in corsia.
È stata decisiva la validità del progetto e della relativa documentazione oggettiva, che lo ha reso inoppugnabile.
La solidarietà e la competenza della maggior parte dei collaboratori più importanti ha costituito un supporto e conforto vitale: in tante relazioni della fase partecipativa ricorreva la parola “entusiasmo”.
Le associazioni del volontariato mi hanno appoggiato, anche nel tutelare gli interessi locali rispetto agli altri territori, contrari, ad esempio, alla costruzione del bunker per la radioterapia e alla perequazione fra le varie ULSS delle quote socio-assistenziali.
Anche i mezzi di informazione, pur rispettando il dovere di dar voce alla protesta, non l’hanno mai fatta propria, sottintendendo tacito assenso.
Ma è evidente che il risultato sarebbe stato compromesso se non ci fosse stata una congiuntura politica favorevole, grazie alla comune appartenenza al PDS dei vertici della Regione e dei Comuni.
Di conseguenza, le schermaglie esteriori, necessarie per assecondare gli umori dalla base, non hanno mai superato il limite che avrebbe addossato alla politica la responsabilità di sgretolare una costruzione esemplare. La controprova è dimostrata dalla mia successiva esperienza all’ospedale di Perugia, dove ho potuto operare con la stessa efficacia, fino a quando il referente politico si è duplicato (ex PCI ed ex DC) ed ha volentieri obbedito al veto imposto dallo strapotere dell’Università.
DEDUZIONE
Ho scritto queste considerazioni dopo aver assistito, con la commozione emanata dalla solennità dell’evento, alla silenziosa drammatica salita del Presidente Mattarella all’Altare della Patria il 2 giugno per la festa della nostra Repubblica.
Sono bastate poche ore per capire che il monito all’unitarietà, sarebbe stato ancora una volta disatteso. Il Presidente non può non tentare l’aggregazione di una maggioranza coesa, o almeno civile, fra le parti presenti in questo Parlamento. Temo che solo il popolo potrà rispondere all’appello, se riuscirà a scegliere il grano dalla veccia.
…Le risse ed i tentativi di accaparramento del nulla produrrebbero un disastro che ci renderebbe indegni di chi ci ha consegnato l'eredità di una secolare tradizione di solidarietà e buon senso. Da parte nostra stiamo svolgendo con determinazione il compito - proprio dell'ULSS e non di altri - di proporre un progetto di ristrutturazione dei servizi sanitari dell'Alta Valle del Tevere coerente con il Piano regionale; stiamo programmando per metà febbraio una Conferenza pubblica di organizzazione, fra tutte le Istituzioni ed Associazioni coinvolte, per sottoporre preventivamente al loro giudizio la regole e le procedure di elaborazione di un progetto di emergenza e di un piano a medio termine |
Di Mario Tosti