Martedì, 03 Dicembre 2024

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Dal basso e a sinistra

Politica regionale. Nuova Giunta, vecchi problemi

silvia romano2

Parliamo ancora dell’Umbria, perché quanto sta succedendo nel mondo, è estremamente interessante, in particolare sul fronte sociale, per le crescenti rivendicazioni  di diritti e di un’economia più giusta e sostenibile.

Nella situazione attuale ogni problema globale si fa locale, nel senso che viene scaricato sui territori, i quali devono attrezzarsi, spesso in solitudine per a risolverne qualcuno.

L’agire dal basso, dove le contraddizioni si manifestano, genera un nuovo  protagonismo delle comunità e delle singole persone che si mobilitano al fine di arginare processi che, se lascia a se stessi, producono depauperamento e la trasformazione dei luoghi in periferie esistenziali.

L’assenza di uno Stato autorevole e regolatore di democrazia, crea nuove opportunità partecipative. Le comunità diventano così gli agenti primari in grado di cogliere le specificità del territorio e gli attori capaci di produrre il proprio benessere.

La sfida che oggi l’Umbria deve affrontare è proprio questa: la possibilità di modellare una nuova forma di comunità, attuando scelte e obbiettivi condivisi, solidali e sostenibili.

Purtroppo la pandemia ha solo peggiorato un quadro regionale che era già grave prima che essa esplodesse, aumentando i disoccupati e i poveri.

Come già ampiamente prevedibile, la nuova Giunta non sta facendo nulla di diverso dalla vecchia, anzi, condizionata dall’improvvisazione e dalle nuove emergenze, rischia di peggiorare la situazione. Nel momento in cui la politica è chiamata al massimo sforzo e impegno la fotografia dell’Umbria, è quella di un governo che appare come un buco con intorno il vuoto dell’opposizione.

Se il governo è provinciale e improvvisato, attento come quello precedente di sinistra più alle nomine e al controllo dell’amministrazione pubblica che allo sviluppo e al lavoro, l’opposizione può considerarsi “non pervenuta”.

L’opposizione si limita a interventi superficiali di ordine pubblico e sociale o nella sfera dei servizi, con qualche attenzione per le povertà e per la sanità, il tutto senza disturbare troppo i manovratori.

Invece sarebbe necessario mettere al centro delle scelte pubbliche i temi  delle “disuguaglianze", della democrazia, della cittadinanza e della libertà.

Senza la ricostruzione di una sinistra che torni a rappresentare un progetto alternativo e si riappropri delle battaglie popolari e dia rappresentanza a quelle fasce popolari che oggi si sentono abbandonate, non ci sarà novità né cambiamento.

La sinistra sarà credibile solo avrà la forza di fare i conti con il recente passato, ripartendo dalla perdita di Perugia, che ha segnato l’inizio della disfatta e per la quale ancora non è stato possibile avviare né un’analisi né una discussione seria.

Dopo Perugia ricordiamo solo la guerra per bande e gli scontri tra leaderini e capi corrente in un’orgia di scontri scomposti di potere che si può riassumere così: l’Umbria è stata retrocessa stabilmente tra le regioni del sud ed è stata consegnata alla destra “sovranista” senza sparare un colpo.

Voto utile, richiami al realismo, non serviranno a far rinascere progetti e idee, né a  disegnare un futuro di speranza soprattutto per i giovani; sacrificare l’idea di una  possibile ripresa per mantenere rendite e privilegi di pochi non aiuterà il cambiamento. Bisogna chiedersi perché non si riesca a riprendere una discussione vera, ampia e profonda nel centrosinistra. Chi è che la ostacola e per quali fini? Esiste la possibilità di ricostruire un movimento dal basso? Queste sono alcune domande semplici per fare un passo avanti.

L’Umbria deve guardare oltre l’improvvisazione, pensare altrimenti e questo è possibile solo da sinistra, che ha la grande responsabilità di legittimare un simile percorso.

In mancanza di un soggetto riformatore e solidarista tutto si fa più difficile e complicato, e concorre a disegnare una deriva inarrestabile, che nemmeno il volontarismo di pochi riuscirà ad arginare.

In passato Berlinguer aveva, prima di altri, colto il rischio di questa deriva della classe politica, lui la chiamò questione morale, e in Umbria è stata proprio questa la crepa da cui è passato il declino e il suicidio di una intera classe dirigente. 

Di Ulderico Sbarra


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