Sei disabile? Sei comunque un terrorista

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Israele. Dove nasce la scuola di razzismo nell'Apartheid che sta diventando la Palestina

silvia romano2

Sei disabile? Non importa, sei comunque un terrorista

Si chiamava Eyad Hallaq. Era un giovane uomo di 32 anni di Gerusalemme. Autistico fin dalla nascita. Si stava incamminando, come ogni giorno, verso il centro per disabili della Città Santa. La polizia israeliana lo ha fermato, sospettando che fosse armato. Lui ha preso paura. Era completamente indifeso, fragile, impaurito e gracile come lo sono generalmente gli autistici. Eyad si è messo a correre e, inconsapevolmente, ha firmato la sua condanna a morte. È stato come un tiro alla lepre. Dieci colpi e Eyad Hallaq è stramazzato al suolo. Un’esecuzione.

«Era un bambino nel corpo di un uomo», ha detto la mamma. «Le forze di difesa israeliane e la polizia di frontiera hanno un occhio particolare per i disabili. Il minimo movimento o suono sbagliato li condanna a morte», ha scritto su Haaretz (il quotidiano liberale israeliano) Gideon Levy. Hebron, città del sud della Palestina. 2018, i soldati israeliani uccidono Mohammad Jabari. 24 anni, muto, handicappato grave. Tutti lo chiamavano “Aha-Aha” per via delle uniche sillabe che sapeva pronunciare. La polizia ha sostenuto che lanciava pietre. “Za’atar” (origano) era invece il soprannome di Mohammad Habali. I soldati dell’”esercito più morale del mondo” lo hanno abbattuto, da 80 metri, alle due del mattino, davanti al ristorante Sabah della città di Tulkarem, Cisgiordania dell’apartheid. Mohammad camminava verso casa e si sosteneva con un bastone. Da 80 metri è stata una gara a chi lo avrebbe colpito prima. Arif Jaradat, mentalmente disabile, aveva 23 anni. In famiglia lo chiamavano “Khub”, (amore, in arabo). «Non mio fratello Mohammad!», gridava ogni volta che vedeva i soldati. Suo fratello Mohammad era stato arrestato davanti a “Khub” e imprigionato per ben 5 volte. Alla morte di “Khub”, Mohammad gridò con quanta voce aveva: «Vi prego, è handicappato, non sparategli!». Ma “Khub” era già morto.

eyadLa “normalità” dei palestinesi.

Si chiama “il vivere normale” dei palestinesi: sono bambini, giovani adolescenti, uomini adulti, giovani donne. Basta un sospetto e l’esercito o la polizia spara e li uccide, a centinaia. A gennaio, B’Tselem (la nota e coraggiosissima Ong israeliana) ha scritto l’ultimo rapporto: «Nel 2019 lo Stato d’Israele ha ucciso 133 palestinesi, dei quali 28 bambini. 104 a Gaza, 26 tra Cisgiordania e Gerusalemme. Sono stati uccisi in base alla politica implacabile della “open-fire” (uso eccessivo della forza)». Sono omicidi che, spesso vengono denunciati, ma le denunce non vengono neppure registrate.

Eccezionalmente, il ministro della Difesa israeliano Benny Gantz, il famoso “ladro di voti”, leader del partito Blu Bianco, (l’ex generale che auspicava di ridurre Gaza all’età della pietra), ha chiesto scusa per l’uccisione di Eyad Hallaq. Nulla di più. I palestinesi sono scesi in piazza a centinaia, a Tel Aviv e ad Haifa, per protestare contro le uccisioni brutali dell’esercito e della polizia israeliana. L’obiettivo dei palestinesi era sempre quello: protestare contro il razzismo discriminatorio, sociale ed economico. Numerosi manifestanti gridavano indignati “giustizia per gli omicidi di Eyad e per George”, ricordando il soffocamento mortale di George Floyd per mano di un poliziotto bianco americano: “Black Lives matter” come, “Palestinian Lives matter” (Sono un nero, sono importante anch’io – Sono un palestinese, sono importante anch’io).

“Antiterrorismo globale”

Miko Peled è nato a Gerusalemme nel 1961. É cittadino israeliano/americano. Pacifista famoso. Proviene da una famiglia sionista israeliana. Il nonno, Avraham Katsnelson, è stato una delle rare personalità ad aver firmato, nel 1948, la Dichiarazione d’Indipendenza d’Israele. Suo padre, Mattityahu Peled, ha combattuto nella guerra di Palestina del 47’e 49’ e poi, come generale, nella guerra del 1967. Generale pacifista e critico d’Israele. Ha condannato l’occupazione e “il sequestro” della Cisgiordania, di Gaza, del Sinai e delle Alture del Golan. Suo figlio, Miko Peled, è uno scrittore. I suoi libri non sono mai stati tradotti in italiano. Sono brucianti le parole di M. Peled: «Uno Stato ebraico che controlla i palestinesi con leggi razziste e forza militare (…) Uno Stato che si sgretolerà molto prima del previsto per formare una Palestina libera e democratica (…) Palestinesi e Israeliani potranno vivere in una terra natale e condivisa ». Il pacifista Miko Peled sostiene che l’agente della polizia americana Derek Chauvin, che ha strangolato, con un ginocchio sul collo, il nero George Floyd, avrebbe potuto essere benissimo un poliziotto israeliano che usa la stessa tattica di “soffocamento” sui pacifisti palestinesi. «È probabile – sostiene Peled – che siano stati gli israeliani a trasmettere tali pratiche omicide al mondo intero. E che, nel mondo globale, il “perfezionamento dei metodi di proliferazione razziale” siano oramai simili o uguali per tutti».

“Annessione”, boicottaggio... un diluvio di proteste.

terrordisab3Per le vie di Tel Aviv di sabato 6 giugno, gli oratori Nizan Horowitz e Tamar Zandberg, deputati del Meretz (partito della sinistra israeliana) hanno sostituito la parola “occupazione” con quella di Apartheid. Erano in tanti, palestinesi israeliani ed ebrei israeliani, ognuno con le proprie bandiere. I conservatori israeliani si sono indignati, il Governo ha gridato al tradimento. b) Tutte le campagne a favore del boicottaggio dell’economia israeliana, (BDS, boicottaggio, disinvestimento, sanzioni) «non costituiscono una manifestazione di antisemitismo». Lo ha stabilito la Quinta Sezione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) di Strasburgo. Tutte le manifestazioni a favore del BDS sono «un legittimo esercizio della libertà di espressione». c) Il giornale inglese “Guardian” ha pubblicato una lettera, inviata ai primi di giugno a Mark Regev, ambasciatore israeliano in Inghilterra e firmata da 40 eminenti rappresentanti del mondo ebraico britannico. La lettera, dai toni drammatici e preoccupati, metteva in guardia Israele dall’ipotesi di annettere gran parte della Cisgiordania. Alcuni firmatari sono: Sir Ben Helfgott, uno dei sopravvissuti dell’Olocausto; sir Malcom Rifkind, un conservatore, ex segretario degli esteri; lo scienziato Lord Robert Winston; l’ex deputata Luciana Berger; l’editorialista del Times Daniel Finkelstein; sir Simon Shama, professore di storia e di storia dell’arte alla Columbia University di New York. d) Abraham Yehoshua, ebreo sefardita, israeliano e sionista. Un mito per la letteratura israeliana e mondiale. Tradotto in più di venti lingue. Vive ad Haifa dove insegna lettura comparata ed ebraica. «Spero che Netanyahu non annetta la Cisgiordania, rafforzerebbe l’ terrodissab4Apartheid che esiste già. Accanto ai villaggi palestinesi ci sono le colonie israeliane. I villaggi palestinesi sono diventati dei “Bantustan”». E il possibile “Stato Unico” formato da ebrei e palestinesi? E l’ipotesi, non impossibile, che un giorno un palestinese diventi Primo Ministro d’Israele? «E perché no!» Dice Yehoshua, tranquillo e con disarmante semplicità. e) 240 giuristi internazionali condannano l’“Annessione”. Gran parte appartengono alla Corte Internazionale di Giustizia e all’Assemblea Generale dell’ Onu. f) Per 500 accademici/studiosi ebrei l’”Annessione creerebbe inevitabilmente condizioni di Apartheid. g) Il Consiglio Ecumenico delle Chiese che raggruppa 349 membri delle principali religioni cristiane (la Chiesa Cattolica partecipa come osservatrice) chiede sanzioni e sospensione dell’Accordo Commerciale tra l’UE e Israele (BDS?) in caso di “Annessione” di territori palestinesi. h) Il 17 giugno 47 dipendenti importanti delle Nazioni Unite hanno dichiarato: «L’“Annessione” renderà Israele ufficialmente uno Stato di Apartheid». i) La Corte Suprema Israeliana ha bocciato l’eventuale “Annessione” come un atto illegale. ◘

Di Antonio Rolle