Mostre
Alla Galleria Nazionale dell’Umbria di Perugia – riaperta dopo il lockdown – possiamo, per la prima volta, ammirare un’ampia esposizione dedicata al senese Taddeo di Bartolo (1362 ca. - 1422), uno dei più importanti pittori italiani dell’epoca.
Era figlio di un certo Bartolo di Mino, barbiere, e non del pittore Bartolo di Fredi, come riteneva Giorgio Vasari, e quindi non fratello di Andrea di Bartolo. Fu attivo anche nella vita pubblica della città e ricoprì importanti incarichi. Nel 1389 risultava già iscritto alla Matricola dei pittori senesi: a quell’anno risale un polittico con la Madonna col Bambino e Santi, dipinto per la cappella di San Paolo a Collegalli, presso Montaione.
Nel 1393 la sua presenza fu documentata a Genova, dove Cattaneo Spinola gli commissionò due dipinti per la chiesa di San Luca.
Da vero e proprio maestro itinerante, Taddeo di Bartolo trascorse buona parte della carriera spostandosi tra Toscana, Liguria, Umbria e Lazio, al servizio di famiglie politicamente ed economicamente potenti, autorità pubbliche, grandi ordini religiosi e confraternite.
I numerosi spostamenti gli consentirono di conoscere temperie culturali differenti. Il suo stile, inizialmente debitore della lezione di Simone Martini (appresa comunque in modo mediato), si lasciò influenzare da Barnaba da Modena, attivo in Liguria, dai maestri veneti Turone e Altichiero, dal tardogotico fiorente in Umbria grazie a Gentile da Fabriano.
La mostra perugina presenta cento tavole di Taddeo di Bartolo, al fine di ricostruire la sua intera parabola artistica, dalla fine degli anni ottanta del Trecento fino al 1420-22.
Egli fu il più grande maestro del polittico del suo tempo. La rassegna pone un’enfasi particolare a questa forma d’arte sacra, grazie alla presenza di pale complete e di tavole disassemblate che, riaffiancate, consentono di ricomporre per la prima volta i complessi di appartenenza.
Per l’occasione è stato ricostruito l’imponente apparato figurativo della ormai smembrata pala di san Francesco al Prato di Perugia, della quale la Galleria Nazionale dell’Umbria conserva tredici elementi. A questi si aggiungono le parti mancanti, finora individuate, come le sette tavole della predella raffiguranti storie di san Francesco, conservate tra il Landesmuseum di Hannover (Germania) e il Kasteel Huis Berg a s’-Heerenberg (Paesi Bassi), e il piccolo san Sebastiano del Museo di Capodimonte a Napoli, che probabilmente decorava uno dei piloni della carpenteria.
Dal Palazzo Ducale di Gubbio giungono le otto tavolette dipinte a tempera su fondo oro con figure di santi, originariamente appartenute al polittico della chiesa eugubina di san Domenico. Questi lavori sono stati recentemente acquisiti dal MiBACT, che ha esercitato il diritto di prelazione riconoscendo in essi un eccezionale interesse storico-artistico, restituendoli così al patrimonio culturale della città.
In mostra sono documentate anche altre tipologie di opere, come stendardi processionali o piccole tavole di devozione privata.
Si tratta quindi di una panoramica completa dell’arte di Taddeo, dalla prima opera firmata e datata – alla quale apparteneva l’Annunciazione del KODE Museum di Bergen (Norvegia) (1389) – fino alla Madonna Avvocata del Museo di Arte Sacra di Orte (VT), del 1420, passando attraverso prove capitali della sua carriera quali il polittico di Montepulciano, di cui si espongono le tre cuspidi, e l’imponente polittico della Pinacoteca di Volterra (PI).
A Siena, Taddeo dipinse affreschi nel coro del Duomo (perduti), le Storie della vita della Vergine nella cappella del Palazzo Pubblico (1406-1408) e un ciclo di Uomini famosi nell’anticappella (1414-1417).
Tra il 1416 e il 1418 ebbe due commissioni dal comune di Siena per realizzare affreschi votivi sopra due porte cittadine.
L’attività di Taddeo di Bartolo come frescante è illustrata, in questa mostra, da una ricostruzione video in 3D dei murali di Palazzo Pubblico, parte di un ricco apparato multimediale che documenta i restauri e le indagini diagnostiche eseguiti in occasione della mostra. Si vuol altresì illustrare l’altissima qualità tecnica e stilistica della produzione di questo maestro che, secondo quanto riferisce Vasari nelle “Vite”, dettò il suo testamento nel 1422 e poco dopo morì, all’età di 59 anni. ◘
Di Maria Sensi