Martedì, 16 Aprile 2024

libreria acquista online

La Bolivia al centro del mondo

America Latina: Il golpe contro Evo Morales, totalitarismo del capitalismo finanziario e recupero della democrazia

silvia romano2

La Bolivia è oggi al centro delle dinamiche latinoamericane. E non solo. Lo è per diverse ragioni. Perché il golpe del 10 novembre 2019 contro Evo Morales, il governo del Mas (Movimento Al Socialismo) e le istituzioni democratiche è stato solo una tappa del golpe continentale che le transnazionali del capitalismo globale, Trump e gli Stati Uniti stanno portando avanti in tutta l’America Latina. È il ritorno in forme modernamente brutali alla “dottrina Monroe”, elaborata agli inizi dell’800 dal governatore razzista e massone della Virginia James Monroe, che considera l’intera America Latina un agglomerato di colonie a disposizione degli Stati Uniti. Il neoliberismo feudale, variante al tempo stesso omicida e suicida del capitalismo finanziario contemporaneo, persegue per sua natura la feudalizzazione dell’intero continente latinoamericano, oltre che degli Stati periferici.

Con Evo Morales in Bolivia, Rafael Correa in Ecuador, Hugo Chávez in Venezuela si sono affermati, con il voto democratico, governi “radicali e antiliberisti”. Sono cresciuti in un tempo in cui altre esperienze di governo, che potremmo definire “socialdemocratiche” o “democratico-progressiste” (il Pt di Lula in Brasile, il governo di Nestor Kirchner in Argentina, quello del Frente Amplio di Tabarè Vazquez/Pepe Mujica in Uruguay…), si affermavano tra la fine del 1990 e la prima decade del 2000. La “primavera latinoamericana”. Il Brasile di Lula, l’Argentina di Kirchner, l’Uruguay di Tabaré Vasquez non hanno mai fatto una scelta apertamente “anticapitalista”, hanno pensato possibile un rapporto politico e commerciale con gli Stati Uniti, magari dentro una diversificazione dei rapporti diplomatici ed economico-commerciali anche con altri Paesi (Russia, Cina, Europa…), puntando sull’affermazione delle libertà democratiche e dei diritti umani e su una economia di mercato di tipo liberaldemocratico. Al contrario della Bolivia di Evo Morales, del Venezuela di Hugo Chavez e dell’Ecuador di Rafael Correa che, anche sulla spinta di forti movimenti sociali, comunitari e indigeni, hanno fatto una scelta marcatamente antiliberista, fondata sulla espulsione delle transazionali che fino ad allora avevano vampirizzato persone e diritti di quei Paesi. Hanno recuperato il controllo delle proprie risorse naturali, nazionalizzato le imprese e di fatto cacciato gli Stati Uniti. Sotto l’attacco liberista i governi “socialdemocratici” brasiliano, argentino e uruguaiano sono caduti uno dopo l’altro, e in pochi anni l’orientamento politico dell’intero continente è cambiato, da progressista a conservatore. È dentro questo contesto, dentro quella sconfitta dei governi democratici, e al conseguente isolamento, che è possibile comprendere le difficoltà e il precipitare degli eventi in Paesi come il Venezuela, l’Ecuador, il Paraguay, o il maturare di dinamiche golpiste come quelle in Bolivia, che in altri anni, con Lula, Kirchner e Tabaré Vazquez al governo non sarebbero state possibili. Sono tornati ad affermarsi due governi progressisti, quello di López Obrador in Messico e quello di Alberto Fernández in Argentina, in risposta al fallimento di un governo corrotto e neoliberista come quello di Maurizio Macri. Sì, il cognome è Macri, con l’accento sulla i, non Màcry, con la y e l’accento sulla a, come cambiato dalla famiglia, non per glamour, ma per comprensibili ragioni di “immagine”. Maurizio, figlio assistito di una famiglia di latifondisti calabresi emigrati in Argentina negli anni ’50, che hanno visto esplodere la propria ricchezza sotto la dittatura per effetto dei legami con i militari, passando da 7 imprese a 45 holding. Maurizio Macri è stato il presidente che ha portato l’Argentina al 3° default, al fallimento e alla vendita, con il prestito di 57 miliardi di dollari, dell’intero Paese al Fondo Monetario Internazionale. La più imponente e devastante operazione di strozzinaggio finanziario, usuraio e colonialista operato da un organismo internazionale e da un Presidente di estrema destra contro un Paese sovrano e potenzialmente ricco.

Gli indigeni non possono vincere in Bolivia 15 giorni prima delle elezioni americane

bolivia 3Quando e quali elezioni si terranno in Bolivia? Quelle fissate dal governo golpista per il 3 maggio e poi posticipate al 6 settembre? Quelle poi nuovamente posticipate al 18 ottobre e che forse non si faranno mai per impedire il ritorno al governo del Mas? Da qui al 18 ottobre succederà di tutto e di più in Bolivia. Cresceranno la repressione e i morti che potrebbero aprire le porte ad un altro “golpe nel golpe” da parte dei militari e alla guerra civile. Trump e l’estrema destra faranno di tutto per impedire la vittoria elettorale di un movimento composto da comunità indigene, movimenti sociali e classi umili il 18 ottobre, appena 15 giorni prima delle elezioni americane del 3 novembre. L’effetto di ritorno sarebbe enorme, il piccolo David/Bolivia che sconfigge il Golia/Trump. Un movimento indigeno e sociale che riconquista la democrazia con strumenti democratici (il voto popolare), contro gli Stati Uniti e contro l’estrema destra più razzista dell’America Latina. Una vittoria dei movimenti indigeni, comunitari e del Mas in Bolivia il 18 ottobre potrebbe rappresentare la palla di neve che si trasforma nella valanga democratica che apre il cammino ad una nuova primavera in tutta l’America Latina. E non solo. Consideriamo anche che dopo quelli in Bolivia e negli Stati Uniti, sono in agenda altri appuntamenti elettorali importanti: a dicembre 2020 si voterà in Venezuela, il 7 febbraio 2021 si voterà in Ecuador, il 26 aprile 2021 si voterà il referendum costituzionale in Cile, e se vincerà il Sì a ottobre si terranno le elezioni per eleggere l’Assemblea Costituente. E nel non lontano 2022 le elezioni in Brasile, posto che non si vada ad elezioni anticipate.

Dentro un crocevia della storia e di appuntamenti così importanti, gli Stati Uniti e l’estrema destra sono pronti a tutto in Bolivia, anche ad un colpo di stato come quello reso pubblico nei giorni scorsi da esponenti “pentiti” che hanno partecipato ad incontri preparatori e dei quali hanno rivelato i contenuti, pubblicati in queste ore nei social boliviani e latinoamericani. E di chi potevano servirsi gli Stati Uniti, come evidenziano i documenti resi pubblici, se non del Mossad, i servizi segreti israeliani, per creare e addestrare i gruppi paramilitari da utilizzare per azioni violente, attentati, sabotaggi da attribuire poi al Mas e creare le condizioni per lo scioglimento degli organi costituzionali e la presa del potere da parte dei militari? Stragi, attentati, strategia della tensione…a noi italiani ricorda molto.

Di Luciano Neri


Editoriale l'altrapagina Soc. Coop.
Sede Legale: Via della Costituzione 2
06012 Città di Castello (PG)
Responsabile: Antonio Guerrini
Info Privacy & Cookie Law (GDPR)

Seguici anche su:

Dati legali

P.IVA 01418010540
Numero REA: pg 138533
E-mail: segreteria@altrapagina.it
Pec: altrapagine@pec.it
ISSN 2784-9678

Redazione l'altrapagina

Telefono: +39 075 855.81.15
dal Lunedì al Venerdì dalle 09.00 alle 12.00