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Una figura scomoda

Personaggi. La scomparsa di Maurizio Calvesi, critico d'arte, ex Presidente della Fondazione Burri

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Il 24 luglio 2020, all’età di 92 anni, si è spento a Roma lo storico e critico d’arte Maurizio Calvesi. Ne hanno dato notizia il direttore di “Storia dell’arte”, Alessandro Zuccari, e il comitato scientifico della rivista fondata da Argan nel 1969 e delle cui sorti Calvesi è stato protagonista fin dall’inizio. Tutta la redazione si è stretta attorno alla moglie Augusta Monferini, anche lei storica dell’arte, già direttrice della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma.

Calvesi è stato tra i più importanti studiosi e critici del Novecento; laureatosi nell’immediato secondo dopoguerra, ha illuminato, con la sua imponente produzione scientifica, l’arte italiana e internazionale dal Rinascimento al Contemporaneo. Si ricordano, fra i tanti, i suoi fondamentali studi su Piero della Francesca, Caravaggio, il Futurismo e le Avanguardie storiche, Duchamp. Fu professore ordinario all’Università di Palermo e poi docente alla Sapienza di Roma, dove è stato direttore dell’Istituto – poi Dipartimento – di Storia dell’Arte, formando generazioni di allievi e allieve e dove, dal 2003, è stato professore emerito.

Membro delle Accademie dei Lincei, di San Luca e dell’Accademia Clementina, Calvesi è stato insignito nel 1990 del Premio Viareggio per la saggistica, per il libro Le realtà del Caravaggio, e nel 2008 del prestigioso Premio Balzan per le arti figurative della Presidenza della Repubblica “per lo straordinario lavoro svolto nel campo della storia dell’arte visiva moderna e contemporanea”.

I primati di Calvesi nell’individuare campi di studio innovativi e fertili sono ben illustrati in una nota dell’Accademia di San Luca. Calvesi – vi si legge – “è il primo studioso italiano, sin dagli anni Cinquanta, a mettere in luce le componenti dell’ermetismo rinascimentale e a introdurre l’interpretazione in chiave junghiana e iconologica dei grandi capolavori del Quattro e Cinquecento. Integrando questi strumenti all’analisi formale e attributiva e all’indagine d’archivio, Calvesi inaugura un metodo che porta contributi innovativi anche radicali alla conoscenza di artisti come Piero della Francesca, Giorgione, Dürer, Caravaggio, Piranesi, Duchamp, de Chirico”.

Una vita carica di successi, che lo ha portato, nel corso degli anni, a ricoprire molti incarichi: curatore della raccolta d’arte del XX secolo del Ministero degli Esteri, direttore della Pinacoteca Nazionale di Ferrara, della Calcografia Nazionale di Roma, del settore Arti visive della Biennale di Venezia, del Museo laboratorio di arte contemporanea della Sapienza, oltre alla presidenza della Fondazione Mastroianni di Arpino e alla tormentata presidenza della Fondazione Burri di Città di Castello, dopo la convulsa disputa giuridica sulla eredità Burri accesasi tra Comune e la vedova del Maestro.

Con lui la fama di Alberto Burri è decollata a livello planetario, ma evidentemente la sua azione non era gradita all’interno del Consiglio di Amministrazione della Fondazione. Un contrasto che è sfociato poi, come confessò nel 2014 con una clamorosa denuncia fatta proprio dalle colonne del nostro giornale, in una frattura insanabile con alcuni membri del Consiglio di cui fece nomi e cognomi, una specie di “giglio magico” all’interno del Consiglio di Amministrazione, un vero centro di potere che operava in modo autoritario, coltivando interessi non proprio in linea con la valorizzazione dell’opera dell’artista tifernate.

Da qui nacque la sua decisione di lasciare la presidenza della Fondazione. Calvesi se ne andò sbattendo la porta, ma nessuno si è preoccupato di chiarire le motivazioni che lo avevano indotto a una rottura così netta o di tentare di ricucire uno strappo che ancora pesa come un macigno sulla Fondazione. Anzi il suo gesto fu interpretato come frutto di senescenza, riconoscendogli le qualità artistiche da una parte, ma non altrettanto quelle gestionali dall’altra. In altre parole, per salvare la “piccola” ragion di Stato della Fondazione, ossia mantenere il potere interno al Consiglio, si disse che Calvesi non era il vero Calvesi, il grande critico d’arte, l’esperto di riconosciuta fama internazionale.

Appresa la notizia della sua morte sono state versate intense lacrime di coccodrillo a uso degli annali della rassegna stampa: il Comune ha scritto quattro righe di condoglianze e ringraziamento per il servizio reso alla città, includendo anche la Fondazione.

Il primo settembre la Biennale di Venezia ha assegnato a Calvesi il Leone d’Oro Speciale 2020. I grandi uomini non muoiono mai; per altri vale l'imperituro Sic transit gloria mundi.

Redazione


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