Chi ha vinto nella recente tornata elettorale e referendaria? Salvini da Giussano sbandierava il 7 a 0; ha ottenuto il 3 a 3, non ha piantato la sua bandiera verde-scuro sulla Toscana, la regione da lui assunta a simbolo della sua resistibile ascesa, e il suo elettorato è diminuito di un terzo rispetto alle ultime Europee. Dunque Capitan Nutella ha perso, ma il Centro-destra da lui capitanato (fino a quando?) ha «preso» le Marche e controlla 15 Regioni su 20 (se perde la Valle d’Aosta, il suo primato regionale sarà appena scalfito).
Meloni ha vinto nelle Marche con Acquaroli nostalgico coppiere del Duce, ma ha perso in Puglia col neofita Fitto; tuttavia, con Marco Marsilio, dal 2019 presidente dell’Abruzzo, ora vanta due presidenti regionali e cresce anche in percentuale nelle urne. Zingaretti rivendica la vittoria, ma è una mezza sconfitta: mantiene tre regioni, ma ne perde una, fallisce in Liguria, tiene a stento la Toscana (grazie al voto disgiunto), e aumenta di qualche punto percentuale il suo consenso. I 5 Stelle perdono disastrosamente ovunque, anche in Liguria, dove si presentano col Pd. Dei partitini non parliamo per misericordia divina: erano piccoli, sono microscopici. Renzi, Calenda, Bonino e Leu, per non dire di Pap, escono quasi dai radar. Complessivamente, seppure il governo Conte esce per adesso rafforzato, la marcia del Centro-destra, o della Destra verso il potere non si arresta.
Hanno vinto invece decisamente – è un coro unanime! – i «governatori», di Centro-destra e di Centro-sinistra, le cui liste proprie e di appoggio hanno ovunque surclassato quelle dei rispettivi partiti di appartenenza, da De Luca a Emiliano, da Toti a Zaia, per la terza volta, quest’ultimo, Presidente del Veneto con un plebiscito bielorusso (mutatis mutandis, il suo quasi 77% ha ricordato l’80% di Lukashenko), col dato nuovo emergente che siamo di fronte a «vittorie personali», di conducator tronfi e trionfanti votati da elettori di destra e di sinistra (lo ha detto anche De Luca). Quale l’effetto politico e istituzionale? Che i gruppi di minoranza e di dissenso critico tendono a scomparire e le stesse opposizioni rischiano di essere delegittimate dal voto.
Non a caso, Ilvo Diamanti ha parlato di «presidenzializzazione della nostra democrazia. Che cambia». Ma cambia in peggio. Da parlamentare in presidenziale. Una deriva in corso da almeno 30 anni, che, purtroppo, accomuna Centro-destra e Centro-sinistra, da Cossiga Presidente «picconatore», ai Prodi e Veltroni bipartitici, uninominalisti, da Berlusconi «l’Unto del Signore», innamorato del Parlamentino aziendale dei capigruppo, a Renzi o Renzusconi «Sindaco d’Italia» e a Salvini, lo spiaggista dei «pieni poteri» antiparlamentari. Fino a Grillo l’Elevato, che a tutt’oggi, scambiando pipere per papere, proclama la sostituzione del dibattito in Parlamento tra maggioranze e minoranze con i clic digitali: la mitica democrazia diretta (diretta da chi? dall’Elevato? O dai suoi avatar?).
In questa deriva si è inserito il recente esito referendario, col Sì al taglio dei parlamentari. Un Sì votato all’unanimità da tutti i partiti, tutti indistintamente contaminati dal «populismo anti-casta», fiore all’occhiello innanzitutto dei 5 Stelle, ma anche della Destra fascio-lega-melonista. Ora si dice che il Sì esige dei «correttivi», a cominciare da una legge elettorale proporzionale pura. Ma si «corregge» qualcosa che è «sbagliato». Un Parlamento sforbiciato, ulteriormente depotenziato quantitativamente e qualitativamente, sarà infatti, – come è stato da più parti osservato, e indipendentemente da qualsiasi difficile buona nuova legge elettorale – inevitabilmente più servile e sottomesso ai capi-partito e al governo, che già da anni tende a porsi come un Esecutivo-Legislativo che «esegue» soltanto le leggi che egli stesso si fa. Sembra che, posto che non ci sia un’augurabile ma poco probabile inversione di tendenza, dalle nebbie del futuro (o del passato?) si vada purtroppo sempre più delineando la nera minacciosa sagoma del conducator nazionale. A quando un orribile Presidente-(S)Governatore d’Italia? ◘
Di Michele Martelli