Chiesa evangelica: Con Trump, Bolsonaro, Netanyahu e Bin Salman. Contro Papa Francesco e l’umanesimo laico europeo
L’Europa laica dei principi democratici, dei diritti e dell’umanesimo, i democratici e le sinistre sembrano non comprendere la pervasività, la crescita esponenziale e la pericolosità di quella internazionale evangelico-fascista che controlla direttamente o condiziona governanti e governi di alcuni dei Paesi più potenti al mondo: dagli Stati Uniti al Brasile, dalla Nigeria alla Corea del Sud. E molti altri. Non stiamo parlando dei fedeli che professano una fede protestante, o delle Chiese protestanti tradizionali che normalmente svolgono le loro attività nel rispetto della legge e dialogando con le altre fedi. Stiamo parlando di sette evangeliche neocatecumenali e neopentecostali che, il più delle volte, sfruttando la povertà materiale, culturale e umana di persone senza una vita degna e senza speranza, si sono costituite in vero e proprio partito transnazionale reazionario e di estrema destra, con propri governanti, con una disponibilità finanziaria enorme, con propri strumenti di comunicazione, con propri giornali e reti televisive, con proprie cliniche e università, con propri eserciti e con proprie milizie. Steve Bannon, la Certosa di Trisulti e il legame con l’estrema destra fascista e sovranista italiana parlano anche a noi. La maggior parte delle “case-madri” di questa galassia evangelico-fascista, titolari dell’imprinting politico-propagandistico”, è nata e risiede negli Stati Uniti. E oggi rappresenta anche lo strumento principale per promuovere e sostenere colpi di Stato contro le democrazie latinoamericane. Concettualmente, e per gli obbiettivi che perseguono, si tratta di gruppi medievali nel senso più deteriore. Favorevoli alla pena di morte, antimigranti, ferocemente contrari all’emancipazione femminile, al divorzio e all’aborto. Visceralmente omofobi, perseguitano omosessuali e minoranze Lgtb, attaccandoli fisicamente per strada o con violente campagne diffamatorie dove non governano. Con leggi repressive, che in alcuni Paesi arrivano a prevedere la pena di morte, dove governano. E sono violentemente oppositori delle comunità indigene in tutta l’America Latina, particolarmente in Brasile, Bolivia, Ecuador e Colombia. Considerano i riti ancestrali dei nativi, fondati su una filosofia naturalista e sul legame con la Madre Terra (Pachamama), riti satanici da combattere e da estirpare. I loro nemici principali sono la laicità, il secolarismo, l’autonomia della scienza, le donne che chiedono diritti, il libero pensiero e qualsiasi governo progressista. Ma soprattutto Papa Francesco, il nemico numero uno, espressione e promotore di quella Teologia Popolare che parla dei diritti degli ultimi, delle comunità indigene, della “querida Amazzonia”, della Madre Terra, dei migranti, dei diritti sociali, dell’ingiustizia di quel neoliberismo famelico e incontrollato che invece costituisce la base materiale e politica di riferimento di queste sette. Una presenza crescente; 660 milioni di fedeli diffusi in tutti i cinque continenti dispongono di risorse finanziarie immense, solo in minima parte derivanti dalle donazioni obbligatorie degli adepti, per la maggior parte di provenienza occulta ma, considerando i centri di potere ai quali le Chiese evangeliche sono legate, non sconosciuta. Il termine “Repubblica Evangelica” è ormai da tempo entrato nel linguaggio di analisti e giornalisti di inchiesta. Donald Trump, come avevano già fatto i predecessori Ronald Reagan e George W. Bush, sostiene in ogni forma possibile e si fa sostenere elettoralmente dalle Chiese evangeliche americane, che sono state determinanti per la sua elezione. Recente e solare conferma, la nomina da parte di Trump alla Corte Suprema dell’ultrareazionaria Amy Coney Barrett, favorevole alla pena di morte, all’uso delle armi, omofoba e antigay, affiliata alla setta evangelica People of Praise, gruppo fondamentalista che descrive il ruolo della donna come “handmaid”, serva, guidato da un consiglio di amministrazione composto da soli uomini e definito come la “autorità massima”. Così come gli 11 milioni di voti controllati dalle Chiese evangeliche sono stati determinanti per l’elezione dell’evangelico-fascista Jair “Messias” Bolsonaro, in Brasile. Non è inutile riaffermare che non stiamo parlando di un confronto tra conservatori e progressisti in un contesto democratico, ma di sette militarizzate, che vogliono cancellare i sistemi democratici con la forza di eserciti, polizie e apparati repressivi, che non hanno mai accettato il passaggio dai golpe militari degli anni '70/'80 a democrazie parlamentari fondate sul voto e sulla separazione dei poteri. In Brasile, oltre a gran parte delle forze di polizia, Bolsonaro può contare su milizie irregolari (si parla di circa 40.000 effettivi) che minacciano e uccidono gli oppositori, come nel caso di Marielle Franco e di tanti leader indigeni e comunitari. Controllano anche qualsiasi tipo di traffico, dalla droga alla prostituzione, dalle armi all’edilizia. Una presenza illegale che fa direttamente riferimento a Bolsonaro, ramificata in tutto il territorio nazionale, specialmente nei quartieri più poveri e nelle favelas, in nulla diverse, nei metodi criminali di controllo e nell’uso della violenza, dalle mafie e dalle organizzazioni criminali dei cartelli della droga. Le sette evangelico-fasciste sostengono con determinazione Israele, sono ostili ai musulmani, ma non disdegnano nella loro attività “politico religiosa” rapporti con le componenti islamiche più violente e oscurantiste, come la salafita, loro interfaccia speculare del campo islamico. «Siamo molto onorati di aver incontrato per la seconda volta in un anno il principe Mohammad Bin Salman per discutere di terrorismo, di libertà religiosa e di diritti dell’uomo» - dichiara a dicembre 2019 Joel Rosenberg, capo di una delegazione evangelica statunitense in Arabia Saudita. Pochi mesi dopo l’assassinio del giornalista Kamal Khashoggi per ordine dello stesso Bin Salman e poche settimane dopo la decapitazione di quaranta oppositori. Il rapporto tra il neopentecostalismo evangelico e l’islamofascismo salafita è particolarmente evidente in Nigeria, dove è diventata normalità la cogestione evangelico-islamista del potere: nelle ultime elezioni il musulmano Mohammadu Buhari, militare responsabile del colpo di Stato del 1983 e accusato di corruzione e di repressione degli oppositori, è diventato presidente con il sostegno della più potente setta evangelica della Nigeria, la Redeemed Christian Church of God. Due giorni dopo ha nominato suo vicepresidente Yemi Osinbanjo, capo della stessa setta evangelica. Il fenomeno dell’internazionale evangelico-fascista prescinde in tutta evidenza dalla religione e dalla politica. Quella che ci troviamo a fronteggiare è una rete di associazioni finalizzata alla conquista del potere. Con ogni mezzo. Una minaccia mortale per tutte le democrazie che non può più essere sottovalutata. E che deve essere smascherata, denunciata e combattuta. ◘
Di Luciano Neri