Ambiente. Intervista a Francesco Rosso
Viaggiando sulle colline di un angolo di Romagna, si incontra un’oasi di biodiversità davvero notevole: una manciata di ettari in cui l’ecosistema è rivitalizzato e dà frutti eccellenti. L’azienda in questione si chiama "Fattoria dell'Autosufficienza" e un nome così interessante merita un approfondimento; dunque parliamo con il fondatore Francesco Rosso.
Come è nata questa esperienza, a quali principi vi siete ispirati?
Mia madre dal 2008 mi spinse a ricercare una casa in campagna, con terreno, dove costruire una resilienza familiare, ossia un luogo autosufficiente per essere pronti ai cambiamenti che avremmo dovuto affrontare in futuro. Crisi economica, crisi sociale, crisi energetica, crisi ambientale, crisi idrica, crisi alimentare sono solo alcune delle probabili sfide che dovremo superare e per le quali non siamo mai stati così impreparati nella storia dell’umanità.
Se fino ad un secolo fa gran parte della popolazione era autosufficiente per i propri bisogni primari, oggi per la prima volta nella storia dipendiamo per tutto da grosse corporazioni economico/finanziarie estremamente fragili, oltre che disinteressate alla nostra qualità di vita, in quanto orientate a un unico grande obiettivo: il profitto.
Le grosse corporazioni oggi ci mantengono in vita con cibo industriale di pessima qualità e farmaci derivati dal petrolio, ci forniscono energia da fonti non rinnovabili e inquinanti. L’acqua spesso arriva da molto lontano e oggi, anche grazie a leggi statali indotte, anche la socialità e il divertimento si vivono sulle loro piattaforme online. Autosufficienza per noi vuol dire liberarsi da questa pericolosa dipendenza.
La ricerca ci ha portato nel 2009 ad acquistare i terreni che oggi sono La "Fattoria dell'Autosufficienza" e, essendo lo spazio molto più ampio di quello che ci occorreva, abbiamo deciso di creare un progetto più grande: realizzare il cambiamento che avremmo voluto vedere nel mondo e rendere questo luogo una fonte d’ispirazione.
Per partire ci è venuta in supporto la permacultura, un modo per progettare insediamenti umani sostenibili nel tempo. Le sue etiche fondamentali sono diventate anche le nostre: cura della terra, cura delle persone e condivisione del surplus.
Così piano piano i ruderi sono stati trasformati in strutture ecologiche e a risparmio energetico, i campi abbandonati oggi abbondano di frutti di ogni tipo, la vita e la biodiversità hanno preso il posto della decadenza.
Quali difficoltà ha comportato la pratica della permacultura e quali scoperte?
La permacultura in Italia è ancora poco praticata, si tratta quindi di percorrere strade inesplorate con mappe di territori lontani e diversi. Questo mi ha portato a commettere tanti errori, ma allo stesso tempo è stato ed è un viaggio stupendo. Ho scoperto che la progettazione e la realizzazione di un paesaggio permaculturale è ciò che più mi permette di esprimere la mia creatività. La permacultura e la "Fattoria dell'Autosufficienza" in questi anni sono diventate realmente il cambiamento che vorrei vedere nel mondo.
L’autosufficienza cui mirate è stata raggiunta? Su quali fronti?
Penso spesso all’autosufficienza come alla felicità: non è qualcosa che si raggiungerà mai al 100%, ma è un tendere, un cercare di avvicinarvisi sempre di più.
Oggi in Fattoria consumiamo solo l’acqua delle nostre sorgenti, il riscaldamento è affidato a caldaie e stufe che bruciano la nostra legna e d’estate l’acqua sanitaria calda è ottenuta grazie ai pannelli solari. Coltiviamo cereali, legumi, verdura, frutta, erbe aromatiche, ecc. senza apporti di fertilizzanti o pesticidi.
Parte dell’energia elettrica che consumiamo proviene dal nostro impianto fotovoltaico e tutte le strutture che abbiamo realizzato sono a basso consumo energetico.
Per la nostra salute, ma anche per quella di animali e vegetali, non ci avvaliamo di medici e farmaci, ma ci affidiamo principalmente alla ricerca dell’equilibrio e del potere innato di autoguarigione. Nei prossimi anni vogliamo sicuramente migliorare sul fronte energetico per diventare completamente indipendenti e ridurre ulteriormente l’utilizzo di fonti fossili, in particolare per i mezzi agricoli. Dal punto di vista alimentare vorremmo riuscire a trasformare internamente gran parte di ciò che produciamo ed estendere la stagione di produzione grazie a serre riscaldate senza carburanti. Rimane ancora tutta la parte legata ai detersivi, al vestiario, ecc., sulla quale dobbiamo migliorare. La creazione di una comunità e la cooperazione degli animali sono elementi fondamentali per raggiungere l’obiettivo dell’autosufficienza, perciò saranno sicuramente aspetti sui quali investire nei prossimi anni.
Come potrebbe essere replicata un’esperienza di questo tipo?
Il progetto ha richiesto fin dal principio grossi investimenti e ne richiederà altrettanti per arrivare a compimento. Questo lo rende difficilmente replicabile nella sua interezza per le famiglie, mentre le singole parti sono già state d’ispirazione per altri progetti che sono nati prendendo spunto dal nostro lavoro.
Si può trarre ispirazione dalle strutture per i materiali utilizzati o per come sono state concepite, si può cogliere l’essenza della biodiversità e della multifunzionalità in agricoltura, si può sperimentare una diversa idea di turismo, si possono vedere realizzate food forest, terrazzamenti, raccolte d’acqua, policolture. Ogni singola parte è coerente con il tutto e può essere d’ispirazione per il proprio progetto.
Quale messaggio vorrebbe trasmettere ad un agricoltore vincolato (per non dire sottomesso) alle regole del mercato globale e che vede nell’agricoltura intensiva l’unica forma praticabile?
Per tornare ad un’agricoltura sana il prerequisito fondamentale è rimettere in contatto diretto il contadino con il consumatore finale. Stando alle regole del mercato globale, vince sempre la grande distribuzione organizzata, a scapito del contadino e del consumatore.
Per fortuna ci sono sempre più agricoltori che vengono a visitarci e che hanno già intrapreso la strada della vendita diretta.
Scegliere di non intervenire con concimi e pesticidi (anche naturali), ma affidarsi esclusivamente all’autoregolazione e all’autoguarigione per molti è un passo estremo ma l’esempio tangibile, per un agricoltore, è più forte di qualsiasi studio scientifico.
I nostri terreni ogni anno diventano più produttivi e più ricchi. Lo stesso non accade nell’agricoltura industriale, che invece porta ad un costante impoverimento. Presto non sarà più necessario convincere nessuno che l’unica via percorribile è quella della collaborazione con la natura.
Oltre ad applicare la permacultura fate molta divulgazione, avete anche altre attività?
Ogni fine settimana organizziamo o ospitiamo seminari intensivi su tematiche quali l’autosufficienza, la permacultura, l’agricoltura. Il sabato e la domenica accompagno personalmente gruppi in visita alla Fattoria dove illustro il nostro lavoro. Oltre ad essere azienda agricola siamo anche agriturismo. Abbiamo camere per l’ospitalità, piazzole per chi ama il campeggio e ristorante per poter gustare i nostri prodotti. ◘
Di Romina Tarducci