Sabato, 20 Aprile 2024

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Conoscenza e felicità

DOSSIER:  Raimon Panikkar: un pensatore profetico

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In una conversazione con il Dalai Lama, il quale sosteneva che c’è in tutti gli uomini un anelito alla felicità, Panikkar gli osserva che esiste un’altra forma inscritta nella natura: il desiderio di potere. Nella Metafisica di Aristotele c’è una frase significativa: «Tutti gli uomini per natura vogliono conoscere», ma non si identifica con la scienza, è soprattutto godere di poter essere coscienti di quello che sai. Questa aspirazione al potere sembra innata nell’uomo: egli vuole conoscere i segreti della scienza, i misteri del cosmo, se stesso e tante altre cose. E sapere vuol dire gustare, assaporare.

Inoltre l’uomo non può conoscere tutto, perché non ci è dato. Occorre accettare i limiti umani, ma non si può arrivare a una consapevolezza del tutto. Togliere tutti i veli del mistero è la hýbris di cui parlavano i greci. La veste rivela nascondendo e la bellezza consiste nel fatto che c’è un velo che rivela e nasconde e nascondendo rivela. La tentazione della ricerca è di togliere tutti i veli del mistero.

Per Panikkar non si può reprimere la sete di conoscenza e nemmeno ridurla a un impulso irrazionale. È una tensione che va coscientizzata, come ricorda il dialogo fra il monaco Râdha e il Buddha. «Oh, Râdha, tu non conosci i limiti della tua domanda». Per domandare e investigare razionalmente devi essere cosciente che il metodo che usi è già limitato, che chiedi una cosa limitata e che solo una risposta limitata può convenire a una risposta limitata.
È necessario recuperare tutto il dinamismo del pensiero simbolico che è più ampio e universale del concetto. Il simbolo non è mai univoco come il concetto, è sempre analogo e spesso è stato dimenticato. È polisemico, non può essere manipolato con la pretesa di oggettività e di immutabilità, perché lo stesso simbolo può significare una cosa per me e una diversa per l’altro. Perché nasca l’accordo è necessario includere il cuore, superando la dicotomia tra conoscenza e amore. Parlando di universali culturali, Panikkar ricorda un episodio che gli è accaduto a Vārānaṣi: alcune scimmie si sono introdotte nella stanza e hanno mandato all’aria tutte le sue carte. Ma più sorrideva con un atteggiamento accogliente, più esse mostravano i denti e le unghie in segno di guerra. Questo simbolo, che per gli esseri umani è segno di pace, non lo era per le scimmie. Nemmeno tra gli uomini ci sono simboli culturali universali. ◘

Brano tratto dal libro Raimon Panikkar uomo plurale di Achille Rossi, Ed. l'altrapagina


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