Cile. I movimenti cancellano la Costituzione di Pinochet
Cile, Il 78,3% dei cittadini al referendum ha votato “apruebo”, il 21,7% “rechazo”. La Costituzione della dittatura è stata cancellata. Non dai partiti, ma dai cittadini, dai giovani, dai movimenti sociali, indigeni, femministi raggruppati nel Movimiento Ciudadano de Independientes Por la Dignidad del Chile e nell’Assemblea Costituyente Ciudadana. È stata la vittoria di giovani e movimenti che da un anno manifestano per chiedere la cancellazione definitiva degli effetti, delle leggi e della Costituzione della dittatura di Pinochet, una delle più criminali della storia continentale. Si sono mobilitati contro il modello economico neoliberista cileno portato avanti da tutti i governi che si sono succeduti, di destra e di sinistra.
Si sono mobilitati contro il governo pinochetista di Sebastian Pinera, pagando un prezzo altissimo in termini di morti, feriti, arrestati, torturati, accecati con pallottole di gomma a bossolo metallico da un esercito fascista che è tornato violento nelle piazze e che è sempre rimasto, nei vertici, nei metodi, nelle finalità e nei privilegi, lo stesso della dittatura. Con questo modello neoliberista, che al di là dei dati macroeconomici fa del Cile uno dei paesi più diseguali e ingiusti del continente, il Partito socialista e i governi Lagos e Bachelet si sono compromessi, lo hanno assunto, avendo come finalità quella di gestirlo non di cambiarlo. I movimenti di oggi che hanno imposto il referendum vogliono invece cambiarlo, radicalmente e per sempre, e sono partiti dall’impianto più oppressivo e fascista: la Costituzione del 1980 imposta a uso e consumo di Pinochet, della dittatura e del blocco sociale che l’ha espressa e sostenuta. Una mobilitazione, quella dei movimenti, partita un anno fa dalla capitale ma che oggi registra una presenza vivace e organizzata su tutto il territorio cileno, da Arica a Punta Arenas. Le rivolte prima e il plebiscito poi, con un risultato che manda un segnale inequivoco, evidenziano da una parte la crisi di legittimità di un modello sociale neoliberista interamente dominato dal mercato e dall’altra la crisi di una classe dirigente partitocratica di destra e di sinistra che ha governato il Cile negli ultimi 30 anni e che ha trovato un comune denominatore nella accettazione del modello neoliberista e nell’accordo tra partiti, gruppi finanziari e transnazionali.
Il Partito Socialista di Lagos e Bachelet è qualcosa di molto diverso dal punto di vista etico, politico e programmatico dal Partito Socialista di Allende. Che le nazionalizzazioni le aveva avviate e che per questo è stato ucciso. La delegittimazione dei partiti è stata solare con il voto sul secondo quesito, quello sulla scelta dell’organismo incaricato di redigere la nuova Costituzione. Una composta dal 50% di eletti e per l’altra metà da parlamentari attualmente in carica. La seconda interamente composta da eletti dai cittadini con elezioni da tenere il 4 aprile dell’anno prossimo. Ha vinto questa seconda con un responso ancora più plebiscitario, 79% contro il 21%. I movimenti sono consapevoli che l’accordo siglato il 15 novembre tra tutti i partiti, di governo e di opposizione, è il tentativo di mantenere lo status quo e di controllare il processo costituente. Ma con una vittoria dei movimenti così ampia e un risultato così evidente l’obbiettivo perseguito dai partiti non sarà così scontato. I movimenti si stanno preparando, con la costituzione di assemblee costituenti a tutti i livelli territoriali, in tutte le città e nei quartieri, per superare la rappresentanza e la mediazione dei partiti e per eleggere propri rappresentanti all’assemblea costituente. Con un obbiettivo che non è solo quello di approvare una nuova Magna Charta, ma anche di affermare rivendicazioni più profonde : forme di democrazia diretta, il carattere plurinazionale dello Stato, il controllo da parte dei popoli originari delle risorse naturali, l’uguaglianza di genere, la gestione statale dei servizi sanitari, educativi, pensionistici, una educazione gratuita e per tutti, il riconoscimento delle ricchezze del Paese, a partire dall’acqua, come beni comuni di tutti i cileni, un nuovo sistema di diritti del lavoro e di welfare che parta dai bisogni dei cittadini e non dai profitti dei privati e delle multinazionali. La battaglia “por el cambio” in Cile, con la vittoria al referendum, è appena cominciata. ◘
Di Ferdinando M. Rojas