Trasimeno. Il lago sottoposto agli effetti dei cambiamenti climatici e degli inquinanti sta scomparendo
Con un diametro medio di circa 12 chilometri, una superficie di circa 124 km quadrati e una profondità media di circa 4,5 metri, il lago Trasimeno si distingue marcatamente dagli altri laghi dell’Italia centrale.
Quando, in una situazione di normalità, il livello delle acque raggiunge lo zero idrometrico di 257,5 metri sul livello del mare, per comprenderne la morfologia e apprezzarne la tipicità di assai raro ed esteso lago laminare, occorre ridurne mentalmente mille volte le dimensioni reali.
Come ha scritto Guido Cantarelli nel bel saggio Addio al Trasimeno, pubblicato per la rivista "Diomede", «ecco allora apparire ai nostri occhi una lama d’acqua circolare del diametro di 12 metri e dello spessore di 4,5 millimetri». Una sottilissima “pozzanghera” che, tra periodi di siccità e periodiche inondazioni, ha resistito per millenni all’evaporazione naturale e il cui equilibrio, pur nelle contese tra interessi contrapposti, ha reso possibile la vita delle popolazioni che nel corso dei secoli ne hanno abitato il territorio.
Se prima i Romani, poi nel 1422 Braccio da Montone e successivamente, nella seconda metà del Cinquecento, Sisto V tentarono di far abbassare il livello del lago a causa della insalubrità delle sue sponde, a metà dell’Ottocento il Trasimeno rischiò addirittura di sparire quando proprietari terrieri ne proposero il prosciugamento.
Liberate dalle acque di un bacino la cui abbondanza di pesce era fonte di reddito per centinaia di famiglie di pescatori, le terre diventavano ora disponibili per la cerealicoltura e gli appetiti dei possidenti. Fu il senatore Guido Pompilj che riuscì a raggiungere un accordo tra le fazioni in lotta con la creazione di un canale artificiale: il lago fu salvato, non la sua capacità di trattenere l’acqua negli anni di siccità.
Nella seconda metà del Novecento la scarsità di precipitazioni, gli impaludamenti, le occupazioni delle rive naturali per le coltivazioni e i prelievi per le irrigazioni ne hanno compromesso l’equilibrio e minato progressivamente le attività legate alla pesca. La storia del lago ora fa i conti con le condizioni poste dal cambiamento climatico e il quadro, nell’anno della pandemia, si presenta fosco. Intanto i fragili equilibri della fascia palustre, fondamentali per la tenuta dell’ecosistema, sembrano completamente saltati. Il taglio e la ripulitura dei canneti, così come avveniva decenni orsono a opera dei pescatori preoccupati di ottenere la migliore circolazione dell’acqua e quindi del pesce, al di là di una sperimentazione sporadica che ne avrebbe dovuto regolare la crescita, sono stati abbandonati. Le rive a chi le guarda appaiono ormai lasciate a se stesse. Molti grandi alberi, morti e caduti a causa delle tempeste di vento sempre più insistenti, rendono molte sponde inaccessibili. Mai come in questa estate si è potuta vedere una così imponente proliferazione di alghe che si sono sommate alle grandi quantità di materiali organici in decomposizione accumulatisi sui fondali, contribuendo così in modo massiccio alla eutrofizzazione delle acque e a morie di pesci. Fenomeni visibili lungo il tratto, ad esempio, che va da Monte del Lago fino a Torricella o da Borghetto di Tuoro fino a Castiglione del Lago, dove la fascia spondale in molti tratti è ridotta, con la caduta di tronchi e di rami, a un groviglio inestricabile e maleodorante.
Le profonde trasformazioni in atto hanno dato poi luogo a mutamenti significativi della biodiversità tipica del lago, dove sono molte le specie, tra la fauna ittica e quella avicola, che hanno smesso di abitarne il territorio. Al loro posto, introdotti per il sollazzo dei cacciatori, cinghiali che nottetempo si vanno ad abbeverare lungo le rive, maiali che popolano gli allevamenti del circondario e le cui deiezioni vanno a finire nei torrenti e nei canali che sfociano nel lago, gabbiani che volteggiano in alto provenendo dalla grande discarica di Borgogiglione e che poi si radunano lungo le banchine dei porticcioli.
E così la crisi idrica dovuta alla diminuita piovosità conseguente ai cambiamenti climatici va ora a sommarsi al degrado ambientale, alla mancata manutenzione di fossi e canali spesso ostruiti, alle centinaia di dighe artificiali e di invasi per uso agricolo, all’uso improprio di una risorsa preziosa come l’acqua che va a finire nelle piscine delle residenze private.
E nulla di ciò che era davvero importante fare per l’ecosostenibilità dei luoghi è stato fatto.
In Pescatori del Trasimeno - Storie di vita e di pesca, il ponderoso volume pubblicato da Morlacchi Editore, che con ampio corredo fotografico documenta la vita dei pescatori di professione, l’autore, il fotografo e ambientalista Alvaro Masseini ha avuto il merito di mettere a fuoco i profondi cambiamenti che hanno interessato il Trasimeno negli ultimi anni.
«L’istituzione del Parco Nazionale del Trasimeno – scrive Masseini – sarebbe stata un’occasione eccezionale per una riconversione all’agricoltura biologica, almeno dei terreni rivieraschi compresi dentro la strada provinciale che perimetra il lago. Invece non solo il Parco non arriva a detto naturale confine, ma estese monocolture di mais, girasoli e grano fertilizzati con concimi chimici, insieme a diserbanti e insetticidi, continuano a portare nelle acque “vecchie” e stagnanti del Trasimeno, il loro carico inquinante. Se a questo si aggiunge la lenta ma progressiva privatizzazione e alterazione delle sponde dovuta a darsene, campeggi, muri perimetrali e strutture turistiche in genere, il Trasimeno appare oggi accerchiato da elementi che non gli giocano a favore». Al cospetto della evidenza dei fatti il gracidio delle rane della politica ha preso ultimamente a intonare un insolito coro in concordia di accenti e così maggioranza e opposizione del Consiglio Regionale dell’Umbria sono tornate ad invocare “misure indispensabili per risanare e valorizzare il Trasimeno”.
«È la prima volta che si presentano atti bipartisan per risolvere i problemi del lago» ha dato il là il Presidente Mario Squarta, invocando l’adozione, guarda un po’, di tutte quelle misure che negli anni o nei decenni nessuno è stato in grado di prendere.
Quando i buoi sono, ormai, irrimediabilmente scappati dalla stalla. ◘
di Maurizio Fratta