Grazie Liliana

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Testimonianze: L'ultimo incontro pubblico di Liliana Segre a "Rondine Cittadella della pace"

malato terminale

Liliana Segre è amica di Rondine Cittadella della Pace, un piccolo borgo sull’Arno in provincia di Arezzo, dove Franco Vaccari e altri amici hanno dato vita a quell’eccezionale esperienza che racconta le storie di nemici che si incontrano e si parlano. In oltre venti anni Liliana Segre è tornata più volte a Rondine, ha incontrato gli studenti delle scuole della città e della provincia, come avvenne sabato 23 novembre 2002. Allora – dopo l’incontro – una studentessa di prima (Irene Fiordelli) del Liceo “Città di Piero” le scrisse e le rivelò di essersi sentita per qualche ora dentro il vagone, nel lager, partecipe alla marcia della morte che si trasformò in marcia verso la vita. Irene così si rivolgeva a Liliana: «Lei ci ha insegnato che nella vita i momenti più difficili possono essere superati, ci ha insegnato a provare pietà verso gli oppressori, a schierarsi sempre dalla parte delle vittime». E Liliana le rispondeva: «Grazie di aver raccolto il messaggio della mia sofferta testimonianza. Sono parole come le tue che mi danno la forza di continuare il cammino della memoria, a volte molto faticoso. Ti ho sentita “candela della memoria” e ti abbraccio. Abbraccio idealmente tutti i ragazzi e le ragazze che quel giorno mi hanno ascoltata con tanta significativa attenzione».

Il borgo di Rondine, alla presenza delle massime autorità del Governo e del Parlamento italiano, della Regione toscana e del Comune aretino, il 9 ottobre 2020 ha registrato l’ultima testimonianza pubblica (trasmessa da Rai 3 e in streaming) che Liliana Segre, senatrice a vita sopravvissuta alla Shoah, ha affidato alle scuole collegate da tutta Italia, ai ragazzi del Quarto Anno Liceale di Eccellenza e ai giovani dello Studentato Internazionale provenienti da terre insanguinate dai conflitti. A 90 anni, dopo aver testimoniato in centinaia di incontri nelle scuole italiane, parlando della sua dolorosa esperienza ai tanti studenti e studentesse, ai docenti e al personale scolastico, Liliana Segre ha ripercorso ancora una volta con dolore, ma con lucidità, gli anni della sua infanzia e della prima adolescenza, l’espulsione a 8 anni (1938) perché ebrea dalla scuola pubblica, il tentativo di fuga con il babbo verso la Svizzera (era il 10 dicembre 1943), il respingimento sul confine elvetico, l’arresto e il trasferimento nel carcere di San Vittore a Milano, il disumano trasporto ferroviario: era il 30 gennaio 1944. Il vagone parte dal Binario 21 della Stazione centrale di Milano e giunge al lager di Auschwitz- Birkenau, in Polonia, dove si realizzava la cosiddetta soluzione finale della questione ebraica. Anche il babbo di Liliana finì, come tante inermi vittime, nel forno crematorio (27 aprile 1944), mentre la figlia, tatuata con il numero di matricola sul braccio (75190), trascorse 15 mesi nel campo, costretta a lavorare nella fabbrica di munizioni dove incontra una giovane francese, Janine, finita anche lei nel forno crematorio perché aveva subìto un incidente alle dita di una mano durante il lavoro in fabbrica. Dopo un lungo e penoso trasferimento dal campo di Auschwitz a quello di Malchow, Liliana, ridotta a 32 chili, venne liberata il 1° maggio 1945: fu tra i 25 sopravvissuti a tornare a Milano.

grazie liliana1L’ultima testimonianza pubblica di Liliana Segre, rivolta agli studenti italiani e ai loro docenti, ai giovani di Rondine Cittadella della Pace, all’Europa e al mondo intero, ha confermato la coerenza del suo impegno civile, la lucidità delle sue analisi critiche, la forza morale e culturale del suo messaggio. Le parole usate a Rondine riflettono la lucidità e la coerenza delle sue scelte, documentano l’impegno a denunciare la disumanità di ideologie come il nazismo e il fascismo, testimoniano la continuità di un messaggio chiaro e forte in quasi trent’anni di incontri con gli studenti e con i giovani provenienti dai luoghi di guerra e dalle scuole italiane, che hanno popolato e popolano il borgo di Rondine Cittadella della Pace; Rondine ha scelto di dedicare l’Arena, appena realizzata, alla cara amica Janine, al cui ricordo è intestato il Bando di Concorso “Voltati, Janine vive”, rivolto agli studenti delle scuole italiane di ogni ordine e grado con l’obiettivo di «educare le nuove generazioni al rispetto delle differenze, contro ogni forme di violenza e di discriminazione, e di conservare sempre viva la memoria della Shoah nelle scuole». È il significato profondo di quella che è stata definita la “pedagogia civile di Liliana”.

Hanno colpito le parole pronunciate a Rondine, che resteranno scolpite nella memoria di tutti: «Sono stata una clandestina e richiedente asilo, so cosa vuol dire essere respinti». «Noi dovevamo dimenticare il nostro nome … eravamo un numero … il mio era 75190». «I bulli presi da soli hanno paura. Quelli che ho incontrato io si sentivano forti e invincibili, giovani nazisti ariani». «Non erano della razza umana». «E anche i prigionieri finiscono per diventare disumani, egoisti e combattere per una coperta che protegga dal freddo». «Mi chiedono sempre se io ho perdonato e io rispondo di no. Non ho mai perdonato, non ci riesco». C’è stato un momento in cui anche Liliana avrebbe potuto uccidere: «Quando il capo dell’ultimo lager, un assassino privo di umanità, buttò la pistola a terra e indossò abiti civili per darsi prigioniero agli americani, per un attimo pensai di raccoglierla. Ma non lo feci. Capii che io non ero come gli assassini nazisti. Da allora sono diventata donna libera e di pace». ◘

di Anna Matteo Martelli