Frei Betto è una delle voci più autorevoli della Teologia della Liberazione. Teologo, scrittore, impegnato nel sociale per liberare milioni di persone dalla povertà, ha collaborato al programma FameZero all’epoca del governo Lula. Quando è scoppiato il coronavirus Frei Betto ha scritto una lettera pubblica per denunciare i crimini di Bolsonaro, dicendo che in Brasile sta avvenendo un genocidio. Le intenzioni del governo erano chiare: lasciare morire gli anziani e i poveri per risparmiare sulla previdenza e bloccare i fondi destinati alla salute delle popolazioni indigene. La denuncia di Frei Betto è stata inoltrata al Consiglio dei Diritti Umani dell’Onu, al Tribunale dell’Aja, ai governi europei e alle banche e imprese che fanno affari col Brasile.
In un momento così drammatico per la situazione sanitaria internazionale, l’altrapagina chiede a Frei Betto cosa pensa dell’ultima enciclica di Papa Francesco sulla fraternità universale.
«Papa Francesco ha pensiero e azioni molto coerenti. L’enciclica Fratelli tutti è in sintonia con Laudato si’ e con i tre discorsi che ha tenuto quando ha ricevuto i leaders dei movimenti popolari (due volte a Roma e una a Santa Cruz de la Sierra). L’irruzione della pandemia ha spinto il Papa ad approfondire la critica al sistema capitalista neoliberale e acuire la sua difesa dei diritti degli esclusi».
Papa Francesco mette al centro gli scartati dalla società. È una prospettiva che sovverte l’ordine sociale al quale siamo abituati e creerà lacerazione nel mondo occidentale?
«Come raccomanda l’Apocalisse, papa Francesco non è un uomo tiepido, né caldo né freddo. È un uomo di posizioni definite, coerenti con la sua fedeltà al carisma di San Francesco di Assisi e con la sua attenzione per i poveri. Questo disordine sociale, contraddistinto da tanta disuguaglianza economica, ha bisogno di essere capovolto».
Chi sono oggi gli abbandonati sul ciglio della strada e chi riesce ad accoglierli e sostenerli?
«Sono gli 829 milioni di affamati, i rifugiati, i discriminati (donne, omosessuali, i neri ecc.), sono i 3 miliardi di persone che vivono in insicurezza alimentare».
Francesco pensa a un mondo aperto e solidale al di là delle frontiere degli Stati. È un sogno possibile?
«Francesco è, oggi, il più importante capo di Stato del mondo. E nessun altro ha la sua statura morale ed etica. Assume con coraggio la sua missione evangelica di essere la voce di coloro che non hanno voce!»
L’enciclica parla con insistenza della politica. Cosa intende il Papa quando parla dell’amore politico?
«In tutto c’è politica, dalla qualità del caffè che prendiamo la mattina fino all’obbligo dei poveri di uscire per strada e ammassarsi nei trasporti collettivi, impossibilitati a osservare la quarantena o la reclusione, per assicurarsi il loro pane di ogni giorno. Amore politico è lottare per cambiare le strutture ingiuste che provocano tanta disuguaglianza sociale ed esclusione. Per questo Fratelli tutti ha come perno centrale la parabola del Buon Samaritano, che esige che noi cristiani cambiamo la nostra direzione di vita, in funzione di coloro che sono caduti al margine della società».
Cosa pensa della globalizzazione attuale che il Papa tende a squilibrarne gli effetti disgreganti?
«In verità non c’è globalizzazione, c’è globocolonizzazione, il dominio del mondo da parte delle nazioni che formano il G8. La disgregazione è già un fatto. Il mondo dei ricchi segrega il mondo dei poveri».
Francesco insiste sul dialogo, sull’amicizia sociale, sul perdono, sul recupero della memoria, ha in mente una nuova cultura?
«Ciò che viene proposto da Francesco è la cultura del Vangelo. Lo stesso che veniva proposto dai Padri della Chiesa nei primi secoli dell’era cristiana, e che tuttavia non è stato mai ascoltato. Ma è necessario insistere e, soprattutto, trasformare le intenzioni in azioni trasformatrici. Dentro il capitalismo l’umanità non ha salvezza. Abbiamo tutti bisogno di cercare l’altro mondo possibile!» ◘
di Achille Rossi