Martedì, 16 Aprile 2024

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I rischi sono altissimi

Ambiente e salute. Intervista al dottor Luigi Castori, oncologo, sull'allevamento intensivo di Petrelle

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Parliamo con il dott. Luigi Castori, oncologo medico presso l'U.O. di Oncologia dell’Ospedale di Città di Castello e Presidente del comitato CAPEV Petrelle e Val Minima, dell’impatto degli allevamenti avicoli sull’ambiente e la salute della popolazione, sottoponendogli alcune domande in merito ai rischi che potrebbe comportare l’insediamento avicolo a Petrelle.

Dott. Castori, qual è in linea generale l’impatto di un allevamento avicolo sull’ambiente e sulle persone?

Un allevamento avicolo con un alto numero di polli ha un importante e preoccupante impatto sulla salute della popolazione residente nella zona limitrofa e non solo. In particolare per quanto riguarda categorie come bambini, anziani o persone con patologie preesistenti.

Nello specifico di cosa stiamo parlando?

Nello specifico parliamo di emissioni nocive all’uomo, scaturenti principalmente dalla “pollina”, prodotto delle deiezioni dei polli, che viene in parte dispersa direttamente sul terreno, in parte stoccata in apposite vasche, ma anche rilasciata nelle acque reflue dell’allevamento. I gas prodotti dalla pollina sono rappresentati da ammoniaca, idrogeno solforato, metano, biossido di carbonio e composti volatili organici. Alcune di queste sostanze restano nell’atmosfera per giorni e possono essere trasportate a centinaia di chilometri di distanza.

L’ammoniaca rilasciata nell’atmosfera, reagendo con altre particelle come ossido di azoto e zolfo, promuove la formazione di polveri sottili, il cosiddetto “particolato” più noto come PM 10, principale causa d’inquinamento nelle grandi città industriali.

In che cosa si traduce il rilascio del particolato in atmosfera?

Nel caso particolare di un allevamento avicolo si producono polveri ultrasottili PM 2.5, che penetrano ancora più in profondità nell’apparato respiratorio fino a raggiungere gli alveoli polmonari e da lì penetrare nel circolo sanguigno. Studi scientifici hanno dimostrato che il particolato è responsabile di un aumentato rischio di malattie cardiache e polmonari, come le broncopneumopatie e il tumore del polmone. Sono stati segnalati anche effetti neurotossici sul Sistema Nervoso Centrale (SNC). Nelle aree urbane, un’elevata concentrazione di polveri sottili è dimostrata essere in relazione con una riduzione dell’aspettativa di vita.

Si sono già verificati casi del genere?

Nella valle di San Joaquin in California la presenza di elevate quantità di polveri sottili prodotte da allevamenti zootecnici è stata ritenuta responsabile di un incremento di 1200 morti all’anno nella popolazione residente (Renee Sharp and Bill Walker, Environmental Working Group, Particle Civics: How Cleaner Air in California Will Save Lives and Save Money 2002).

Quali altri danni può causare il particolato?

Sospeso nell’aria con la pioggia precipita nel terreno e per l’azione dei batteri viene convertito in nitrati, che possono penetrare nelle acque superficiali e sotterranee (Santoso et al. 1999). Un’elevata concentrazione di nitrati è responsabile del fenomeno di eutrofizzazione delle acque di torrenti e dei fiumi, provocando la loro“morte biologica” .

Anche a Petrelle potrebbero verificarsi le problematiche che lei delinea?

Certo, nella realtà di Petrelle un allevamento di quelle dimensioni si tradurrebbe in un danno irreparabile al torrente Minima che dista solo 150 metri dall’allevamento avicolo e sul quale s’innesta il torrente Aiale che attraversa proprio l’area che verrà destinata al pollame. Il torrente Minima attualmente risulta classificato in categoria A per la riconosciuta salubrità delle sue acque e per la presenza di specie ittiche rare come i salmonidi.

I nitrati inoltre possono raggiungere anche le falde acquifere profonde e i molti pozzi che si trovano a poche centinaia di metri di distanza dall’allevamento. La popolazione di Petrelle-Sterpeto attinge tuttora acqua da questi pozzi per uso alimentare e per l’irrigazione dei propri orti. I nitrati, assunti con la dieta in quantità elevate possono convertirsi in nitrosammine, sostanze correlate ad un aumentato rischio di tumore dell’esofago e dello stomaco.

È da notare che entrambi questi tumori hanno già una elevata incidenza in Alta Valle del Tevere, rispetto ad altre aree di Italia e del mondo.

Tutto ciò che lei ci spiega non dovrebbe essere preso in considerazione prima di rilasciare permessi da parte delle istituzioni preposte?

Direi proprio di sì. Ormai è chiaro, gli allevamenti avicoli rappresentano un rischio per la salute collettiva anche dal punto di vista microbiologico. Proprio in tali strutture si possono sviluppare focolai di influenza aviaria: un’infezione virale molto contagiosa che colpisce e viene trasmessa dagli uccelli domestici quali polli e tacchini, ma anche da quelli selvatici.

Il virus aviario di tipo A e in particolare i ceppi H1,H2,H3 (N1 o N2) possono contagiare anche l’uomo. La trasmissione è di tipo orofecale e cioè avviene tramite le feci e l’acqua contaminata.

I sintomi per l’uomo possono variare da un quadro lieve simil-influenzale fino ad arrivare a forme caratterizzate da gravi infezioni polmonari con rischio per la vita. In passato ricordiamo almeno 3 pandemie da virus della influenza aviaria: la Spagnola nel 1918-19; l’Asiatica del 1957-58; la Hong Kong 1968-69 e, infine, la Suina del 2009-2010, che dal Messico si è diffusa in più di 80 Paesi contagiando milioni di persone.

Le attività avicole industriali che prevedono una fase di allevamento all’aria aperta sono maggiormente a rischio di diventare fonti di questi virus potenzialmente veicolati dagli uccelli selvatici. Tra l’altro nelle aree limitrofe agli allevamenti zootecnici si è registrato un aumento di 80 volte del numero di mosche e di zanzare, roditori e uccelli, rendendo più probabile la diffusione di questo tipo di malattie infettive. Per questo motivo le normative per la realizzazione di tali strutture prevedono recinzioni e l’istallazione di doppie reti antipassero, per ridurre il rischio di contatto con la selvaggina locale.

Un altro aspetto di non minor rilevanza è rappresentato dal forte impatto dell’inquinamento odorigeno sulla popolazione residente.

Dati scientifici hanno dimostrato che l’intenso “cattivo odore” è responsabile di un’importante riduzione della qualità di vita per la popolazione residente nelle zone limitrofe. Questo provocherebbe disagi di ordine psicologico: depressione, imbarazzo sociale per la riduzione del numero delle visite di parenti e amici. A tal proposito è da segnalare che, in North Carolina (USA), una sentenza del 2018 ha condannato la ditta Murphy Brown a pagare 50 milioni di dollari (225.000 dollari per persona) per danni alla popolazione limitrofa ad un allevamento zootecnico a causa del cattivo odore, dell’infestazione di mosche e poiane. Questo fatto senza precedenti rappresenta un forte segnale inviato ai giganti dell’industria zootecnica intensiva. Azioni legali simili sono tuttora in corso in altri luoghi in tutto il mondo.

Per non parlare poi della quieta val Minima che verrà invasa dal traffico.

In effetti la qualità di vita in val Minima verrà ulteriormente danneggiata dal costante transito di mezzi di trasporto pesanti, necessari per la conduzione di questo tipo di allevamenti, in un contesto di viabilità caratterizzato da un’unica e stretta strada che attraversa i paesi di Petrelle e Sterpeto. Ma non solo, questo tipo di problematica porta con sé anche conseguenze sul piano economico: svalutazione del prezzo delle case, dei terreni e un drastico impatto sull’economia degli agriturismi e delle case vacanze, che sono molto presenti nella area della val Minima. ◘

Le attività avicole industriali che prevedono una fase di allevamento all’aria aperta sono maggiormente a rischio di diventare fonti di virus

di Andrea Cardellini


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