Personaggi. Intervista al Professor Daniele Santori
Pochi conoscono la vita e l’opera di Niccolò Aggiunti, nato a Sansepolcro il 6 dicembre 1600 e morto a Pisa il 6 dicembre 1635. La sua città gli ha dedicato una delle vie urbane più importanti. Il Centro Studi “Mario Pancrazi” un volume. Chiediamo al professor Santori: chi è stato Niccolò Aggiunti?
Figlio di Gio. Battista Aggiunti, archiatra della famiglia Medici, Granduchi di Toscana, Niccolò ebbe la sua prima formazione di tipo essenzialmente umanistico a Perugia sotto la guida del Bonciario, illustre filosofo e letterato. La passione per le lingue classiche gli rimase per tutta la pur breve vita: del suo stile elegante e raffinato si servì regolarmente anche Galileo per tradurre in latino le lettere da inviare ai suoi colleghi scienziati stranieri che non conoscevano l’italiano. Trasferitosi a Pisa a sedici anni, nel 1621 si laureò a venti in Giurisprudenza e Diritto Civile e Canonico quando le Granduchesse di Toscana, notato il suo brillante ingegno, lo chiamarono subito in qualità di letterato di corte a Firenze, stipendiato, per istruire i rampolli della famiglia fra cui il futuro Ferdinando II. Ma la vera svolta per la carriera scientifica dell’Aggiunti fu l’entrata in contatto col monaco benedettino Benedetto Castelli, già allievo di Galileo a Padova e suo insegnante di Matematica alla Sapienza di Pisa. Colpito dalla vivacità intellettuale del giovane allievo Niccolò, egli lo presentò a Galileo che in breve tempo ne fece uno dei suoi discepoli più stimati e benvoluti: nel segnalarlo per la cattedra di Matematica lasciata libera nel 1626 dal Castelli stesso, richiamato a Roma dal Papa Urbano VIII per lo studio del risanamento delle paludi pontine e per istruire il nipote Taddeo Barberini, lo preferì ad un altro suo allievo, Bonaventura Cavalieri, che dirottò a Bologna. A Pisa l’Aggiunti rimase fino alla morte precoce circondato da grande stima dei colleghi e degli studenti che frequentavano numerosissimi i suoi corsi.
Non è molto conosciuto il rapporto Aggiunti-Galileo. Eppure, il giovane scienziato biturgense non è stato soltanto un discepolo fedele, ma un interprete del pensiero galileiano.
L’Aggiunti non poté essere allievo di Galileo a Pisa, prima per ragioni anagrafiche, poi perché, come è noto, il Maestro accettò l’incarico di Matematico alla corte medicea col patto di non essere obbligato a leggere pubblicamente, cosa che avrebbe sottratto tempo ai suoi studi. Ma in privato egli amava circondarsi di giovani intellettualmente vivaci, come il Nardi, il Cavalieri, il Peri, il Torricelli, il Viviani, per cui ammise subito l’Aggiunti alla sua scuola nella cerchia dei discepoli ed amici più fidati, ricambiato da una vera e propria venerazione. Nel carteggio galileiano si trovano numerose lettere del discepolo a Galileo, ma non abbiamo le risposte perché l’archivio dell’Aggiunti non ci è pervenuto. Emergono tuttavia dai documenti la devozione da parte del discepolo e la benevolenza del Maestro, non solo con lo scambio continuo di doni, ma soprattutto con la partecipazione accorata di Niccolò alle difficoltà di Galileo nei suoi rapporti con l’Inquisizione e al dolore per la morte dell’amata figlia suor Maria Celeste. E fu proprio Niccolò che, ottenute dalla stessa suor Maria Celeste le chiavi della villa di Bellosguardo, provvide, col rischio di essere a sua volta accusato di eresia, a far sparire le carte (fra cui anche il manoscritto del Dialogo) che l’Inquisitore avrebbe potuto utilizzare per sostenere le accuse contro Galileo nel processo di Roma del 1633. Non c’è dubbio che sia stato il Castelli, vera tempra di scienziato, teologo, filosofo, matematico, astronomo, idraulico e fondatore della scuola galileiana di Brescia, a plasmare il giovane Aggiunti secondo i dettami della filosofia naturale di tipo sperimentale e antiperipatetica alla luce degli insegnamenti del grande scienziato pisano di cui fu amico e principale collaboratore per tutta la vita (gli sopravvisse solo un anno).
Si è accennato al suo saggio di recente pubblicazione. Quale percorso ha seguito per ricostruire il profilo intellettuale dello scienziato biturgense?
Il lavoro di indagine sul profilo scientifico dell’Aggiunti è stato molto impegnativo. Le opere a stampa edite nel tempo sono poche, la maggior parte di tipo strettamente biografico e con riferimenti solo generici all’attività del Nostro. Anche dall’Orazione tenuta a Pisa nel 1632 sulla Concoide di Nicomede il segretario che stese la relazione stralciò del tutto la parte strettamente matematica, che sarebbe stata oltremodo interessante. Ho quindi dovuto estrarre dal coacervo di manoscritti dell’Aggiunti, giacenti presso la Biblioteca Nazionale di Firenze, gli elementi utili da confrontare costantemente con il pensiero galileiano. Si tratta di un consistente numero di carte, disposte senza un ordine preciso e prive di datazione, quasi tutte rigorosamente in latino come era prassi per i docenti dell’epoca: con ogni probabilità erano appunti e promemoria redatti per le lezioni di Matematica e le postlezioni di Fisica. Data la grande versatilità dell’Aggiunti, curioso infaticabile cultore di tutti i rami della scienza dell’epoca, per condurre a temine la stesura del volume mi è stato necessario ricorrere a tutte le mie risorse di matematico, latinista e musicista! Dallo studio delle carte è emersa infatti con tutta evidenza l’approfondita conoscenza da parte dell’Aggiunti della Geometria, della teoria delle proporzioni e dei principi dell’idrostatica di stampo archimedeo, sempre a sostegno del pensiero galileiano, nonché dell’Acustica delle corde e della Meccanica.
Parliamo dello scienziato e del filosofo della natura. In che cosa consiste il suo contributo alla scienza moderna?
L’Aggiunti si rivela scienziato eclettico, capace non solo di padroneggiare al pari dei suoi maestri le teorie della Percossa e dell’Impeto di Buridano e Filopòno nonché del galleggiamento dei corpi di Archimede, ma anche di produrre intuizioni autonome nel tentare di spiegare razionalmente e in via sperimentale i più svariati fenomeni naturali. Contributi di rilievo si trovano nella teoria dei capillari, con individuazione precisa e puntuale dei fenomeni ad essa ascrivibili e con la contestazione delle fallaci teorie aristoteliche sulla natura del ghiaccio: non acqua condensata come sostenevano i peripatetici, al contrario diluita dato che il ghiaccio galleggia in acqua. Il tutto con la produzione di esperienze inoppugnabili. Ma pregevoli risultano anche gli studi sull’elasticità dei corpi alla luce della forza del vacuo, sulle corde vibranti e sulla propagazione del suono nei mezzi (era ad un passo dall’individuazione della trasmissione intraossea del suono, fermato solo dalle imperfette conoscenze dell’epoca sulla fisiologia dell’orecchio). Anche in Meccanica notevoli sono le osservazioni sul pendolo con dimostrazione del suo eterno movimento nel caso ideale. Una breve annotazione sul momento (in senso galileiano) che lascia molto perplessi gli studiosi potrebbe, a mio avviso, configurare addirittura l’intuizione che la massa possieda proprietà inerziali, diverse da quelle gravitazionali. Questo ridimensionerebbe la pretesa di studiosi, perlopiù di formazione anglosassone, che mirano ancora oggi ad attribuire a Newton e non a Galileo (che avrebbe sempre pensato solo alla gravità) la formulazione del I Principio della Dinamica. Impedito purtroppo dalla morte prematura a sviluppare le sue intuizioni, il primo ad avvertire le proprietà inerziali della materia potrebbe essere stato proprio Nicolaus Adjunctus burgensis! ◘
Redazione Altrapagina