Perugia. Architettura: l'archeologia industriale è stata dimenticata
È paradossale: in Umbria siamo stati i primi in Italia a varare una Legge per “la tutela, conservazione e valorizzazione del patrimonio di archeologia industriale”. Si tratta della Legge Regionale n. 5 del 20 marzo 2013.
Archeologia industriale, un insieme di cultura materiale e immateriale, un patrimonio irripetibile di edilizia specialistica: edifici come veri e propri scrigni entro cui sapienza ingegneristica, inventiva meccanica, spazi adeguati, strenuo lavoro delle maestranze, si compenetravano alla perfezione.
Poiché questi edifici sono stati malamente eliminati, rasi al suolo, ci si chiede a quale pro sia stata emanata quella Legge. A che è servita?
Se quella Legge fosse stata attuata, oggi disporremmo di edifici, spazi, luoghi adatti e compatibili per attività sociali e specialistiche, con un occhio al valore storico specifico. Le scuole e tante altre categorie ne avrebbero tratto profitto.
Una Legge arenata che purtroppo ci induce a piangere sul latte versato, cioè su ciò che è irrimediabilmente perduto. Quel tanto decantato progresso, dov’è? E lo sviluppo? Si è avviluppato!!! Ecco il bel panorama, mettetevi comodi.
Tra aria venefica, auto ovunque, soste selvagge, architetture sublimi malamente occultate da inopportuna cartellonistica, arredi storici che spariscono uno dopo l’altro, snaturalizzazione di vie e piazze, desertificazione della città storica, marciapiedi sfasciati, strade dissestate, totale imperizia degli addetti alla manutenzione e creazione del verde, è evidente che qualcosa non va come dovrebbe. Invece di tante abbaglianti luminarie, ci vorrebbe un faro della Ragione.
E la periferia? È sempre più periferia, ricettacolo in balia della solita masnada scorrazzante.
Tutto questo, e non solo, contribuisce a una effimera Perugia che sta perdendo sempre più la sua identità.
Tutti frutti di una mala interpretazione terminologica nella quale vengono confuse le denominazioni di politica e amministrazione, in cui il nobile sostantivo “politica” viene frainteso, soppiantato e relegato entro i recinti di una mera, sonnacchiosa e burocratica routine.
Tante vistose lacune, inadempienze e manomissioni impoverenti per la città, potrebbero essere evitate e scongiurate, se i responsabili della cultura locale, anziché dedicarsi allo sport del taglio dei nastri, ottemperassero ai loro rispettivi doveri di tutela e di buon governo.
Non abbiamo saputo tutelare opere che avremmo dovuto difendere con rigore che, seppur umili, avrebbero rappresentato altrettante preziose testimonianze del nostro passato recente, un fulcro per le attività di quartiere.
Ex Poligrafico, ex mattatoio, ex tabacchificio, ex fabbrica della eroica moto Perugina, ex fornace di S. Marco: tutte vere e proprie icone del Novecento.
Vero è che omologazione e acculturazione hanno vanificato, distrutto, ridotto quei luoghi preziosi, già autentici templi del lavoro, a zone grigie, anonime e vituperate.
Valori che spariscono e fanno perdere il senso della città.
Insomma, con la parola “città”, tanto usata e abusata, che cosa mai si intende?
Non ci avevano insegnato che la vera città è formata dai cittadini? ◘
di Archetetto Mauro Monella