Cronache d'epoca
Nel libro Città di Castello nel XIX secolo Giuseppe Amicizia scrive: «Con testamento olografo consegnato al notaro Vincenzo Baldeschi, aperto e pubblicato nel 1850, dall’archivista Illuminati, essendo il Baldeschi prigioniero per cause politiche, il concittadino don Vincenzo Rigucci (prete di vasta cultura e umanità, fondò la “Società di mutua cristiana beneficenza”, la prima del genere in Umbria, la seconda in Italia [NdC]), lascia a questa comunità scudi 320 per comperare un buon orologio a vantaggio e comodo della popolazione di S. Giacomo». Questo orologio doveva sostituire quello “vecchio e consumato” posto sulla torre che in quel tempo esisteva a ridosso del convento delle murate, prospiciente piazza Fucci, oggi Magherini. Furono di travaglio, quegli anni, per lo Stato Pontificio. Nel 1849 nasce e poi muore la Seconda Repubblica Romana; il Papa, Pio IX, fugge a Gaeta, ma ritorna quasi subito. Nell’agosto del 1850, assieme al notaio Baldeschi, sono arrestati e tradotti al carcere una decina di tifernati con l’accusa di cospirazione contro il governo pontificio; vi rimarranno 5 mesi. Poi quell’11 settembre del 1860 arriva il generale Manfredo Fanti che libera, «senza colpo ferire», Città di Castello dai pontefici e «la popolazione acclama con entusiasmo i liberatori». Così Pio IX se ne va per lasciare il posto al padre della patria Vittorio Emanuele II… e i tifernati, con vigoria di spirito e tanta volontà, iniziano ad affrontare i tanti problemi della città. Cominciando dall’urbanistica cittadina. In primis l’allargamento dell’attuale via Angeloni con quella strozzatura tra l’allora Piazza Fucci e Piazza Raffaello Sanzio (stiamo saccheggiando Alvaro Tacchini). Scendendo verso San Giacomo, sulla Sinistrac’era il convento benedettino, distaccato di poco più di tre metri dalla facciata di fronte: fu opportuno scorciare la malmessa facciata di mezzo metro, ma questo non bastava e il Comune incaricò l’ingegnere Lapi per la completa rettificazione della strada che comportava, tra l’altro, la demolizione di alcune casette e una torre addossate al muro del convento delle murate, casette di cui parla il Lapi «uno sconcio vedere queste luride casupole». Era il 1874. I tempi si allungano per l’orologio. Finalmente nel 1885 furono abbattute le casupole e l’antica torre… “E mò l’orologio ‘n dù ‘l mettemo?”.
A proposito delle casupole, c’è una testimonianza scritta nel 1913 nel periodico "Plinio il Giovane" dall’avvocato Vincenzo Corbucci, direttore della biblioteca, nel 1907. Cultore di storia locale e non solo, a lui si deve la prima guida ufficiale della Pinacoteca nel 1931. Scrive il Corbucci: «Mi ricordo come fosse ora dove oggi c’è quel muraccio sbilenco e monotono, c’era una torre tozza e quadrata e ai lati casette piccole, trecentesche, e una fila di bottegucce in massima parte dei bollettari (chiodaroli e bollettari a quel tempo erano una quarantina [NdC])». Dato che siamo con il Corbucci merita ascoltare quest’altro suo ricordo, sempre in tema: «Dopo tanti anni passati a Roma tornai a Città di Castello, andai sull’imbrunire lungo il Tevere, mi sedetti sulla greppa, non so dire l’emozione provata quando udii il suono dell’orologio di piazza, era per me una melodia eccelsa che mi cullava i sensi come la ninna nanna udita da bimbo nel fidato seno materno». Passarono un paio di anni dall’abbattimento della torre, si scrive nei periodici locali: «chi passa per il corso di San Giacomo non può fare a meno di rimarcare presso il monastero delle murate i miseri avanzi della torre demolita. Pietre, rottami e terra. Non c’è che dire che ciò possa essere d’incomodo ai passanti e deturpamento a Piazza Fucci». Si legge ancora: «A più di quaranta anni dall’apertura del testamento ancora non si sa niente, malgrado i reiterati reclami dei cittadini di quella somma da spendere per l’orologio…». E poi: «Finalmente, era ora! Dopo tanto tempo il Comune ha deciso di comperare con quei soldi un orologio che sarà collocato sopra la chiesa della Madonna delle Grazie».
Caro orologio della Madonna delle Grazie, sei rimasto tu solo a scandire, con il suono il tempo che dividi in ore, mezz’ore, quarti, minuti, secondi, la vita di ognuno. Conservali questi suoni, custodiscili, perché sono ricordi di vita non solo di quelli di San Giacomo, ma di un’intera comunità; e quando soffia “il vento di sotto” anche di quelli sopra Riosecco; e quando “fischia la tramontana” anche di quelli più giù della Casella, perché «chi ‘n ha ricordi ‘n va ‘nvele, è come ‘na brendola», così parlava, più lungo, il poeta dell’Antirata, che confondeva l’Ariosto con Dante Alighieri.
Buona notte orologio della Madonna, buona notte a te e al suono di quella campanina di santa Veronica che a notte fonda, svelto svelto, e per poco, ti fa compagnia. ◘
di Dino Marinelli