Martedì, 03 Dicembre 2024

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L'indiano, il bambino e l'amore

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silvia romano2

Francesco Comina, un vecchio amico che si muove in quel di Bolzano, ha l’ambizione di riscrivere la Storia a partire dai perdenti. O quantomeno da quei personaggi che a fatica riescono a farsi largo nel can can pubblicitario dei social e delle pubblicazioni, ma sono seguiti da gruppi minoritari che vedono in loro gli interpreti di un altro modo di vedere il mondo e la vita, rispetto al modo prevalente della società. Tanto per citarne alcuni: mons. Romero, Raimon Panikkar, Arturo Paoli, Ernesto Balducci, Agnes Heller, don Tonino Bello ecc… Evidentemente trova in loro ispirazioni e stimoli che lo aiutano a cercare, e magari trovare, un percorso umano significativo per un futuro di fraternità e di pace per l’umanità. Futuro che vede come l’unico possibile per questo nostro mondo sempre più frastornato.

Questa volta si inventa una storia piuttosto azzardata: quella di un indiano dell’Amazzonia, della tribù Kayapò, che fugge dalla sua terra per amore di una donna e dopo varie traversie arriva con lei proprio ai piedi dello Sciliar in Alto Adige. Un indiano che riesce a mantenere tutto il suo credo, i suoi riferimenti empatici con la natura, il suo modo di vestire, destando curiosità e timore negli abitanti del luogo. Il richiamo della terra d’origine è forte, unito a un senso di colpa per essere venuto via.

L’altro protagonista della favola è Matteo, il bambino curioso attratto dall’originalità dell’indiano e allo stesso tempo intimorito dalla misteriosità della sua abitazione e dei suoi movimenti. Tra l’altro porta tatuato nel polpaccio un serpente infuocato con una scritta in spagnolo “Dios no mata” (Dio non uccide).

L’innocenza di Matteo lo spinge a cercare in vario modo notizie e informazioni che potrebbero riguardare il misterioso indiano. Alla fine si convince che da solo non ce la fa ad affrontare l’indiano e chiede aiuto a Ingrid, una sua coetanea carina e intraprendente. Matteo e Ingrid diventano un binomio vincente proprio per la loro diversità e arrivano alla singolare abitazione dell’indiano e parlano con lui.

Il racconto dell’indiano diventa la narrazione storica vista dalla parte degli oppressi, di chi ha subìto la conquista, la prepotenza e la rapina di chi si è impossessato e si impossessa ancora delle enormi ricchezze della foresta amazzonica, anche in nome di Dio. Ecco il perché di quella scritta “Dios no mata”, che tra l’altro è stata trovata, vergata con il sangue, sul muro di una prigione argentina al tempo della repressione del generale Videla.

Matteo e Ingrid rimangono sorpresi e ammirati dal lungo racconto dell’indiano, dove al centro c’è una bella storia d’amore, intessuta da vari ritualismi e un intenso rapporto con la natura: una visione armonica della vita e della morte dove tutto trova una sua collocazione. Ma questo mondo sta morendo perché viene abbandonato. Di là, nelle grandi metropoli del Brasile ci sono baracche senza fine preda della violenza dello sfruttamento. E poi l’abitazione dell’indiano con i simboli, i messaggi e la statua della donna amata nella stanza superiore. Matteo e Ingrid se ne tornano al tramonto consapevoli di aver scoperto una realtà a loro sconosciuta, avendo avuto il coraggio di essere andati oltre i pregiudizi e le paure.

Il Post scriptum è letterariamente la conquista dell’America da parte degli Spagnoli vista come una sconfitta, perché ha umiliato e disprezzato gli abitanti di quei luoghi e li ha costretti ad adeguarsi al modo di vivere degli Europei, anche in senso religioso, invece di impegnarsi nell’integrazione delle due realtà. Conquista che ancora dura con la globalizzazione economica e il sistema liberista di produzione e di scambi, per un profitto a tutti i costi. Però si sta muovendo qualcosa in cui ci sia spazio per un incontro vero tra persone e popoli, in cui ognuno porti avanti la propria identità rispettando quella dell’altro e confrontandosi con essa.

Il libro è corredato da bei disegni che aiutano a mantenerne il clima riflessivo. Bisogna riconoscere comunque che la prosa di Comina è allo stesso tempo scorrevole e profonda. Un pregio che gli va riconosciuto e che aiuta il lettore a prenderlo in considerazione. ◘

di Paolino Trani


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