L'autodromo dei pacchi
La notizia è trapelata a fine dicembre, poco prima del peggioramento della pandemia nel territorio comunale di Magione. Jeff Bezos, il patron di Amazon, tra i cinque uomini più ricchi del pianeta, ha scelto l’Umbria, la Regione con i redditi più bassi d’Italia, per impiantare la sua ennesima base logistica per la distribuzione e la consegna delle merci.
Il mega insediamento, che avrà un’estensione di settemila metri quadri (ma il parametro di Amazon sono i campi di calcio), sarà dedicato allo stoccaggio dei prodotti a marchio Prime ed è in costruzione nei pressi dell’autodromo di Magione, dove già sorgono le immense cattedrali di cemento che fungono da smistamento di svariati altri prodotti.
Con un fatturato di 280,5 miliardi di dollari e con 840.000 dipendenti, Amazon è la più grande Internet Company al mondo: un business nato per la vendita di oggetti legati all’elettronica e che oggi si caratterizza per il commercio di una congerie di merci difficilmente immaginabile.
«Ci si ritrova – ha scritto sull’Observer Carole Cadwalladr – davanti ai recessi più oscuri del consumismo, agli oggetti più stravaganti, a tutto ciò che si può comprare con il denaro: braccialetti della fortuna degli One Direction, tutine per cani, grattiere per gatti a forma di console per dj, affetta-banane, rami finti. Mi trovo nello sterminato settore degli articoli “non trasportabili” su nastro: ci sono cibi biologici per cani vegetariani, per cani diabetici e per cani obesi, televisori da 52 pollici, confezioni di acqua da 6 bottiglie importate dalle Fiji e giocattoli erotici oversize tra cui un doppio vibratore di 45 centimetri».
Per quella che viene considerata una delle più importanti multinazionali del pianeta, la pandemia da Coronavirus sembra essere una manna caduta dal cielo. Scagli però la prima pietra chi, nel corso di questi mesi, sdraiato sul divano di casa, non ha pensato di ordinare qualcosa sul sito di Amazon.
E non necessariamente qualcosa di futile, se ad andare fuori uso era stato il centralino del telefono o il casco per asciugare i capelli.
Le proverbiali celerità e puntualità della consegna coniugate con la politica dei prezzi stracciati sono state la miccia che ha acceso l’incontenibile voglia per ogni tipo di merce a portata di mouse per la quale non c’è anticorpo che tenga. Un’organizzazione che ha fatto del magazzino il perno cruciale del suo irrefrenabile sviluppo, il fulcro dove applicare sofisticate tecnologie ed introdurre innovazioni logistiche, al quale far corrispondere un intransigente sfruttamento delle attività lavorative.
Salari differenziati, assunzioni a tempo determinato, licenziamenti senza preavviso, impiego di lavoro interinale, sistemi di sorveglianza su tempi e pause, ritmi tanto incessanti quanto nocivi.
E soprattutto paghe da fame. Questo il rovescio della medaglia del mondo di Amazon che, al posto dei suadenti spot pubblicitari che da qualche tempo vengono messi in onda sulle televisioni nazionali, piuttosto meriterebbe l’occhio indagatore, dietro la cinepresa, di un regista come Ken Loach, che dello sfruttamento dei lavoratori ha fatto l’asse portante della sua cinematografia.
Una presenza, quella di Amazon in Italia, che oggi può contare sulla grande piattaforma di Passo Corese, a nord di Roma, dove sono duemila i dipendenti impiegati abitualmente, che però arrivano a tremila quando il mercato, come in questi tempi, tira. O come l’hub di Castel San Giovanni, nei pressi di Piacenza, dove i sindacati, dopo scioperi e manifestazioni, hanno chiesto l’assunzione in pianta stabile di duemila lavoratori precari.
Nella sede Amazon di Magione, a quanto viene riferito dalla stampa locale, sarebbero centocinquanta le assunzioni previste, ma è opportuno ricordare che ben più consistenti, negli ultimi anni, sono stati i posti di lavoro persi in settori analoghi, con le chiusure di centri commerciali come Grancasa, Unieuro e Mercatone Uno, tanto per fare qualche nome. E con contratti di lavoro molto migliori di quelli oggi offerti da Amazon. Alla lunga e grigia cintura di cemento e di asfalto che affianca la E 45 per tutta la sua lunghezza si aggiunge ora, con la struttura di Amazon, un nuovo tassello.
Dalla zona industriale di Magione una teoria infinita di capannoni e costruzioni si dipana, a tratti slargandosi a dismisura, passando per i territori di Corciano, Perugia, Ponte San Giovanni, giù verso la piana di Bastia e di Santa Maria degli Angeli fino a Foligno e oltre.
Per avere idea della sua mostruosità basta guardare l’applicazione Google Maps che abbiamo sul display del cellulare: se ne può avere una visione dall’alto. Quanto al carosello parossistico e asfissiante di Tir, camion, furgoni, quello è, invece, tutto da immaginare. ◘
di Maurizio Fratta