La parabola di Alcibiade: il lato tragico del narcisismo politico (Una vicenda attuale)
La storia, diceva Polibio, è magistra vitae, un nucleo vitale a cui costantemente attingere per meglio comprendere il presente. Ma spesso accade che gli antichi diventino antiquati e desueti nell’uso arbitrario che se ne fa. Questo sguardo retrospettivo ci viene suggerito dai movimenti turbinosi di Renzi, le cui giravolte politiche mostrano affinità con un illustre predecessore: Alcibiade, di cui Plutarco racconta nelle Vite Parallele. Dati alla mano – il contesto storico, la situazione di Atene, Sparta, ecc. – tutto suona straordinariamente “attuale”, se raffrontato a ciò che accade nel nostro Paese.
La storia
L’Alcibiade (V°secolo a.C.), che al momento della sua ascesa politica viene elevato al rango di Strategos, si appresta a prendere per mano Atene in uno dei suoi frangenti più bui, somiglia molto a Renzi quando fu incoronato alle europee 2014 col 40,81 per cento dei voti e già nominato Segretario del Pd con lo scettro del “rottamatore”. Alcibiade doveva rottamare Sparta, la rivale di Atene, mentre Renzi si è limitato a rottamare i suoi nemici interni: ma queste sono variabili indipendenti della Storia.
Il compito del condottiero ateniese non fu certo facile, vista la trascorsa eredità che Atene portava in dote con i fasti gloriosi dell’aurea età di Pericle. L’epoca del massimo splendore a tutti i livelli della cultura. Ad Alcibiade non mancavano certo il fascino, la cultura, la forza dell’eloquenza e la capacità di persuasione come al suo epigono Renzi, che nel suo fugace incontro con Bin Salman ha sfoggiato un inglese biascicato alla fiorentina. Lo stesso Plutarco ce lo presenta come uno spregiudicato capace di far volgere a proprio beneficio ogni situazione che gli si presentasse a tiro. L’occasione d’oro, per coronare la sua popolarità, si presentò ad Alcibiade all’indomani del fallimento dell’alleanza con Argo (nemica storica di Sparta). Dopo convulse sedute, convinse l’assemblea a votare in maggioranza la spedizione militare in Sicilia. Una mossa che determinò il rapido declino e la definitiva disfatta di Atene.
Nel 415 la flotta ateniese sbarca in Sicilia (circa 300 navi) in difesa dell’alleata Segesta, comandata da quel generale Nicia, che già si era espresso in termini contrari alla suddetta missione. Lo stesso Nicia qualche anno prima aveva giusto ratificato un trattato di pace con Sparta. Atene peraltro era appena uscita da una peste pandemica in cui Pericle stesso vi trovò la morte nel 429.
La spedizione si risolse in una disastrosa capitolazione dell’esercito ateniese. Vi trovarono la morte i generali al comando e molti uomini, uccisi dai siracusani e dai soldati spartani al comando dell’ammiraglio Gilippo. Alcibiade, ideatore di tutto ciò, nel frattempo aveva già abbandonato a metà strada la spedizione per rifugiarsi alla corte dei lacedemoni spartani. Con un’abilissima manovra politica riesce a convincere Sparta a occupare l’avamposto di Decelea in funzione antiateniese, per poi riparare alla volta della Persia (altra nemica storica di Atene). Qui la sublime scaltrezza politica del nostro raggiunge livelli inusitati, convincendo il Gran Re a sostenere economicamente Sparta con l’invio di costosissime flotte da guerra. Riesce tuttavia a rientrare vittorioso in patria fra canti di giubilo e ovazioni festanti, salvo poi esser subito esiliato dopo una sconfitta a Nozio (407). L’epilogo è tristemente noto, con la disfatta definitiva di Atene nel 404, sconfitta dagli spartani di Lisandro a Egospotami.
Come non vedere nell’Alcibiade-Renzi, il rottamatore del Pd, la disfatta del Referendum, l’uscita dal Pd (Atene), l’ideatore della crisi del governo Conte, strizzare l’occhio all’avversario Salvini, fare il tifo per il nemico. Ma Renzi deve stare molto attento, perché Alcibiade finì tragicamente la sua parabola politica, tradito da una congiura dei suoi vecchi amici persiani. La Storia non serve solo per le citazioni dotte, ma chiede soprattutto di essere capita. ◘
di Davide Guerrini