Appunti per il futuro
È in atto da tempo un sensibile declino della vitalità economica dell’Alta Valle del Tevere che, dalla grande crisi finanziaria del 2008-2011, non trova stimoli sufficienti a riprendere lo slancio produttivo che l’aveva caratterizzata in precedenza, tanto da farla citare – ipocritamente da quanti l’avevano da sempre trascurata – come il “Nord est dell’Umbria”! I settori industriali di punta come il tessile, la meccanica, il tipografico-editoriale, il mobile in stile, l’agro-alimentare sono in evidente ripiegamento per numero d’imprese, di addetti e di fatturato complessivo.
Non mancano tuttavia esempi d’imprese che hanno resistito con successo a tale deriva collocandosi in segmenti di mercato innovativi e/o di tendenza (Aboca) o adottando processi produttivi di radicale innovazione (Salpa, Vimer, Tiber pak).
Tali elementi positivi rendono meno cupo il quadro generale e il suo orizzonte, purchè vi sia un impegno consapevole e generale delle istituzioni pubbliche e private, delle associazioni imprenditoriali e sindacali e dell’opinione pubblica che ordini a sistema i fattori favorenti lo sviluppo economico, sociale e culturale della comunità, già presenti o ancora in divenire.
Nell’attuale panorama delle opportunità, sembra indispensabile, allo scopo predetto, perseguire due obiettivi, non più trascurabili: 1) valorizzare le peculiarità e risorse del territorio; 2) promuovere imprese in grado d’intercettare i nuovi bisogni del futuro.
1) - Per il primo obiettivo, occorre partire dalla consapevolezza dell’enorme ricchezza culturale di cui disponiamo. La nostra terra è stata feconda e attrattiva di straordinari talenti nel Rinascimento (Piero della Francesca, Raffaello, Signorelli, Raffaellino dal Colle, ecc.) e nella contemporaneità (Nuvolo, Alberto Burri, Alessandrini, ecc.); la “Valle Museo” altotiberina è ricca di pievi, romiti, abbazie, cattedrali, musei che attendono solo di essere offerti unitariamente al turismo. Istituzioni culturali prestigiose come, a Città di Castello, la Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri, la Fondazione Hallgarten-Franchetti Villa Montesca, la Fondazione Segapeli-Lascito Cassarotti, nonché, a Sansepolcro, la Fondazione Piero della Francesca e il Centro Studi Mario Pancrazi sono tutte in grado di offrire contenuti di approfondimento e ricerca di livello superiore nella storia dell’arte, nelle metodiche formative, negli studi matematici e geometrici, tali da costituire un patrimonio prezioso da promuovere come base di una originale “industria culturale” naturalmente radicata nell’Alto Tevere, che può ambire a connotati universitari, ancorchè “di nicchia”.
Altra peculiare risorsa della nostra terra è la cultura di tutela ambientale che gradualmente si è andata affermando. La missione aziendale di gruppi imprenditoriali come Aboca nel settore delle piante officinali e nell’agroalimentare biologico e di FAT-PRO AGRI nella diversificazione produttiva e nella ricerca di metodi di coltivazione “pulita” del tabacco, ha creato un patrimonio di esperienze e conoscenze tra le aziende e le università collegate (Pisa e Perugia) che fa da riferimento mondiale nei rispettivi settori. Anche tali elementi possono produrre sviluppi ancora più importanti.
2) - Il secondo obiettivo – creazione di nuove imprese – deve misurarsi con un contesto locale e internazionale in profonda trasformazione: la “terza rivoluzione industriale” (cfr. J.Rifkin), evocata dalla necessità di fondarsi sull’energia da fonti rinnovabili, interesserà i sistemi di trasporto, trasformerà e ridisegnerà, riducendola, la struttura urbanistica delle città e degli edifici riconvertibili in microcentrali elettriche, digitalizzerà i processi produttivi e gran parte dei pubblici servizi, stimolando nuove produzioni e creando nuovi bisogni di conoscenza, controllo ed impiego delle nuove tecnologie.
In questa prospettiva, per la ricordata peculiarità delle proprie risorse, la nostra terra può candidarsi a guidare tale gigantesco processo di cambiamento predisponendo le strutture idonee allo scopo, tra le quali campeggia quella formativa, sia sul versante avanzato della ricerca (università), sia in quello - decisivo e vincente per chi per primo se ne appropria - della riqualificazione professionale dell’attuale forza-lavoro e della formazione delle nuove professionalità (scuole professionali).
Un ulteriore fattore di sviluppo può individuarsi nella promozione di start up, tramite concorsi tematici aperti a tutti e con programmi temporali determinati, le cui ricadute potranno costituire la base di nuove imprese industriali o di servizio. Su questi progetti sarà essenziale il coinvolgimento del mondo imprenditoriale locale, affinchè diventi concreto attore del proprio ammodernamento e arricchimento e recuperi ruolo e responsabilità da classe dirigente.
Il cantiere del futuro è dunque aperto e può essere appassionante per le nuove opportunità di crescita e cambiamento che contiene.
Vi è dunque motivo per chiedere alla nostra gente uno sforzo collettivo d’impegno, che torni a perseguire il bene comune e a rifuggire la comoda “rassegnazione del tramonto”, colpevolizzando altri e/o altro per le attuali difficoltà.
Una missione comune, ambiziosa ancorché impegnativa, può dunque esistere per Città di Castello come capoluogo naturale dell’Alta Valle del Tevere, idonea a ridare speranza e fiducia nelle nuove generazioni e nella collaborazione tra istituzioni e società civile.
Per il successo di un tale programma, occorre tuttavia una pre-condizione: recuperare in pieno un’antica virtù della nostra gente nel valore della solidarietà come elemento di coesione sociale e civile: infatti, accanto alla giusta esigenza di reprimere gli abusi delle pubbliche tutele, deve essere contrastato il pericoloso riemergere dell’istinto primitivo di ignorare i più svantaggiati, di considerare i deboli responsabili della propria condizione e dunque meritevoli di essere abbandonati al loro destino. Continuo invece a pensare che ognuno di noi è frutto, in quote che lascio stabilire alla personale discrezione, sia del nostro impegno, ma anche della imprevedibilità degli eventi. Ed è in questa ultima condizione che trovano spazio e ragione sia il bisogno del Dio che governa l’imponderabile, che quello della solidarietà che avvicina tutti coloro che, prima o poi, condividono la precarietà dell’esistenza. ◘
di Michele Gambuli