Ambiente. Parco dell'Energia Rinnovabile di Terni: intervista ad Alessandro Ronca, Direttore Scientifico & training facilitator
Mentre i vertici istituzionali e scientifici, nel programmare politiche nazionali e comunitarie, si esercitano con ossimori quali: “Innovazione e sostenibilità”, o più specificatamente “Sviluppo tecnologico/digitale e riconversione ecologica/energetica”, nella società civile nascono realtà che sanno coniugare al meglio questi aspetti. Una interessante esperienza si sta realizzando nel Parco dell’Energia Rinnovabile, collocato nella provincia di Terni. Ne parliamo con Alessandro Ronca, Direttore Scientifico & Training Facilitator.
Come è nata la vostra esperienza? Con quali finalità?
Tutto è nato una quindicina di anni fa, quando con mia moglie Maria Chiara abbiamo avuto l’idea di creare una struttura ricettiva che offrisse un elevato comfort e nel contempo avesse un ridotto impatto ambientale; che fosse cioè una sorta di esempio funzionante di come si poteva offrire comodità, bellezza e benessere in una struttura appositamente pensata per essere a impatto minimo sull’ambiente. Volevamo mettere a frutto le conoscenze e l’esperienza che avevo maturato nei miei anni di studi e lavoro in giro per il mondo, approfondendo le tecnologie che consentono di utilizzare al meglio le energie rinnovabili. Con questa motivazione abbiamo progettato e costruito il PeR, il Parco dell’Energia Rinnovabile, inaugurato undici anni fa.
Che attività svolgete?
La nostra proposta è estremamente varia, va dalla ricettività ai corsi di formazione, alle visite guidate a tutti i nostri impianti, ai laboratori didattici per scuole e università. Nel tempo l’idea turistica iniziale si è arricchita ed evoluta, trasformandosi in una proposta di accoglienza e formazione a tutto tondo, che opera a vari livelli per una crescita della consapevolezza delle persone. Le attività sono numerose: proponiamo momenti e progetti di apprendimento scolastico con programmi giornalieri e residenziali; formazione e apprendimento rivolti agli adulti, con corsi di formazione e workshop su tematiche legate all’autosufficienza, all’autocostruzione, al risparmio energetico, all’autoproduzione e alla crescita personale.
Come coniugare innovazione energetica e tutela ambientale?
La risposta è più semplice di quanto ci si possa attendere. Si coniugano utilizzando quello che si chiama “il rasoio di Occam” (principio di economia o parsimonia, ndr), come strumento di misura per semplificare la vita grazie a una tecnologia giusta per noi e per l’ambiente; senza quindi rendere la nostra vita schiava della tecnologia o riempita solo da essa. Definisco questo percorso “avvicinamento alla tecnologia sottrattiva”. La tecnologia serve, ma con moderazione. Troppa informatica ed elettronica ci rendono fragili e riducono persino la vita e la durata dei beni che arriviamo a possedere e usare; la tecnologia, quando è eccessiva e fagocitante, produce obsolescenza programmata delle macchine, dei prodotti e persino dell’uomo.
Secondo la vostra esperienza, quali energie rinnovabili meritano di essere sviluppate?
L’energia rinnovabile che secondo noi merita di essere maggiormente diffusa e applicata è quella meno praticata di tutte, cioè il risparmio energetico. Bisogna rendersi conto che non è pensabile riconvertire alle energie rinnovabili un mondo energivoro come quello di oggi, mantenendo lo stesso livello di consumi. La strada maestra è la giusta integrazione tra tecnologie che utilizzano le energie rinnovabili e riduzione massima dell’esigenza energetica; se si riuscirà a fare questo, anche soluzioni che oggi sono economicamente onerose diventeranno accessibili e diffuse. Sicuramente va perfezionato l’aspetto che a me piace definire di “glocalizzazione” delle scelte tecnologiche rinnovabili. Il petrolio è una fonte fossile globale e globalizzata, mentre la scelta rinnovabile vincente deve essere strettamente legata al territorio e al contesto in cui si sviluppa e applica. Servono persone competenti, creative e consapevoli, così come serve una giusta ed etica ricerca per mettere sempre più in relazione l’esigenza personale con le soluzioni meno impattanti.
La vostra opinione sulle politiche energetiche nazionali ed europee?
Siamo ancora lontani dagli obiettivi minimi, e più lontani ancora di quanto ho esposto poco sopra. Ciò in parte per mancanza di volontà, politica ed economica, a percorrere determinate strade e poi anche perché, sulla base del principio di cui parlavo prima, la politica energetica italiana, per esempio, non può avere gli stessi ingredienti di quella tedesca, per evidenti diversità territoriali e culturali. Abbiamo bisogno di ricette pensate e cucite su misura per i luoghi che dobbiamo liberare dalla stretta dei combustibili fossili, dell’inquinamento e dell’eccessivo sfruttamento di risorse primarie.
Quali debolezze individuate nella gestione della conversione energetica?
Quando si parla e si pianifica la tanto propagandata riconversione energetica, tutto viene misurato con il metro della convenienza economica; ossia, la conversione viene presa in considerazione e se ne ipotizza la realizzazione se c’è un certo finanziamento che “regala” denari per realizzare degli interventi o se comunque prevede un profitto economico per i soggetti in campo. Questo (dis)valore finanziario non può essere la sola chiave di lettura. Occorre, sì, progettare e realizzare investimenti sostenibili per favorire sistemi rinnovabili, ma il finanziamento dovrebbe essere destinato almeno in parte a migliorare la sensibilizzazione da parte dei cittadini. Il cittadino, così come l’azienda o la grande corporation, dovrebbe intervenire attivamente per “meritarsi” l’aiuto economico, dimostrando di saper ridurre invece che semplicemente consumare; deve aumentare il proprio coinvolgimento virtuoso aumentando la premialità in base al proprio operato.
Quali attività collaterali svolgete?
A fianco della ricettività green ed ecosostenibile e della formazione, portiamo avanti anche una continua attività di ricerca e sperimentazione di nuovi prodotti per aziende del settore, oltre che la costruzione di nuove apparecchiature e tecnologie rinnovabili. Per esempio, abbiamo messo a punto un sistema di coltivazione autoirrigante a basso “contenuto tecnologico” ma ad altissima resa, progettiamo e realizziamo ausili per l’autoproduzione e per l’agricoltura naturale, studiamo sempre nuove soluzioni per la nostra produzione interna, mettiamo a disposizione le nostre conoscenze per consulenze energetiche e realizzazione di prototipi.
Un messaggio progettuale e fattivo che volete far arrivare ai lettori?
In questi anni di sperimentazione attiva al PeR è emersa l’enorme potenzialità della combinazione tra tecnologie passate, nuove conoscenze e materiali, nonché dell’applicazione di conoscenze tradizionali alla tecnologia moderna. Per procedere in questa direzione non servono microprocessori ultraveloci, mezzi di trasporto da 200 cavalli, connettività all’ennesima potenza e schermi video da 8k di risoluzione. Occorre una vera rivoluzione “giusta per il pianeta” e noi siamo pronti a farla. Occorre porre limiti allo sviluppo, in modo che sia proporzionato alle risorse disponibili e rigenerabili; consolidare i traguardi raggiunti sfruttando la collaborazione e l’intelligenza collettiva; creare connessioni partecipative tra le molteplici realtà nel nostro Paese, mettendo in rete quelli che ci credono veramente e lavorano per la sostenibilità in pratica, non solo in teoria. È possibile. Rimbocchiamoci le maniche e facciamolo tutti insieme. Per approfondimenti: www.per.umbria.it ◘
Di Romina Tarducci