Martedì, 03 Dicembre 2024

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Una risaia vi sommergerà

Ambiente

silvia romano2

È l’ennesima disputa fra “la politica” che vuole costruire strutture edilizie e viarie, per predisporre un certo numero di posti di lavoro a costo del consumo di suolo acqua e aria, e le associazioni ambientaliste che invece vogliono tutelare il suolo agricolo, il paesaggio e la qualità della vita degli abitanti.

Il progetto del polo logistico di Altedo (a nord di Bologna a ridosso del casello autostradale di Altedo nel Comune di Malalbergo), approvato dal Consiglio della Città metropolitana di Bologna il 25 Novembre scorso, prevede un maxipolo di circa 100 ettari di superficie, suddivisi in due insediamenti: uno di 25 ettari sull’area dell’ex-zuccherificio ora dismesso di San Pietro in Casale (già previsto nel Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale -PTCP- del 2002), e l’altro di 73 ettari ubicato nella parte prospiciente il territorio del Comune di Malalbergo (nuova previsione). L’Hub offrirebbe 1900 nuovi posti di lavoro e 172.000 mq di aree verdi destinate a riforestazione urbana e mitigazione ambientale. Ma Legambiente, insieme ad altre importanti associazioni ambientaliste (WWF, Primo Moroni e molte altre), non ci sta e ha emesso un duro comunicato stampa per ribadire le ragioni di una opposizione che si sta facendo molto accesa.

Lorenzo Mengoni è l’unico consigliere di Città Metropolitana che ha votato contro il progetto e in questo momento è al fianco della causa ambientalista.

Quali sono le ragioni della protesta?

Cerco di riassumerle così: cementificazione, ovvero perdita del suolo e della produzione agricola in una zona a rischio alluvione; ci sarà un peggioramento dell’assorbimento dell’acqua e della mitigazione del clima, perdita del patrimonio faunistico, aumento del traffico e dell’inquinamento dell’aria in una delle zone più inquinate d’Europa. Inoltre consideriamo che abbiamo a 6 chilometri in linea d’aria l’interporto, che è stato pensato e realizzato come piattaforma sostenibile di una logistica innovativa, in quanto collegato e collegabile con la ferrovia­ – sono in corso progetti per finanziare un potenziamento delle strutture ferroviarie – e in procinto di espandersi verso sud. Che senso ha realizzare a questo punto un altro polo logistico, non collegato alla ferrovia e pertanto “pesante”, di tutto il traffico commerciale prevedibile solo su gomma?

Ma al di là di tutto questo non dimentichiamo che in gioco c’è la distruzione dell’ultima risaia rimasta rispetto a una zona (il complesso di Bentivoglio) che era caratterizzata esclusivamente dalla coltura del riso; un patrimonio storico-agricolo di grande valore: le arginature attuali sono ancora quelle fatte a mano con carriola e badile dai nostri nonni. È un documento di archeologia agricola unico, che deve essere salvaguardato, perché non ha un prezzo. È la nostra storia, sono le nostre radici. Come potrebbero capire i giovani, tra le tante altre cose, la fatica e i sacrifici che hanno fatto i nostri nonni per guadagnarsi il benessere di cui abbiamo goduto fin qui?

Il progetto prevede tuttavia 172.000 mq di aree verdi destinate a riforestazione urbana e mitigazione ambientale…

Diciamo le cose come stanno. Gli impianti di fotovoltaico, la piantumazione di un po’ di alberi… sono specchietti per le allodole. È la vernice green che ora va di moda per giustificare tutto. Si vuol far credere che questa diventerà un’area sostenibile grazie agli interventi “di compensazione”. La sostenibilità esiste se non si consumano risorse non rinnovabili e se l'missione di gas serra è pari a zero. Il suolo perduto con tutte le sue conseguenze è un intervento irreversibile.

Si è parlato nei comunicati stampa di vincoli ambientali, di piani territoriali non coerenti fra loro… A che punto siamo della fase attuativa?

una risaia vi sommergera altrapagina mese febbraio 2021 2Questo è un punto molto importante! La risaia gode di un vincolo ambientale come “zona umida e area agricola di particolare interesse naturalistico” fissato dalla Provincia nel PTCP e nel Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR). Il PTCP, che fino a qualche mese fa era il piano di riferimento per il governo del territorio, non prevede questo polo della logistica. Ma anche il PTM (il Piano Territoriale Metropolitano) che sostituisce il PTCP ai sensi della nuova legge urbanistica regionale (LR 24/2017) non prevede questa nuova localizzazione. Questo significa che, oltre ad “essere figlio di nessuno”, questo intervento non è neanche stato valutato per i suoi effetti sul territorio, sul traffico e sulla salute della popolazione, come chiede invece la legge. Come è evidente, la questione è abbastanza ingarbugliata sul piano amministrativo-urbanistico e vedremo come andranno le cose. In ogni caso ci tengo a sottolineare che la decisione preliminare dell’Unione Terre di Pianura, l’unione dei Comuni di cui fa parte Malalbergo (il Comune della risaia), antecedente al 25 novembre, ha dato parere favorevole al nuovo polo logistico sulla base di informazioni non esatte: la risaia è stata definita “terra incolta” e invece si tratta di una risaia “storica” e del tutto attiva.

Che cosa proponete in alternativa o a variazione del progetto?

Innanzitutto un censimento dei capannoni vuoti e delle strutture edilizie dismesse, idonei a ospitare attività di logistica senza ulteriore consumo di suolo. Siamo certi che ve ne siano, anche in conseguenza della crisi economica succeduta alla pandemia in atto, sia nell’interporto sia nel Centergross, di fianco all’interporto, un grande centro di distribuzione commerciale che sta entrando in crisi. Riteniamo opportuno completare l’area dell’ ex-zuccherificio di San Pietro in Casale e monitorare quell’area riconvertita a polo logistico, prima di iniziare qualsiasi nuovo progetto. Per adesso non abbiamo alcuna certezza dell’utilizzo di queste strutture. Servono delle statistiche, delle previsioni a lungo termine. Viviamo tempi di grandi trasformazioni: la pandemia ci ha fatto cambiare abitudini e consumi. La logistica rappresenta un settore economico di valore per il territorio, per cui valga la pena pregiudicare un ampio consumo di suolo? Credo si renda necessario, almeno da parte della Regione che deve redigere nei prossimi mesi il Piano Integrato dei Trasporti Regionale, una profonda riflessione sulla produzione e trasporto delle merci, compreso l’e-commerce che oramai caratterizza le nostre vite. Rispettare gli obiettivi di “zero emissioni” (carbon neutral) al 2050 per contrastare il Global Warming e far fronte al cambiamento climatico, contenendo l’aumento della temperatura terrestre nei 2 gradi, comporta fin da subito l’avvio della transizione ecologica e la modifica dei nostri stili di vita.

Come pensate di portare avanti la vostra battaglia?

Stiamo sensibilizzando la popolazione. Purtroppo con il rischio Covid i gazebo, i banchetti, il volantinaggio sono compromessi. Cerchiamo di utilizzare anche noi la rete, soprattutto i social. E poi la stampa, ovviamente. È partita una raccolta firme, sottoscritta dalle numerose associazioni ambientaliste attive (fra cui Legambiente e WWF), dopo la quale speriamo che anche i partiti più sensibili al tema Ambiente ci appoggino. Intendo i partiti al di fuori del PD, che è largamente presente nel Consiglio della Città Metropolitana e sappiamo come la pensa. Intanto in Regione sono state presentate alcune interrogazioni da parte del Centro-destra, di Emilia Coraggiosa e di Europa verde. Attendiamo fiduciosi gli sviluppi.

E la popolazione come valuta questo progetto?

Come sempre la popolazione è divisa: c’è chi guarda al progetto come una grande opportunità per l’occupazione e chi va al di là di quello che è un obiettivo di breve termine e comprende le numerose ragioni della nostra protesta. A questo riguardo vorremmo far capire agli abitanti della zona che questa “ricchezza” economica non è così attraente, come vogliono farci credere. Se con l'industrializzazione del lavoro, con la massificazione dei servizi si creeranno nuovi posti di lavoro, di cui non abbiamo garanzie in termini di tutela dei diritti e di precarietà, dall'altra parte questo comporterà molto probabilmente la chiusura delle piccole e medie botteghe, dei negozi e dei laboratori di artigianato e quindi la perdita di tanti “altri” posti di lavoro, e inoltre di un tessuto sociale, che è importantissimo. Anche questo, come la risaia, non ha solo un valore economico, perché rappresenta la qualità della vita di famiglie e anziani soprattutto. Se muoiono le borgate, muoiono anche le relazioni umane e sociali di quegli agglomerati urbani. Chi contabilizza il Pil della “felicità”? ◘

Di Daniela Mariotti


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