Venerdì, 29 Marzo 2024

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La sostenibilità del verde

Rubrica

silvia romano2

Con il boom economico degli anni sessanta anche il mondo del giardinaggio ha avviato la sua evoluzione, gettando le basi dell’attuale produzione vivaistica, che per molti aspetti è cresciuta accanto allo sviluppo dell’edilizia. Grazie al supporto della chimica sintetica e a una scelta di piante di medie e grandi dimensioni da destinare alla vendita al dettaglio, il vivaismo ha intrapreso la strada del “pronto effetto”, senza preoccuparsi delle necessarie indagini su clima e territorio. Se a questo aggiungiamo lo stereotipo del giardino all’inglese, sostenuto dal monopolio economico anglo-americano del momento, riusciamo a indovinare molte delle problematiche correlate alla sostenibilità nel verde.

Per cinquant’anni il giardinaggio del mondo occidentale e dell’Europa mediterranea ha favorito la creazione di prati freschi e umidi in estate e si è prestato alle composizioni sovraffollate di alberi, arbusti e fiori, esteticamente molto suggestive, ma che, prive di una linea progettuale improntata a una sana coscienza ecologica, hanno prodotto come conseguenze un progressivo aumento dei costi di manutenzione e l’eccesso di consumo idrico.

Con i primi e preoccupanti cambiamenti climatici avvertiti a partire dagli anni novanta, l’impostazione del giardinaggio all’inglese comincia ad implodere su se stessa e scattano i primi campanelli d’allarme: nasce e cresce la consapevolezza di un verde sano e non più ostinato, con piante adatte a clima e territorio, resistenti alla siccità, alle malattie crittogamiche, in grado di limitare consumo d’acqua e manutenzione, nonché l’uso spregiudicato dei prodotti agrofarmaci dannosi per l’uomo e per l’ambiente.

Olivier Filippi, famoso giardiniere e pioniere di una vera rivoluzione nel campo del vivaismo, nel suo volume Per un giardino mediterraneo, propone il motto più convincente sulla sostenibilità del verde: “la pianta giusta al posto giusto”. Poche parole per esprimere tutti i concetti fondamentali di questo nuovo modo di fare il giardino: paesaggismo, sostenibilità, costi di gestione e risparmio idrico.

Da qualche anno alcune amministrazioni comunali hanno cominciato a convertire le aree verdi pubbliche di vecchia concezione affidandosi ad esperti o ad architetti paesaggisti per riprogettare e realizzare il verde urbano a basso impatto ambientale, a partire dalle aree prative caratterizzate da erbacee perenni a zero consumo idrico, oppure rotatorie, aiuole e parchi urbani allestiti con arbusti e alberi che non necessitino di manutenzione.

Il traguardo finale, per ora una bella utopia, sarà fare in modo che il tema della sostenibilità del verde riesca a raggiungere ogni cittadino diventando un fenomeno di massa. Servono formazione, divulgazione di buone pratiche, incentivi per la riqualificazione dei giardini pubblici e privati.

Potremo così godere della bellezza di piante e fiori - perfino emulare lo stile all’inglese - ma nel pieno rispetto dell’equilibrio della Natura. ◘

A cura di Aurelio Borgacci


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