Politica. È nato l’esecutivo Draghi
«Lo stillicidio non finisce. Mi vergogno che nel Pd, partito di cui sono segretario, da 20 giorni si parli solo di poltrone e primarie, quando in Italia sta esplodendo la terza ondata del Covid…», parole pronunciate da Zingaretti di fronte a giornalisti colpiti dal tono duro e senza mediazioni ammorbidenti. Le tensioni esplose dopo la caduta del Governo Conte e l’avvento del Governo Draghi hanno raggiunto il loro epilogo: i cinquestelle sono implosi e con Conte sognano approdi “moderati e liberali”, LeU si è diviso e Zingaretti ha gettato la spugna. Quello che era nell’aria da quando Renzi ha deciso di rottamare non questo o quel politico ma la politica stessa, si è compiuto. Eppure nulla avrebbe potuto il rignanese se il toro non fosse già imbrocchito dal salasso di sangue avvenuto in anni di assoluto peregrinare nel nulla. La Sinistra in questo Paese deve fare un lungo percorso, se non vuol essere risucchiata negli archivi della Storia. Le tensioni esplose all’interno del Pd sono il risultato di una cifra che viene da lontano, dal non essere mai divenuto ciò che prometteva, ovvero un soggetto autonomo e affrancato dalle storie di provenienza dei suoi inquilini, per essere una cosa nuova. La “fusione a freddo” dei due apparati non è riuscita a compiere il miracolo dell’apertura di un nuovo orizzonte politico. Sia la Dc che il Pci sono stati due partiti fortemente ideologici e allo stesso tempo strutturati in apparati di potere. La Democrazia cristiana ha prevalentemente fatto leva sulle istituzioni statuali ed economiche con l’appoggio determinante della Chiesa, mentre il Pci ha detenuto per decenni un potere assoluto in alcune regioni centrali e ha esercitato una enorme influenza culturale e amministrativa in tutto il Paese. L’incontro tra i due partner è stato condizionato prevalentemente dagli aspetti gestionali, sui quali entrambi si sentivano alla pari, mentre non è riuscita la sintesi delle reciproche storie, che avrebbe dovuto dare vita a una “tradizione” e a un sistema di valori da porre come riferimenti di una nuova identità. Senza elaborazione politica, rimane solo tecnica, nel migliore dei casi. Altrimenti prevale la lotta per la conservazione del potere, il disimpegno politico e civile, l’abbandono dei valori e degli ideali: parole che oggi non hanno più un significato spendibile nel mercato dell’offerta politica. Con un apparato ossificato sulla prassi gestionale e senza una proiezione di futuro, il Pd si è condannato a un presente da gestire con strumenti ormai superati, perché l’esistente di cui voleva essere interprete oggi è determinato all’interno di una crisi epocale che vanifica tutti i vecchi arnesi della politica. Zingaretti ha semplicemente fotografato lo stato dell’arte: l’ha certificato, e questo lo assolve dalle titubanze e dai silenzi che hanno caratterizzato la sua segreteria. Il “partito degli amministratori” ha bisogno di potere e di poltrone per amministrare, perché altro non sa fare. E non è un caso che Bonaccini venga indicato come il naturale candidato alla segreteria. Sullo stesso piano è l’idea che la Sinistra per rinnovarsi debba conquistare le città e le regioni cedute alla Destra. Ma per fare cosa? Quello che faceva prima? Per dimostrare di saper amministrare meglio della Destra? Per questo bastano bravi tecnici! “Il fare cosa” apre una domanda di politica, di cultura, di conoscenza, di ricerca di un novum senza cui non c’è più speranza. Senza anima non si riesce a scaldare i cuori, ma solo le poltrone; non c’è impegno ideale e civile, ma solo convenienze e clientele; non si additano orizzonti di trasformazione radicale nel momento in cui le disuguaglianze aumentano, l’ambiente deperisce, i migranti sono alle porte di casa.
A questo punto Zingaretti non può arretrare. Non ci sono più alibi. Il Segretario uscente deve sfiduciare il gruppo dirigente del Pd alla prossima Assemblea generale e chiedere il rinnovamento, anche se ciò si scontra con una segreteria in cui il 50 per cento è rappresentato da renziani. Se questa operazione non riuscirà, il Pd è destinato a scomparire.
Tuttavia un recupero della Sinistra non riguarada solo il Pd, ma tutte le componenti che si richiamano a questa tradizione. E solo una Costituente, senza pregiudiziali e senza veti, può consentire l’elaborazione di un progetto che sia all’altezza delle sfide del nostro tempo.
Troppo a lungo si è parlato di strategie e di tattiche, di stare uniti costi quello che costi, perché…, se no…, la Destra…, Salvini… i barbari. La Destra è già al potere – e questo Governo gli dà una grossa mano –, ha la maggioranza numerica nel Paese, amministra 15 Regioni e gode di un sentiment diffuso. La sottovalutazione è stata grande e il prezzo da pagare sarà alto, ma non c’è altra strada. ◘
Di Antonio Guerrini