Luca Attanasio - Vittorio Iacovacci
La scena della bambina più piccola in collo a un carabiniere, un’altra in braccio alla moglie e la più grandicella tenuta per mano ha commosso l’Italia. È l’espressione di un Paese che sa compromettersi con l’esistenza degli altri, come ha fatto Luca Attanasio fino al termine del suo percorso. Non era un diplomatico legato al protocollo, si dedicava ad aiutare le persone più povere, donne e bambini abbandonati.
Il convoglio del World Food Programme, con a bordo Attanasio, è stato attaccato da una banda di violenti, probabilmente a scopo di rapina: ne è nato un conflitto a fuoco con le guardie del parco, il carabiniere ha reagito ai predoni facendo da scudo all’Ambasciatore, dopo di che gli aggressori sono fuggiti nella boscaglia. C’è voluto troppo tempo per arrivare a Goma e salvare Luca.
Nel tratto di strada tra Kibumba e Goma imperversano criminali dediti a saccheggiare, depredare, tendere imboscate a convogli umanitari per appropriarsi delle merci. Negli ultimi mesi, secondo gli abitanti del luogo, si sono verificati sessanta rapimenti, molti dei quali finiti nel sangue, con morti e feriti. A volte avvengono sequestri di massa che costringono le famiglie a sborsare il riscatto, anche se sono povere e al limite della sussistenza.
La tragedia accaduta in Congo ha spinto la giustizia italiana a chiedere perché ad Attanasio non sia stata assegnata una scorta con auto blindata in una zona di guerra come questa. Come mai l’Organizzazione del Programma Alimentare Mondiale ha detto all’Ambasciatore che non era possibile portare il giubbotto anti-proiettile e al carabiniere Jacovacci è stato proibito portare la pistola, indicazione che lui non aveva rispettato inserendola nel suo bagaglio?
Troppi dubbi che hanno spinto gli investigatori italiani a sospettare che a Bukavu qualcuno lo abbia tradito e abbia avvisato i predoni dell’arrivo del convoglio. Sono ipotesi che devono essere convalidate, ma una cosa è certa: chi doveva vigilare non lo ha fatto. Come sostiene la moglie: «mio marito è morto perché si è fidato dell’agenzia dell’Onu». ◘
Redazione l'Altrapagina