Arte. Storie di donne tra '500 e '600
Proseguiamo la rassegna delle pittrici talentuose e “moderne” attive in Italia tra Cinque e Seicento, visto che alcune delle loro opere sono in mostra fino al 6 giugno al Palazzo Reale di Milano. Attraverso il racconto delle loro storie artistiche e personali, l’esposizione esamina il ruolo da esse rivestito nella società del tempo, il successo raggiunto presso il papato a Roma o le corti internazionali, la loro capacità di sapersi relazionare e distinguere. Furono “moderne” per il linguaggio, testimoniato dalla loro produzione scultorea, architettonica e pittorica: essa spazia a tutto campo, in percorsi umani e stilistici diversificati. Ma molte furono “moderne” perché seppero trasformarsi in vere e proprie imprenditrici, affermandosi con i loro ideali e stili di vita.
Queste artiste hanno sfidato con successo l’universo “al maschile”. Altamente dotate, riuscirono ad apportare inediti guizzi inventivi ed espressioni audaci, non disdegnando, quando necessario, l’adozione di regole compositive e iconografiche canoniche.
Artemisia Gentileschi venne ammessa all’Accademia del disegno di Firenze nel 1616, ma fu con Chiara Varotari ed Elisabetta Sirani che si arrivò all’apertura - rispettivamente a Venezia e a Bologna - delle prime scuole d’arte per sole donne.
A legittimare la figura della donna artista nella storiografia fu Giorgio Vasari: egli citò varie esponenti ed introdusse nelle due edizioni delle Vite (1550 e 1568) l’attività della scultrice bolognese Properzia de’ Rossi (1490-1530), della quale possedeva svariati disegni e a cui dedicò un’intera biografia. A Properzia, che eseguì anche incisioni di grande bellezza, si devono varie sculture nella cattedrale di San Petronio. A tale proposito, pare che - a causa dei “maneggi” di Amico Aspertini - le fosse stato corrisposto un pagamento decurtato.
Abbiamo parlato il mese scorso della bolognese Lavinia Fontana, figlia del pittore Prospero, attivo anche a Città di Castello nel Palazzo Vitelli a Sant’Egidio, sicuramente aiutato da Lavinia che, ricordiamo, fu alla corte di papa Gregorio XIII (suo concittadino), stabilendosi a Roma nel 1603. Data la sua bravura, Lavinia - “Pontificia Pittrice” - eseguì numerose opere per la nobiltà e i rappresentanti diplomatici, tant’è che l’abate Luigi Lanzi scrisse che ella “fu ambita dalle dame romane, le cui gale ritraea meglio che uomo del mondo”.
Un’altra bravissima bolognese è Elisabetta Sirani (1638-1665), in mostra con potenti tele in cui sono raffigurati il coraggio femminile e la ribellione di fronte alla violenza maschile, come in Porzia che si ferisce alla coscia (1664) e Timoclea uccide il capitano di Alessandro Magno (1659). Da notare anche le sue opere Venere e Amore, del 1664, e la coeva Cleopatra.
Di Bologna fu pure Ginevra Cantofoli (1618-1672), di cui in mostra si può ammirare Giovane donna in vesti orientali. Ginevra studiò presso l’Accademia del disegno di Elisabetta Sirani e operò nella sua bottega. A Bologna dipinse diverse pale d’altare, fra cui un’Ultima cena per la chiesa di San Procolo, un San Tommaso da Villanova per la basilica di san Giacomo Maggiore, una Madonna con il rosario presso la chiesa di san Lorenzo, ecc.
Chiara Varotari (Padova, 1584-1663 c.), figlia di Dario Varotari il Vecchio, pittore e architetto, e sorella di Alessandro, difese strenuamente le donne nel suo trattato Apologia del sesso femminile. Visse lungamente a Venezia, divenuta nel XVII secolo un centro artistico di primaria importanza. Marco Boschini, pittore lagunare, così l’elogiò nel 1660: «Valse assai in far ritratti; e molti se ne vedono di donne Veneziane, Padovane et altre». Boschini racconta che ella «tenesse scuola di pittura a Venezia, come (Elisabetta) Sirani a Bologna, e che fossero da lei educate Lucia Scaligeri e Caterina Tarabotti». Napoleone Pietrucci riferisce che l’abilità della pittrice, con il pennello e la matita, era tale che il Boschini scrisse di lei nel suo Navegar pittoresco, e che Chiara ebbe l’incarico di ritrarre principi e granduchi di Toscana.
A proposito di questa regione, facciamo un passo indietro per parlare di Plautilla Nelli (1524-1588), suora pittrice vissuta nel convento domenicano di Santa Caterina da Siena in Firenze, per cui dipinse anche un’Ultima cena di grande formato. Possedeva disegni di Fra Bartolomeo e, probabilmente, anche stampe di opere che circolavano all’epoca. Conobbe i lavori dei maestri attivi presso i domenicani: la “Scuola di San Marco” era frequentata infatti, oltre che dallo stesso Fra Bartolomeo, da Mariotto Albertinelli, Lorenzo di Credi e Giovanni Antonio Sogliani.◘
Di Maria Sensi