Giovedì, 18 Aprile 2024

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Ma ‘n do vai se la rotaia non ce l’hai!

Infrastrutture logistiche. Occorre lo sviluppo intermodale, gomma/rotaia, ma le Ferrovie italiane non sono molto sensibili al problema

silvia romano2

Il nostro giornale ha dato conto della realizzazione di un polo logistico nella località di Altedo (Comune di Malalbergo, BO), di un polo logistico Amazon in fase di realizzazione a Magione e della Piastra logistica di Città di Castello. Per approfondire un tema di vaste implicazioni territoriali e ambientali abbiamo incontrato Gabriele Bollini, urbanista, esperto di valutazione integrata dei piani di sviluppo sostenibile, per porgli alcune domande in merito.

Innanzitutto qual è la funzione dei poli logistici? Se ne può fare a meno?

«Il termine “logistica” non ha una definizione univoca ed è utilizzato in settori molto differenti tra loro (militare, industriale, sistemi complessi, alta tecnologia). Per quanto riguarda il trasporto e la mobilità delle merci, si può definire come “l’insieme delle attività organizzative, gestionali e strategiche che governano nell’azienda i flussi di materiali e delle relative informazioni dalle origini presso i fornitori fino alla consegna dei prodotti finiti ai clienti e al servizio post-vendita”».

Perché hanno acquisito un ruolo così rilevante?

bollini altrapagina aprile 2021«In un sistema globalizzato di produzione e di consumo come il nostro, la logistica occupa un ruolo centrale e non più residuale. La globalizzazione e l’aumento degli scambi al livello internazionale hanno reso necessario un ampliamento del settore legato al trasporto e l’immagazzinamento delle merci, dalla produzione fisica alla vendita al dettaglio.  Oggi è più facile acquistare un prodotto dalla Romania e riceverlo in pochi giorni a casa, così come è normale produrre in Bangladesh e vendere in un qualsiasi negozio di una piccola città di (quasi) ogni Paese».

Così la spersonalizzazione tra produttore e consumatore viene enormemente amplificata.

«Nell’epoca dei feedback, della tracciabilità e delle promozioni sui costi di spedizione è necessario che tutto sia puntuale, che la merce giunga a destinazione in modo efficiente, così da rendere il cliente soddisfatto delle sue scelte di acquisto.  L’unica cosa che conta sono i risultati, gli utili, non come questi siano stati raggiunti. Si definisce così una netta separazione tra l’individuo consumatore e la società. Il consumatore vuole consumare e risparmiare: l’acquisto in tre click e il fattorino che bussa alla porta di casa.  Non è un caso che risulti secondario, se non del tutto indifferente, per il consumatore, in che modo i piccoli venditori e i grandi colossi del commercio siano in grado di praticare costi di spedizione minimi o addirittura nulli».

Quali sono in senso generale gli impatti negativi dei poli logistici e in particolare della distribuzione delle merci nei centri abitati?

«Nella logica del “polo della logistica”: TIR che in uscita dai caselli autostradali percorrono la viabilità locale fino al luogo dello scarico e della ridistribuzione su mezzi, camioncini e furgoni che partono verso la città. Nella logica Amazon: traffico indotto dai corrieri che girano per la città per distribuire casa per casa un solo libro, una cover, una maglietta. Ma coerenti al modello di consumo c’è anche il pane di Altamura o la mozzarella di bufala che arriva direttamente al supermercato sottocasa, fresco, tutti i giorni.

È bene ricordare che la Commissione Europea già nel 2011 con il Libro Bianco sui Trasporti ha stabilito l’obiettivo al 2030 di “Distribuzione urbana delle merci carbon free” ossia a zero emissioni dirette di anidride carbonica (CO2)».

E quali le ripercussioni sul piano economico e sociale, soprattutto per quanto riguarda le relazioni e la qualità della vita?

«Le aziende del settore logistico hanno anch’esse ovviamente l’obiettivo del profitto, al di là di quel che succede a monte e a valle della filiera. Così il passaggio è comprimere i costi, robotizzando alcune fasi e/o agendo sul costo del lavoro. Entrambi i meccanismi: frammentazione ed esternalizzazione da una parte e robotizzazione dall’altra. Al contrario, laddove non è possibile robotizzare, è con l’intensificazione dei ritmi di lavoro che si estrae ciò che un tempo sarebbe stato comunemente definito plusvalore.

Nel modello italiano, ma non solo, l’uso intensivo della forza lavoro è indipendente dalla dimensione delle aziende coinvolte. Grandi colossi e medie imprese, nel tentativo di ridurre al massimo il costo del lavoro, sono accomunate dall’uso delle cooperative. Il risultato è: condizioni di lavoro, dal salario all’orario di lavoro, sempre peggiori, in alcuni casi vicine alla semischiavitù».

Secondo lei quale potrebbe essere il modello migliore di sviluppo della logistica in generale?

«Il “nastro trasportatore” della logistica italiana è da considerare un asset essenziale al pari di altri, perché senza il trasporto tutto il resto dell’economia è impossibile. Ovviamente l’attenzione dovrà essere focalizzata anche sulla necessità di promuovere ulteriormente lo switch modale, cioè lo spostamento graduale di persone e di merci attraverso forme più sostenibili di trasporto (dalla gomma al ferro, da mezzi inquinanti a mezzi elettrici), realizzando una catena intermodale che renda possibile trasferimenti di persone e merci in forma più sicura, efficiente e meno inquinante».

ferrovie altrapagina aprile 2021 1Lo scambio intermodale, ferro su gomma, rimane un punto centrale quindi?

«La ferrovia per le merci su lunghe distanze è il mezzo che consente minor inquinamento e maggiori tutele dei lavoratori, dato che un treno merci trasporta l’equivalente di 40 tir, ma ha solo 2 conducenti e pertanto risulta più sicuro. Al presente però il mondo degli operatori e delle Ferrovie dello Stato da questo orecchio non sentono e gli stessi Interporti, nati negli anni '80 proprio con lo scopo di interfacciare il trasporto di lunga distanza su ferro con la distribuzione a livello locale, stentano economicamente perché non c’è ancora un’azione di potenziamento del trasporto delle merci su ferro».

Quindi?

«Si dovrà anche ragionare sulla logistica di ultimo miglio (cioè quella che dai poli logistici arriva fino alle attività commerciali e alle nostre case), che dovrà puntare sul contrasto  all’inquinamento attraverso l’uso di mezzi a emissioni zero come cargo-bike e furgoni elettrici; si dovrà riflettere su una revisione degli orari di lavoro, in considerazione del necessario allungamento degli orari di apertura degli esercizi commerciali e delle attività didattiche e produttive, e, ancora, sviluppare modalità complementari di spostamenti facendo leva su un aumento della pedonalità, sull’uso di monopattini elettrici e di biciclette  riservando loro spazi urbani dedicati per scongiurare il maggior ricorso alle automobili private a causa di minor uso del trasporto pubblico locale. Il nuovo Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) per utilizzare al meglio i fondi del Next Generation UE dovrà avere anche questi contenuti». ◘

di Daniela Mariotti


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