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Democrazie divine

Sahel. Elezioni in Niger
96 annii altrapagina aprile 2021

Il prossimo 2 aprile Mohamed Bazoum sarà investito della funzione presidenziale e presterà il rituale giuramento di fedeltà alla Costituzione della Repubblica. Il settimanale governativo ‘Sahel Dimanche’ del 26 marzo 2021 non lascia alcun dubbio sulla giovane democrazia nigerina. ‘Allah, il Sommo, incorona re chi vuole tra le sue creature, eleva e abbassa chi vuole’ (Sura 3, versetto 26). E poi continua, applicando con coerenza alle ultime elezioni l’affermazione precedente… «Si dice comunemente che l’uomo propone e Dio dispone. I nigerini, appassionati di pace e di giustizia, avevano sperato che Allah il Potente scegliesse un presidente per il Niger e il suo popolo, che faccia in modo che le elezioni si svolgano nella tranquillità e il Signore sembra abbia esaudito questa preghiera, designando Mohamed Bazoum come Presidente della Repubblica. I decreti divini sono irrevocabili e gli uomini non possono che inchinarsi davanti a essi…”

Per l’autore dell’editoriale la sorpresa viene dall’attitudine del perdente, Mahamane Ousmane, già Presidente della Repubblica e deposto da un colpo di Stato militare a Niamey nel 1996 dopo tre anni di esercizio. Golpe che avrebbe portato al potere il generale Ibrahim Baré Mainassara. Ci sarebbe da domandarsi se, in questo caso, i puchisti che hanno rovesciato il primo Presidente democraticamente eletto nel Niger abbiano peccato contro la volontà di Dio che aveva scelto Mahamane Ousmane. Oppure si presume ci sia stato un cambiamento di regime divino che avrebbe ‘esautorato’ l’eletto per favorire chi ha preso il potere con le armi e che drammaticamente sarebbe stato ucciso dalla sua guardia presidenziale appena tre anni dopo… Vediamo dunque che l’aspetto divino, se preso sul serio, appare come variabile molto dipendente degli interessi della classe o del ceto dominante in quel momento particolare della Storia.

L’attuale Costituzione della settima Repubblica sancisce la separazione tra lo Stato e la religione…, infatti all’articolo 8 si legge… «La Costituzione vieta la discriminazione religiosa e prevede la libertà di religione e di culto compatibili con l’ordine pubblico, la pace sociale e l’unità nazionale. Prevede la separazione tra lo Stato e la religione e vieta i partiti politici a carattere religioso». Tutto chiaro, come sempre, sulla carta, sia pure essa ‘costituzionale’, perché come sappiamo, qui come altrove, il ruolo della religione come ‘garante’ del sistema non lascia alcun dubbio. L’affermazione del giurista, filosofo e politologo tedesco Carl Schmitt, che i concetti di base dello Stato moderno non sono altro che teologia politica, si conferma tutt’ora e sotto varie latitudini. La religione, intesa come ‘legame’ con il Trascendente e, allo stesso tempo, come insieme di pratiche e comportamenti, è da sempre costitutiva dell’istituzione di potere fondante della politica.

In vari Paesi del Sahel, innegabilmente marcati dalla religione islamica, chi governa non potrà prescindere dall’appoggio, esplicito o implicito, della religione e soprattutto dei leader religiosi. Il connubio tra principi religiosi e gestione concreta del potere, specie dove l’ispirazione ai libri religiosi diventa vincolante, non può non rivelarsi problematico. L’antica lotta tra potere secolare e potere spirituale che l’Occidente ha conosciuto, sofferto e tentato di risolvere con la ‘laicità’, in questa parte del mondo non è risolta se non a livello di principi costituzionali ispirati dalla giurisprudenza occidentale. Di fatto si nota un non adeguamento tra lo spirito della Costituzione e la traduzione nel quotidiano politico dello Stato. L’autonomia dello Stato, delle istituzioni e del pensiero politico rispetto ai dettami normativi della religione è puramente teorica. Solo questo spiega la riflessione ‘teologico-politica’ del giornalista pubblicata nel settimanale citato.

Vorrebbe dire che Dio, in questa ottica, diventerebbe complice o autore dei mandati ‘eterni’ di vari presidenti africani e delle dinastie che hanno accaparrato e confiscato il potere per intere generazioni. Significherebbe credere in un Dio che, tramite le regolari elezioni, più o meno di sabbia, prenda partito, appoggi, confermi e in definitiva ‘governi’ un popolo tramite il suo ‘eletto’! Implicherebbe dunque il delitto di ‘sacrilegio’ o perlomeno di ‘insurrezione teologica’ contestare il risultato delle elezioni e rivendicare un altro tipo di gestione del potere. Vorrebbe dire, in definitiva, che la democrazia è ‘divinizzata’ e che ogni tentativo di rettificazione o di riforma della stessa andrebbe contro la volontà di Dio. De-divinizzare la politica, rispettare la sovranità del popolo e liberare la nostra immagine di Dio è un cammino da seguire. ◘

di Mauro Armanino


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