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Foibe: la Lega detta, l’opposizione approva

Regione Umbria. Mozione della Lega sul “Giorno del ricordo” tra sviste storiche, propaganda spicciola e inettitudine

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Il 18 febbraio in sede di Consiglio regionale è stata approvata all’unanimità, quindi anche dall’opposizione, una mozione presentata dalla Lega riguardante il tema doloroso delle foibe, con una impostazione decontestualizzata e palesemente propagandistica, in cui si afferma che «… migliaia furono le vittime cadute per mano dei comunisti titini, i quali si macchiarono di eccidi efferati perpetrati nei confronti di militari e civili, che costrinsero circa 350mila connazionali ad abbandonare le terre d’Istria, Fiume e Dalmazia».

In tempi di sovranismi e nazionalismi di ritorno, una mozione del genere meritava di essere attenzionata con maggiore prudenza, per verificare quanta volontà ci sia di fare chiarezza reale dei fatti e quanto invece serva a discriminare una storia di resistenza all’occupazione nazifascista, a discapito della lotta di liberazione e della lotta partigiana. Tenere tutto nello stesso sacco, occupanti e occupati, e spostare l’attenzione solo sulle conseguenze di quella storia - peraltro trascurando l’esodo che fu il fatto storico più rilevante - rischia di non cogliere il vero problema.

Una mozione seria avrebbe dovuto «attivare progetti sostenuti dalla Regione e dall’istituzione per conoscere i fatti accaduti al confine orientale nei 29 mesi di occupazione nazifascista dei Balcani», incluse le foibe, a cui lo Stato italiano ha dedicato il 10 febbraio il “Giorno del ricordo”. Una ricorrenza nazionale a cui si sono opposti la Repubblica Slovena, molti intellettuali e cittadini italiani di origine slovena e italiana e soprattutto gli storici, che più giustamente chiedono di fare chiarezza su tutto il contesto storico, incluso l’esodo e l’eccidio degli italiani, ed evitare un racconto sostanzialmente fascista, basato su falsi e opinioni ideologiche. Un racconto che mette a rischio i valori fondanti della nostra Costituzione e della Repubblica italiana, capovolgendo lo svolgimento e l’interpretazione dei fatti con l’unico obiettivo di riequilibrare il giudizio storico sulla lotta partigiana e la sconfitta del fascismo.

foibe altrapagina aprile 2021 2Particolarmente importante è la denuncia dello scrittore Boris Pahor (108 anni), insignito da Mattarella dell’onorificenza di cavaliere di Gran Croce per meriti letterari e testimoniali per le vicende storiche vissute e narrate. Lo scrittore e l’Unione italiana-slovena di Cultura e di Storia, che hanno svolto un’indagine accurata dei fatti durata anni da cui è scaturito un rapporto “condiviso” ma praticamente sconosciuto, trovano sconveniente l’istituzione del “Giorno del ricordo”, poiché mette sullo stesso piano gli occupanti con chi ha lottato per la libertà. E lo stesso Pahor ha scritto al presidente Mattarella chiedendo la soppressione della ricorrenza per le vittime delle foibe, perché così come raccontata è “un falso storico”.

Temi puntualmente ripresi dallo storico torinese Eric Gobetti nel suo ultimo lavoro E allora le Foibe?, che cerca di portare un ulteriore contributo di ricerca, non propagandistico, alla guerra dei Balcani e ai fatti conseguenti. Lo studioso mette in evidenza come la discriminazione e l’intolleranza verso le minoranze etnico-linguistiche (12 in Italia) erano già iniziate con il fascismo, che vietava qualsiasi forma di espressione associativa e di pensiero agli sloveni e proibiva l’uso della lingua nella comunicazione per colpirne l’identità culturale: una vera persecuzione.

La nuova Giunta regionale, poiché non brilla per discontinuità dal precedente governo di Sinistra, deve aver pensato di spostare l’attenzione dalla gestione alla propaganda. Ma se la Lega fa il suo gioco, il soggetto mancante ancora una volta è l’opposizione, che ha condiviso la mozione senza coglierne la sottesa condanna dei valori di libertà, giustizia e democrazia per i quali hanno combattuto tanti italiani, non solo di Sinistra. L’opposizione ha abdicato alla sua funzione di controllo e di critica e allo stesso tempo ha perso l’occasione per portare questa parte della Storia repubblicana nelle scuole – come peraltro richiede la mozione – per creare una memoria condivisa delle innumerevoli sofferenze subite da diverse popolazioni in quei territori.

Le informazioni storiche sulla occupazione dei Balcani risultano carenti e largamente controverse, e possono basarsi su limitati documenti ufficiali o fatti storicamente comprovati. La colonizzazione dei Balcani fu voluta dal fascismo che così replicava in Europa la politica coloniale ed espansionistica praticata in Etiopia. Si trattò quindi di un’occupazione in piena regola con l’utilizzo di 30-35 divisioni delle 65 allora disponibili, con la presenza stabile nell’area slovena-dalmata della II divisione, a cui dobbiamo uno dei documenti più autorevoli sullo svolgimento degli eventi. La relazione della seconda armata non lascia dubbi sul fatto che si sia trattato di occupazione e descrive anche i comportamenti degli alleati dell’epoca, in particolare degli ustascia croati (una delle milizie filonaziste più feroci dell’epoca) «che governavano con il terrore e la pulizia etnica», mentre i tedeschi “rapinavano sistematicamente la popolazione per farla morire di fame”. Fu dunque una occupazione di sopraffazione, miope ed avventata, che produsse l’ostilità della popolazione e suscitò la resistenza e il sostegno al movimento partigiano, nazionalista e di classe.

Le truppe d’occupazione italiane si comportarono come tutti gli eserciti colonizzatori: fucilazioni, sequestri, distruzione di case, confisca dei beni…, con qualche attenzione agli eccessi e alle devastazioni. Costrette a eseguire gli ordini, in una situazione compromessa dalla cattiva gestione e dai cattivi comportamenti, applicarono la massima durezza nella repressione “Non occhio per occhio e dente per dente! Piuttosto una testa per ogni dente”. Il generale Robotti stesso era uso lamentarsi affermando “che non si ammazza abbastanza”.

foibe 4 altrapagina aprile 2021Altro aspetto da considerare è il tema dell’esodo riguardante le deportazioni, su cui si hanno notizie più certe, che coinvolsero decine di migliaia di civili, soprattutto sloveni, ma anche dalmati e istriani, perlopiù compiute a titolo preventivo. Circa 50 furono i campi gestiti dal Ministero degli Interni italiano nell’Italia centromeridionale, una decina gestiti dall’esercito nell’Italia settentrionale e una quindicina in Dalmazia, di cui alcuni di notevoli dimensioni: nel totale è difficile stabilire una cifra esatta, ma non meno di 100.000 furono i deportati. Nell’isola di Arbe (Rab) tra il 1942/43 morirono di fame e di stenti un quinto dei diecimila prigionieri. Alcune cifre ci potrebbero aiutare a comprendere meglio il fenomeno: la Slovenia italiana contava 340.000 abitanti, la forza di occupazione su quei territori più la Dalmazia e Fiume contava circa 300.000 soldati dell’esercito italiano, riconducibili alla II armata. L’esercito italiano nei Balcani dispiegò 600/650.000 uomini nell’arco delle operazioni belliche 1941/1943, la parte più consistente della forza militare italiana impegnata sui vari fronti. Raccontare questa complessa vicenda solo come crimini commessi dai “titini” contro la popolazione italiana, è strumentale e fuorviante.

Nonostante le poche informazioni, alcuni fatti e i documenti ufficiali non lasciano dubbi su tutta la vicenda: lo stato di occupazione, la repressione, la resistenza, le motivazioni politiche, il ruolo delle forze in campo compresi gli ustascia croati, gli ambigui cetnici e gli anticomunisti sloveni (belogardisti e domobranci). Un quadro storico così complesso riflette la natura propagandistica della mozione presentata dalla Lega, che è esattamente l’opposto della ricerca della verità. Ma è mancata una opposizione degna di questo nome. ◘

di Ulderico Sbarra

 


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