Lettere in redazione
L’articolo 2 dello Statuto Comunale di Città di Castello (PRINCIPI FONDAMENTALI E PROGRAMMATICI, punto 11) recita: “[Il Comune] promuove le attività culturali come momenti essenziali per la crescita e lo sviluppo della comunità locale, assicura la valorizzazione del patrimonio culturale e ne favorisce la piena fruizione”. Forse si dovrebbe aggiungere “a seconda di chi presenta i progetti”. Il ritorno tecnologico dello “Sposalizio della Vergine” nella cappella originaria del dipinto, con un documentario apposito su canale nazionale, evidentemente non aveva i requisiti! Ne è dimostrazione il fatto che l’evento suddetto, presentato durante le ultime festività natalizie dallo scrivente (all’interno e all’esterno della chiesa di San Francesco) non è stato ricordato nella conferenza stampa di fine anno dell’assessore di ramo, Vincenzo Tofanelli, né ha ricevuto il patrocinio del Comune (a differenza di quello della Regione Umbria, giunto regolarmente, e del placet della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio).
Un “matrimonio”ostacolato già dalla Storia, con la requisizione cisalpina del 1798, che ancora oggi si vuol far passare come pacifica e volontaria (Direttore di Brera, Bradburne, in primis) e che nella sua veste moderna è malvisto – incredibile a dirsi – dalla stessa Amministrazione di Città di Castello!
La vicenda si snoda sull’arco di un anno, fra promesse mancate e sterili incontri, prima con l’assessore Michele Bettarelli, quindi con l’attuale Tofanelli, che sulle prime è entusiasta e promette 10.000 Euro dal bilancio comunale (rivelatisi presto un puro proclama); il tutto sotto la scocciata supervisione dei funzionari dell’Ufficio Cultura, che in maniera molto solerte mi ricordano che TUTTI i possibili finanziatori della città (fondazioni, enti e privati) sono già stati contattati per la futura mostra su Raffaello, per cui, al di fuori di essa, non c’è una lira.
Eppure il progetto è appetibile, in quanto l’azienda individuata da chi scrive, Haltadefinizione di Franco Cosimo Panini Editore, leader nella digitalizzazione di opere d’arte, e già in collaborazione con la Pinacoteca di Brera, è disposta a produrre il clone del dipinto pro bono, in vista del valore culturale (e mediatico) del suo “ritorno” a Città di Castello. I fondi che servono (15/20.000 Euro) sono invece per il documentario con cui immortalare l’evento e poter così riattivare connessioni tra il capolavoro giovanile di Raffaello e l’ambito di origine (dalle matematiche di Piero alle influenze espressive di Signorelli, dalla leggenda del “Santo Anello” di Perugia al rapporto con i committenti del dipinto, la cui dimora è Palazzo Albizzini/Collezione Burri); un volano agile, narrato non da esperti, ma da artisti contemporanei che hanno già omaggiato il dipinto (come Salvatore Sciarrino e Peter Greenaway) e che ovviamente porterebbe vantaggio alla mostra e alla città.
Nel frattempo (febbraio 2020) Haltadefinizione propone al Comune un’offerta complessiva che comprende la riproduzione gratuita dello “Sposalizio” in tecnologia 3D per San Francesco e riproduzioni (non 3D) di tutte le opere di Raffaello che non sono più a Città di Castello (da lasciare in pianta stabile in Pinacoteca, come suggerito da Bettarelli) per complessivi 10.000 Euro. L’offerta non viene però sottoscritta, per cui ad oggi il direttore di Haltadefinizione conferma che non esiste alcun accordo tra l’azienda (ovvero l’unica autorizzata da Brera alla riproduzione dello “Sposalizio”) e l’Amministrazione comunale. In seguito (aprile) l’azienda accoglie comunque il mio suggerimento, cioè quello di donare ugualmente il clone dello Sposalizio al FEC (Fondo Edifici di Culto), proprietario del luogo di origine del dipinto, in vista del valore dell’iniziativa e del ritorno mediatico offerto dal documentario su Sky.
In cerca dei fondi necessari per il film, mi rivolgo quindi all’assessore alle politiche culturali della Regione Umbria, Paola Agabiti, che in ottobre (alla presenza dell’ex assessore comunale Bettarelli) si dice favorevole a finanziare il progetto (riproduzione 3D GRATUITA dello “Sposalizio” per San Francesco e relativo documentario) e conferma la disponibilità di circa 15.000 Euro dai fondi residuali dell’anno. I fondi devono però essere richiesti dal Comune, in quanto non può essere un privato a farne richiesta. Fiducioso mi rivolgo all’Ufficio Cultura e chiedo di inoltrare la richiesta, ma non ottengo risposta.
Un mese dopo (novembre) la sorpresa: lo stesso ufficio aveva inoltrato richiesta alla Regione per 15.000 Euro di finanziamento per la realizzazione di un clone 3D dello Sposalizio da collocarsi nella mostra in Pinacoteca! Nella richiesta (firmata da Tofanelli) non c’è alcun riferimento al sottoscritto, né al documentario, ma soprattutto non c’è più la gratuità del clone 3D per San Francesco; il tutto senza che l’azienda autorizzata da Brera ne sia minimamente a conoscenza, e senza che del progetto in questione esista alcuna traccia nel programma della mostra!
L’11 novembre viene pubblicata la deliberazione regionale 1061 “contributo Comune di Città di Castello per riproduzione Sposalizio della Vergine nell’ambito della mostra”. Il parere di legittimità è firmato da Antonella Pinna, funzionario regionale a contatto diretto con le curatrici della mostra, che sedeva al tavolo dei relatori durante la doppia conferenza di presentazione della mostra stessa (prima a Perugia, poi a Castello) ed era quindi a conoscenza del fatto che il programma non prevedeva il clone 3D dello “Sposalizio”.
Pur con animo scosso, mantengo le linee del progetto che avevo portato quasi un anno prima in Comune (e che prevedeva la possibilità di svolgimento anche in caso di persistenza del virus): il 23 dicembre, negli ultimi giorni delle celebrazioni nazionali dedicate a Raffaello, il clone dello Sposalizio, perfettamente identico a quello di Brera, ritorna nella sua cappella originaria di San Giuseppe, nella chiesa di San Francesco. Un’installazione luminosa indica il percorso per il visitatore, mentre lo stucco barocco della chiesa è avvolto nel buio. L’esterno, ancora vicinissimo a quanto videro gli occhi di Raffaello, è percorso da proiezioni mobili con i dettagli del dipinto, alternati ai ritratti del giovane nel periodo tifernate e alle firme degli Albizzini, i committenti del dipinto, in aggraziata grafia su fogli cinquecenteschi. L’Italia è in zona rossa, ma l’evento ha tutti i requisiti per “resistere” e l’orchestrazione del Maestro Sciarrino, modulata da Liszt e dedicata allo Sposalizio, riempie la navata con la gioia di un ritorno a casa.
Arriva il Sindaco, campione di ubiquità elettorale, ma mancano tutti gli altri, tra cui lo stesso Tofanelli, che pochi giorni prima mi aveva telefonato per sconsigliarmi di portare a compimento l’evento; il 12 dicembre il Comune aveva ottenuto i 15.000 Euro, ma con il clone a San Francesco sarebbe mancato materialmente l’oggetto del finanziamento per la mostra! Così il patrocinio non arriva, le questioni tecniche (allaccio impianto etc.) vengono risolte di tasca mia (compreso il restauro della cornice lignea del dipinto!) e le comunicazioni di servizio (su orari evento e condizioni di distanziamento) non vengono pubblicate sul sito comunale, se non tardivamente e controvoglia. In compenso la stampa nazionale, dalla Rai (con tg e rubriche di approfondimento) al Corriere della Sera, dal Sole 24 Ore a Repubblica, parla finalmente del luogo storico dello Sposalizio di Raffaello, LA CHIESA DI SAN FRANCESCO, A CITTà DI CASTELLO: nella morsa dei divieti c’è un posto in cui si può entrare, senza pagare un biglietto, e per un attimo dimenticare tutto il resto, compresi i progetti sottratti, i soldi persi e i film mancati, così come l’arroganza di certe “curatrici” e la pochezza di certi amministratori.
Di Giuseppe Sterparelli