Intervista a Shahrzad Houshmand Zadeh, nata a Teheran (Iran), laureata in teologia islamica all’Università di Teheran e in teologia fondamentale cristiana alla Pontificia Università dell’Italia meridionale. Specialista in Cristologia Coranica e autrice di molti articoli in tema di dialogo tra l’islam e il cristianesimo
Ci sono dei gesti che segnano una svolta nella civiltà contemporanea, contrassegnata da continui conflitti tra culture e religioni. Ne parliamo con la teologa islamica Shahrzad Houshmand Zadeh, docente all’Università La Sapienza di Roma e alla Gregoriana, vice-presidente dell’Organizzazione delle religioni per la pace (Cipax).
«Penso che questo viaggio, profondamente simbolico, di papa Francesco scuota le anime, soprattutto di cristiani, ebrei e musulmani, per ricondurli all’origine, ad Abramo, che parla del Dio unico. Forse Abramo voleva portare la nostra attenzione sull’unico Dio dell’universo, l’unico creatore, vivo, vero, la nostra meta. È questo il messaggio. Dobbiamo ritornare a leggere il nostro primo punto di partenza. Monoteismo significa ritrovarci fratelli. Prima con l’Enciclica Fratelli tutti e poi con questo viaggio il Papa ha realizzato la fratellanza, ci ha mostrato la via.
Anche nell’incontro con al-Sistani vuole sfatare la falsa e cattiva teoria dello scontro tra le civiltà e le religioni. Il Papa e Ahmad al-Tayyeb elaborano un testo in cui scrivono che dialogare, per i credenti, significa incontrarsi negli enormi spazi dei valori spirituali, umani e sociali comuni, investire nella diffusione delle più alte virtù morali, sollecitate dalle religioni. Significa anche evitare le inutili discussioni: se siamo veramente credenti, se siamo monoteisti, la nostra fede si deve tradurre nell’amore verso il prossimo. Tayyeb e al-Sistani rileggono gli stessi valori nel testo coranico quando si afferma: “io non vi chiedo nient’altro che l’amore verso il prossimo”».
Quali ricadute potrebbe avere per il popolo iracheno l’incontro tra al Sistani e il Papa?
«Incontrando i massimi leader religiosi, il Papa sta sfatando la teoria dello scontro, sta restituendo credibilità ai leader religiosi, perché essi traducano il messaggio religioso donato loro attraverso la figura di Cristo, che in modo solenne ha espresso questo amore, attraverso il percorso di incarnazione e poi di morte e resurrezione. Un Dio che si incarna per essere al servizio dell’umanità lascia questo messaggio e papa Francesco tramanda l’autenticità del messaggio cristiano. Anche i capi religiosi musulmani rimandano al significato del versetto a cui ho fatto riferimento. Il succo della religione islamica è nel servizio, dove il nome stesso di Dio è amore.
Con questi incontri sta nascendo la nuova civiltà spirituale umana, che ha come meta Fratelli tutti. Difatti la rivoluzione francese ci ha donato la libertà e l’eguaglianza, ma non ha realizzato la fraternità e senza di essa anche la libertà e l’uguaglianza sono senza spirito. Lo afferma papa Francesco nell’Enciclica: se ci sono le nuove forme di colonizzazione e si permette che certe parti dell’umanità siano sacrificabili, non è stata realizzata nemmeno la fratellanza della rivoluzione francese. Francesco, insieme ai leader musulmani, vuole creare una comunità umana basata sul rispetto della dignità umana».
Potrebbe delinearci i tratti essenziali della figura di al-Sistani che Francesco ha voluto incontrare? E il perché di questo incontro?
«Al Sistani è il massimo leader religioso sciita in Iraq. Ha 90 anni, è nato in una città santa in Iran e ha studiato a Qom, il centro del mondo sciita. È una figura importante anche per l’unità nazionale dell’Iraq, perché è una figura molto rispettata, non solo dagli sciiti, anche dai sunniti, dai curdi, dagli yazidi e dai cristiani. Offre una parola che unifica e, come ha ricordato anche papa Francesco, ha alzato la voce in difesa dei deboli, contro la violenza operata in nome della religione, definendo chiaramente terroristi coloro che agiscono in questo modo. Questa figura ha tenuto questo incontro storico proprio nella sua casa, una casa in affitto, molto semplice in cui è abituato a ricevere pochissime persone. Anche solo per questo è un incontro storico. È vero che non è stato prodotto un documento scritto, ma ne è uscito un messaggio di profonda intesità spirituale in difesa di tutti gli uomini. Il Papa non pensa solo ai cristiani e l'ayatollah al Sistani non pensa solo ai musulmani, sono due leader che hanno a cuore l’umanità intera, è questo il valore del loro incontro. Si sono ritrovati per riflettere su come evitare maggiore violenza e costruire un Iraq unito, un’area pacifica che alimenti un sogno di fratellanza per tutta l’umanità».
La lacerazione tra sciiti e sunniti è ancora presente in Iraq?
«L’islam sciita segue spiritualmente Ali Husayn, la cui tomba è ospitata nella città di Najaf, e ha una devozione particolare per imam Hossein che è il martire per eccellenza per il mondo islamico in generale, ma soprattutto per il mondo sciita. Husayn è il nipote diretto del profeta Mohammed, il figlio di Fatima, l’unica erede biologica del profeta. Hossein viene ucciso e diventa il sangue di Dio. Infatti il profeta dice: “Hossein è mio”. Nella città di Najaf sono comparse delle scritte sui muri che dicono: “noi siamo una parte di voi e voi siete una parte di noi”. Questo ha molto colpito, perché testimonia il senso religioso degli iracheni sciiti, della mentalità spirituale in cui viene elaborata una emotività religiosa molto profonda. Quest’immagine rappresenta un’unità molto forte».
È vero che l’islam sciita ha radici più forti nella tradizione cristiana, rispetto a quello sunnita?
«In un certo senso sì. Louis Massignon, il grande scrittore francese, scrive sulla somiglianza di Cristo e al-Hallaj, è uno che viene ucciso e poi paragonato a Imam Hossein.
Nella lettura dell’Islam sciita la figura del santo come mediatore fra cielo e terra è proprio profondissima nella memoria. Tutto questo facilita la comprensione della figura di un Gesù che diventa mediatore, mano di Dio, volto di Dio, parola di Dio.
Henry Corbin ha elaborato la figura di un imam occulto e presente, che ritornerà alla fine dei tempi, insieme a Gesù Cristo, a portare pace, fratellanza e unità fra tutti i popoli del mondo. Sono letture molto sottili e sofisticate a livello spirituale, che facilitano il dialogo. Anche la figura di Fatima, nel mondo islamico in generale, ma in particolare nel mondo dell’islam sciita, ha molte analogie con la figura di Maria. Non considerata Madre di Dio, ma madre del proprio padre e rappresenta il cielo della santità. Ci sono somiglianze spirituali e religiose di profonda intesa tra il cattolicesimo e la lettura dell’islam sciita».
Quali aspettative ci sono in Iran dopo la elezione di Biden?
«Trump aveva dichiarato di aver esercitato la massima pressione sull’Iran.
Le sanzioni colpiscono soprattutto i popoli e il popolo iraniano ha sopportato privazioni di ogni genere: mancanza di medicinali, di pezzi di ricambio per aerei… Questa è una grande ingiustizia. Infatti papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti parla di una politica che giustifica il sacrificio di una parte dell’umanità a vantaggio di un’altra. Dobbiamo cambiare questa lettura del mondo». ◘
Di Daniela Mariotti