Storia. Una esperienza di democrazia diretta del popolo parigino nel 1871 durata poco più di due mesi, ma che ancora fa discutere
Quest’anno, 2021, ricorre il centocinquantesimo anniversario della “Comune di Parigi”. Benché sia durata poco più di due mesi, dal 18 marzo al 28 maggio 1871, la “Commune” ha fatto il giro del mondo: dall’Europa all’America, dalla Russia sovietica, alla Repubblica Popolare Cinese, ai Paesi del Terzo Mondo. E ancora se ne parla, se ne scrivono libri, se ne fa del cinema, la si recita a teatro e se ne cantano le canzoni.
Il contesto
La “Comune di Parigi” inizia il 18 marzo del 1871. Nasce qualche mese dopo la dichiarazione di guerra della Francia ai prussiani del cancelliere Otto von Bismarck. La tragedia iniziò dopo la prima battaglia a Saarbrücken e continuò con una catastrofe a Woert-Froeschwiller e Forbach. La battaglia di Sedan fu il colpo mortale inflitto dalla Prussia all’armata francese che, circondata, fu costretta alla resa. A Metz, in Alsazia, i prussiani fecero prigionieri 170.000 soldati francesi, mortificando la Francia. La capitale francese venne assediata, ridotta alla fame e cannoneggiata. Dopo la tregua, la Francia dovette versare, a titolo d’indennizzo, 5 miliardi di franchi in oro, cedendo alla Prussia l’Alsazia e la Lorena settentrionale. Durante il terribile inverno del 1871 il popolo parigino si trovò a patire il freddo tremendo della stagione inclemente, senza legna e carbone per riscaldarsi. Le donne, con i visi pallidi e smunti cercavano un pezzo di pane per i loro figli, i vecchi soccombevano al gelo e alla fame. È in questa atmosfera terribile che il popolo parigino iniziò a gridare “Vive la Commune”! E proprio in quei giorni iniziarono a comparire i primi manifesti: «Il popolo dell’ ‘89 (quello della “Rivoluzione francese”) che ha distrutto la Bastiglia e abbattuto la Monarchia, resterà inerte di fronte all’assedio, al freddo e alla fame»?
L’insurrezione generale e la fine del vecchio mondo
A Parigi, Lione, Marsiglia, a Saint-Étienne, Tolosa, Narbonne il popolo insorse. Erano giornate frenetiche. I nemici della “Commune”, trovarono rifugio a Versailles e dichiararono che “bisognava scongiurare il pericolo rosso” (“il rosso”, già allora!) mentre gli insorti di Parigi incitavano il popolo alla rivolta, alla libertà di autogoverno, alle riunioni pubbliche, ai proclami nei giornali e alle decisioni prese nel tumulto delle assemblee che, in ogni caso, “non saranno mai troppo rivoluzionarie”. Il popolo era guidato dal pensiero del mitico rivoluzionario, teorico dell’insurrezione, Auguste Blanqui. Édouard Vaillant, ministro dell’Istruzione della “Comune di Parigi”, irriducibile difensore della scuola pubblica e laica, dichiarava: «La scuola sarà gratuita per tutti i bambini e le bambine. L’istruzione sarà obbligatoria, un diritto per tutta l’infanzia, qualunque sia la sua posizione sociale». La “Commune” incoraggiò la formazione delle società operaie, abolì la pratica delle multe ai lavoratori e l’infamia delle trattenute sugli stipendi. Il 19 aprile del 1871 la “Commune” solennemente dichiarava: «La fine del vecchio mondo, del clericalismo e del militarismo, del burocratismo e dello sfruttamento. Dell’aggiotaggio, dei monopoli, dei privilegi ai quali il proletariato e la Patria sono sottomessi con le loro sciagure e i loro disastri».
Le donne della “Commune”.
Le donne più giovani e meno giovani combattevano numerose sulle barricate erette per arrestare l’avanzata dell’esercito di Versailles durante il massacro dell’ultima settimana della “Commune”. Centinaia di donne operaie e casalinghe soccorrevano e davano assistenza ai loro uomini feriti, procuravano loro il cibo e li incitavano alla lotta sulle barricate, anch’esse avevano i fucili in mano. Alcune le hanno chiamate “Les pétroleuses”. Su queste “incendiarie” sono stati scritti dei libri che descrivono delle giovani ragazze che riempivano di petrolio i bidoni del latte versandolo, dopo averlo incendiato, per i boulevards e nelle case. Le guidava l’icona delle donne di Parigi, Louise Michel, Presidente del “Comitato di vigilanza dei cittadini di Montmatre”. Vicina ai socialisti ma anarchica irriducibile. Dei tre poemi dedicati alla “Commune” dal poeta “veggente” Arthur Rimbaud (aveva appena 16 anni !), uno parlava delle mani delle donne. Le chiamava mani forti – mani di Madonna – mani incantate – mani che non fanno mai male – mani che cantano – mani innamorate – mani sacre – mani d’angelo.
La “Commune” cosmopolita
L’editoriale del giornale parigino “Le Siècle” del 30 maggio del 1871, qualche giorno dopo i massacri dei comunardi e la semi-distruzione di Parigi, scriveva che i barbari venuti da altri Paesi erano i responsabili della devastazione della capitale: «Dei malviventi, evasi dalle prigioni, delle canaglie cosmopolite». A Parigi, dal marzo al maggio 1871, erano presenti dei combattenti polacchi, italiani, tedeschi, russi, internazionalisti e cosmopoliti: il più famoso, ungherese di origine ebraica, era Léo Frankel, nominato membro della Commissione Economica della “Commune”. E poi la russa Élisabeth Dmitrieff, inviata, a soli 19 anni, da Carlo Marx a Parigi, come giornalista, a nome dell’allora Associazione Internazionale dei Lavoratori (Oggi conosciuta come la Prima Internazionale). E ancora il matematico italiano La Cécilia che aveva combattuto in Italia per la Repubblica. E Giuseppe Garibaldi il quale, qualche anno dopo la nascita della Repubblica italiana, partì con i suoi due figli, al comando del “Corpo di armata dei Vosgi”, in Alsazia, a difesa della Repubblica francese. La Prima Internazionale, fondata a Londra, inviò un saluto ai combattenti comunardi: «Vi salutiamo a nome della Repubblica universale e vi ringraziamo per la grande opera che state compiendo in questi giorni».
22 – 28 maggio 1871: “La semaine sanglante”
Fu chiamata così, “la settimana di sangue”, per l’orribile massacro che subirono i comunardi in quei sette giorni. La battaglia fra l’esercito e i comunardi fu cruenta e Parigi fu incendiata. Il 23 maggio, alla Madeleine, 300 comunardi furono massacrati. Un giorno dopo, al Panthéon, in 700 subirono la stessa sorte. Intanto, nella prigione di Roquette, decine di ostaggi della “Commune” venivano uccisi proditoriamente. In rue Haxo, il 26/5, 50 combattenti confederati vennero fucilati. Il 27/5, nel cimitero di Père-Lachaise, 147 comunardi, combattenti e congiunti, vennero trucidati al muro di Charonne. In tutti i cimiteri parigini non c’era più posto per le sepolture. Gli storici della “Commune” hanno scritto che furono 20.000 i morti comunardi nella sola “semaine sanglante”. Nel 1920, durante i lavori per i tunnel del Métro a Parigi, si trovarono ancora mucchi di ossa di comunardi massacrati. Una macchia non ancora cancellata dalla Repubblica francese. ◘
di Antonio Rolle