DOSSIER
Alex Zanotelli, missionario comboniano e già direttore di "Nigrizia", ha dedicato la vita a promuovere le periferie del mondo che vivono un disagio crescente. Attualmente lavora a Napoli e si impegna nella lotta per difendere l’acqua come bene essenziale per la vita umana.
Stiamo assistendo a una crescente penuria di acqua in tutte le parti del mondo. Quali sono le cause?
«È chiaro che andiamo verso una penuria d’acqua che fa paura, la causa principale ovviamente è il surriscaldamento del pianeta. Stiamo perdendo la vita stessa poiché tutta la vita nasce dall’acqua. Aria e acqua sono gli elementi fondamentali della vita. Ho letto delle previsioni riguardo al nostro Paese: entro il 2040 la quantità d’acqua si dimezzerà. Purtroppo non affrontiamo adeguatamente la crisi ecologica, come ci ha chiesto papa Francesco. C’è più sensibilità sul problema, ma non si vedono passi in avanti nella risoluzione. La politica obbedisce ai grandi poteri economici e non alle necessità della gente».
Lei si è battuto per la ripubblicizzazione dell’acqua. Com’è stato possibile che un referendum popolare sia stato stravolto completamente? Quali poteri hanno agito?
«Ho combattuto e continuo a farlo, ci stiamo sforzando tantissimo anche a livello locale. La più grande città che ha rispettato il referendum del 2011 è Napoli. Una lotta che è stata portata avanti da tutti i comitati regionali, i movimenti, le associazioni; a livello nazionale c’è il Forum dei movimenti per l’acqua. Il referendum è l’unico strumento con cui il popolo può decidere direttamente su una determinata questione. Avevano votato 27 milioni di persone e ben 26 avevano deciso che l’acqua doveva uscire dal mercato e che su essa non si doveva fare profitto. Sono trascorsi dieci anni e noi faremo una manifestazione davanti al Parlamento, se ce lo permetteranno, poiché è gravissimo che dopo 8 governi e nonostante le pressioni, nessuno abbia avuto il coraggio di attuare la volontà popolare. La cosa più sorprendente è stata l’inerzia dei 5 Stelle che facevano della battaglia per l’acqua e i beni comuni la loro bandiera. Il presidente della Camera Fico aveva lottato con noi qui a Napoli e ci credeva veramente. Tempo addietro ci aveva convocati in Parlamento dicendo che avrebbe legato la sua presidenza della Camera al passaggio della legge per la ripubblicizzazione dell’acqua, ma non è stato fatto nulla».
È stato un tradimento totale?
«Certamente. Chi comanda oggi non è la politica, ma la finanza, questo è il cuore del problema. Siamo di fronte a una minaccia enorme per l’acqua. Sembra ormai chiaro che i fondi del Recovery Plan andranno alle Multiutility per gestire l’acqua del sud Italia. Quando è stato incaricato Draghi io ho subito affermato “Siamo nella bocca del drago della finanza”».
È possibile che le risorse idriche del mondo dipendano dai mercati finanziari internazionali?
«Non c’è alcun dubbio. È la finanza che domina, infatti siamo arrivati al punto di quotare l’acqua in Borsa; in California è diventata un prodotto finanziario denominato futures, uno dei più spregiudicati perché è una scommessa. Questo è di una gravità estrema. Quello che più mi disturba è notare che la Chiesa, in Italia e in Europa, sembra che non se ne occupi, nonostante il Papa abbia fatto un’affermazione forte parlando dell’acqua come diritto alla vita, una definizione che normalmente si usa per parlare di aborto o eutanasia. Toccare l’acqua equivale a toccare la madre di tutta la vita. Quando al tempo del referendum chiedevo agli studenti se avevano mai pensato di privatizzare le proprie madri si mettevano a ridere, ma il paragone era corretto».
Siamo di fronte a una depredazione stupefacente: due miliardi e 200 milioni di persone non hanno acqua sufficiente. Si tratta di ripensare l’acqua?
«Prima di tutto dobbiamo comprendere il perché di questa situazione. Di acqua potabile ne è rimasta molto poca, praticamente solo il 3 per cento. Tutto il resto non lo è. Ci vorrebbero molti investimenti per rendere potabile l’acqua degli oceani, per esempio. Su questa poca acqua potabile c’è una forte pressione da parte del nostro sistema economico, prevalentemente dell’agrobusiness, questa agricoltura industriale che assorbe oltre il 70 per cento dell’acqua potabile. Per fare un chilo di carne ci vogliono 15mila litri di acqua. Questo è il problema centrale. Dobbiamo capire che il nostro sistema economico non può reggere, perché sempre meno persone avranno acqua a disposizione. Se finisce il petrolio possiamo vivere, senza l’acqua no. Questi concetti non passano nelle catechesi o nelle omelie dei preti, è come qualcosa che non ci riguarda, che non c’entra con la religione».
L’entrata in Borsa dell’acqua come materia prima è l’ultimo atto dell’espropriazione di tutti i viventi. È la fine dei beni comuni e la privatizzazione generalizzata?
«Sì, lo ripeto, è gravissimo. Sono state messe le mani sulla vita. Stiamo andando su Marte per cercare risorse e segni di vita perché stiamo uccidendo la Terra. Rendere merce la vita è assurdo, il sistema globale sta mercificando tutto. Nelle sue encicliche papa Francesco ha profondamente denunciato questi pericoli, ma i suoi messaggi non stanno raggiungendo le persone. Invito i lettori de l’altrapagina a interessarsi alla situazione dell’acqua in Umbria perché ci sono molti problemi. In ogni regione ci sono molti comitati per l’acqua che si riuniscono nel Forum nazionale e stanno lavorando bene, ma è una battaglia continua e si può vincere, come è successo a Napoli. Lo scorso anno si stava per conseguire il risultato anche a Torino. Si è perso per pochi voti. È una delle lotte fondamentali in questo momento, guai a noi se perdiamo!» ◘
di Achille Rossi