P.N.R.R. dell’Umbria 2021/2026
A Il PNRR-Umbria 2021/ 2026 non riporta preliminarmente, come sarebbe stato necessario, dati analitici sullo stato dell’economia, della società, della cultura, dell’università, della ricerca, della scuola nella Regione alla vigilia del primo lockdown (marzo 2020); né dà notizie organiche sulla situazione economico-sociale della Regione nella primavera del 2021. La Premessa non informa sulla composizione sociale, sullo stato economico, sulle condizioni strutturali regionali; né esamina – per quanto concerne il profilo culturale – i caratteri, le contraddizioni, i limiti, i bisogni relativi alla formazione di base, agli studi medi e superiori, alle strutture universitarie, alla ricerca scientifica.
Il Documento risulta disancorato dalla realtà economica, sociale e culturale della Regione. Eppure il PNRR del Governo Draghi (“copiato - come scrive Marco Travaglio - per il 95 % da quello di Conte e per il 5% modificato in peggio”) fin dalla Premessa opera una ricognizione delle condizioni economiche, sociali, ambientali, strutturali del Paese; parte dalla presa di coscienza dell’impatto del Covid-19 sulla società italiana; richiama lo spessore della crisi economica e sociale che si è abbattuta sul Paese tra il 1999 e il 2019; ricorda che i più colpiti sono stati i giovani e le donne; tratteggia gli effetti del cambiamento climatico prodotto soprattutto negli ultimi anni; denuncia l’arretratezza tecnologica e digitale dell’intero territorio nazionale.
B. Nel Documento della Regione è assente il tema della “transizione ecologica”, che pure sta a cuore ad una moltitudine crescente di italiani e che è sempre più presente nei documenti dei movimenti ambientalisti. Al di là delle reiterate e roboanti proclamazioni sulla specificità “verde” dell’Umbria, ci si trova di fronte ad una montagna di paroloni e di formule vuote e spesso stantie che non hanno altro scopo se non quello di portare acqua (e danari) a quelle imprese e a quei gruppi di potere più interessati ai finanziamenti della green economy che non ad una transizione che punti a un riequilibrio di un ambiente devastato dalle attività umane.
Viene davvero da chiedersi quale sia il modello di agricoltura che sta alla base delle scelte del piano a firma Tesei. Soltanto quello 4.0? Non c’è piuttosto bisogno di creare meccanismi e pratiche che svincolino i contadini dagli schemi aziendali per ricostituire comunità capaci di non sottostare alle regole dell’agrobusiness? O si pensa che l’agricoltura in Umbria possa essere cosa ad esclusivo interesse di multinazionali come quelle del tabacco o come quelle della filiera del settore dolciario che con le coltivazione delle nocciole si apprestano ad invadere, con propri veleni, altre centinaia di ettari di terreno? Oppure con un’altra modifica che sostituisca la parola “ veleni”.
Certo è che il termine agricoltura mai si trova associato al termine “biologica” in alcuna parte del testo dello Smart farming (come del resto non si ritrova nemmeno nel PNRR Nazionale). Non indifferente invece il finanziamento previsto per la Serra idroponica (tecnica di coltivazione fuori suolo): ben 82 i milioni stimati. Gestiti da chi e a profitto di chi? Una sorta di cattedrale super-tecnologica nel deserto del tessuto agricolo regionale delle piccole e medie aziende, alle prese con i problemi del cambiamento climatico - in aggiunta alla pandemia - che colpiscono tutta l’agricoltura umbra.
Non c’è una parola sulla necessaria messa a punto di contributi e ricerca per far fronte a tali eventi climatici sempre più frequenti con il mix ben noto di allagamenti e siccità. Niente si dice sugli allevamenti intensivi, anche in collegamento con un cambio di modelli alimentari, di cui non si fa alcun cenno. Qualche proposta appena in merito ad interventi di forestazione urbana. Ma niente si propone per attuare una riforestazione anche in tante aree extra-urbane del territorio, in terreni dismessi o abbandonati per vari motivi dalla coltivazione agricola. O c’è ancora qualcuno che spera che Mario Draghi, al riparo nel suo buen retiro nei boschi di Città della Pieve, circondato da querce e da uliveti, avrà modo di meditare e di valutare meglio quanto elaborato nel PNRR proposto dalla Regione Umbria governata dalla leghista Donatella Tesei?
C. Soffermiamoci sulla Missione 4 (quella culturale) fissata a livello nazionale e rielaborata a Perugia sul piano regionale. Alla cultura, all’istruzione e alla ricerca il Piano Nazionale dedica la Parte I e la Parte IV. Nella Missione 1 prevede il rilancio del turismo e della cultura attraverso la transizione digitale; nella Missione 4 mira a «colmare le carenze strutturali, quantitative e qualitative dei servizi di istruzione». Il Piano della Regione Umbria riconosce le difficoltà economiche dalle quali si parte (-13,3 la perdita di punti PIL in 10 anni); ricorda il decremento demografico (dal 2010 al 2020: – 1,67%); accenna alle contraddizioni dello scenario regionale e alla necessità di potenziare la fiducia degli umbri dopo gli effetti negativi della pandemia da Covid 19. Il Piano si prefigge il «potenziamento della qualità del sistema formativo» e promette investimenti «su capitale umano e conoscenza» e, soprattutto, sui giovani, «risorsa chiave per invigorire il tessuto imprenditoriale». In particolare, oltre a dedicare attenzione alla ripresa del turismo culturale, il Piano ipotizza il Distretto del Contemporaneo e delle Arti con epicentro a Città di Castello e prevede uno specifico intervento per la costituzione del Polo scientifico regionale (Chimica, Biologia, Biotecnologia, Scienze farmaceutiche, Fisica, Geologia). Il Piano prevede anche un grande impegno «per ammodernare le scuole»! Ma le proposte risultano generiche, non riflettono una visione precisa della realtà regionale, non indicano modalità, tempi e percorsi chiari e coerenti. Le indicazioni relative alla costituzione del Centro Umbro di Ricerca e Innovazione (CURI) sono approssimative. Apprezzabile l’intento di «rafforzare e potenziare le strutture scolastiche ed educative», ma il documento non indica concretamente né strumenti, né tempi, né risultati attesi.
D. L’argomento degli investimenti, che richiede una analisi non solo qualitativa, ma corredata di dati tecnici, è trattato nell’articolo Una sconfitta a tavolino, dal quale emerge una intollerabile disparità di trattamento riservato all’Altotevere, anche per effetto di una mancanza di proposte da parte delle istituzioni locali. È sperabile che le prossime elezioni costituiscano l’occasione per il risveglio e il riscatto, aprendo una vertenza nei confronti della Regione Umbria per un dovuto risarcimento.
Quousque tandem abutere, Regio Umbra, patientia nostra?
UNA SCONFITTA A TAVOLINO
Il PNRR è talmente decisivo per il futuro dell’Italia – e per l’Europa – che sarebbe fuori luogo contestare quelli pianificati, dando per scontato che non comprenda interventi nocivi o inutili. Non è nemmeno il caso di segnalarne carenze, perché ognuno vorrebbe aggiungere o sostituire qualcosa: è il momento delle scelte, a chiusura di anni di passività. Il problema, da oggi, è fare, bene e rapidamente: un miracolo, se si guarda alle vicende degli ultimi decenni.
MISSIONE 3: INFRASTRUTTURE PER UNA MOBILITÀ SOSTENIBILE
Abbiamo analizzato il tema dei collegamenti ferroviari, per renderci conto dell’esclusione della ferrovia Arezzo – Sansepolcro, di cui siamo stati fra i pochissimi fattivi sostenitori.
Nella tabella 1 il raffronto fra i casi relativi a quattro aree dimostra l’inaccettabile sperequazione dell’Altotevere rispetto alle dotazioni ferroviarie.
Si può constatare che i collegamenti verso il Nord passano da 3 a 4 binari a Bari, da 4 a 5 binari a Terni, mentre rimane un binario unico da Perugia. L’Altotevere resta a bocca asciutta, semplicemente perché nessuno dal territorio ha proposto alcunché.
LA GENERALE EMARGINAZIONE DELL’ALTOTEVERE
Nell’analisi del tema particolare delle ferrovie, è stato facile rendersi conto come l’Altotevere fosse trascurato in tutte le Missioni rispetto agli altri ambiti dell’Umbria. Abbiamo cercato di quantificare l’anomalia.
Una prima, grossolana, indicazione può essere dedotta dal calcolo dell’indice che esprime il rapporto fra il numero di citazioni, nel Piano, dei sette Comuni rispetto agli altri della regione.
Particolarmente significativo è il raffronto con l’area di Terni, dal quale risulta che un cittadino della nostra vallata è stato preso in considerazione un terzo di volte rispetto a un ternano (Tabelle 2 a e 2 b).
Questa sproporzione è più che confermata dal numero e dal valore degli interventi più significativi, riportati in tabella 3, che per chiarezza sono corredati degli importi, quando esplicitati, e delle pagine in cui sono pubblicati.
La responsabilità della sperequazione ricade esclusivamente sui rappresentanti nelle istituzioni periferiche: i Comuni, per la loro assenza, e la Regione Umbria, per aver formulato le disuguaglianze fra i vari ambiti.
A Roma non hanno escluso nulla dalla bozza avanzata dalla Regione; anzi, per disperazione hanno inserito la E78, sebbene non rientri nelle opere di sostenibilità ambientale, in modo da sopperire a decenni di inconcludenze.
CONCLUSIONI
Siamo ancora convinti che la ricostruzione della linea ferroviaria verso Arezzo rappresenti l’obiettivo strategico prioritario, rispetto al quale nessuno ha prospettato alternative.
Il progetto avrebbe dovuto essere proposto comunque, anche nel dubbio - o certezza - che sarebbe stato scartato, quantomeno per tenerlo in frigorifero, evitandone l’affossamento definitivo.
Perdere una battaglia può essere onorevole; perderla a tavolino, senza essersi presentati in campo, è inaccettabile.
Anche noi abbiamo perso. Ci consoliamo nella convinzione di aver fatto il nostro dovere, al costo di essere percepiti come degli irrealista. Ma ci rammarichiamo per le future generazioni, che vivranno in una valle menomata rispetto agli altri territori e diversa da come avrebbe potuto e dovuto essere.
Servizio a cura di Mario Tosti Matteo Martelli Maurizio Fratta